2025-05-19
Voler mandare i ragazzi a far la guerra è cialtroneria
Qualche tempo fa ho visitato il paese in cui sono nato, ma in cui non sono cresciuto perché quando avevo due anni i miei genitori si trasferirono. Si tratta di Castenedolo, un centro di oltre 11.000 abitanti che, essendo a una decina di chilometri da Brescia, con il tempo è diventato quasi un quartiere del capoluogo. Tra le altre cose, ho visitato il cimitero e a colpirmi sono state le lapidi dei caduti della prima e della seconda guerra mondiale, collocate a fianco della cappella cimiteriale. A sinistra della chiesetta ho contato 79 nomi, a destra, nell’ala riservata ai caduti tra il 1940 e il 1945, 80. Per curiosità personale sono andato a verificare quanti abitanti avesse Castenedolo nel 1915 e quanti fossero trent’anni dopo. Secondo Wikipedia, 110 anni fa i residenti erano circa 4.800, poco meno di 6.000 prima della caduta del fascismo. Vi state chiedendo perché vi racconti tutto ciò, per di più a proposito di un paese che neppure conoscete? Ve lo spiego subito. Ho provato a calcolare la percentuale delle vittime patite da Castenedolo nella prima e seconda guerra mondiale: circa 1,5 per cento della popolazione per ogni conflitto. Quasi 160 morti in un piccolo paese sono tantissimi. Significa che pochi nuclei familiari non sono stati costretti a piangere un soldato. Del resto, tra i nomi scolpiti nelle lapidi ho trovato quello del fratello di mia madre, del fratello di mio zio, disperso in Russia, ma anche il nome un lontano cugino di mio padre ucciso durante la Liberazione e quello di un parente di mia nonna. Alpini, artiglieri, fanti, ausiliari, partigiani. Giovani morti a poco più di 20 anni. Tra le due guerre.Così mi sono scoperto a riflettere su che cosa significhi partire per il fronte e, soprattutto, sul fatto che alcuni governanti oggi parlino di inviare truppe e ingaggiare un conflitto con la Russia con facilità e cinismo. Quanta cialtroneria da parte dei vari Macron. Gli Stati Uniti, che pure sono un Paese che si è impegnato in vari conflitti e possono contare su un esercito di professionisti, negli anni Settanta furono costretti a fuggire dal Vietnam dopo 58.000 morti. L’opinione pubblica non era in grado di sopportare quelle bare che tornavano a casa avvolte nella bandiera a stelle e strisce. A distanza di mezzo secolo dalla fine del conflitto, la guerra in Vietnam resta per l’America una ferita aperta, perché, oltre ai morti, il Paese ha dovuto farsi carico di 153.000 feriti. Invalidi di guerra che spesso hanno faticato a reinserirsi nella vita quotidiana e i sopravvissuti ancora oggi richiedono aiuto e assistenza. Ecco, questa è la guerra che con tanta faciloneria Macron e compagni evocano, dicendosi pronti a inviare le truppe in Ucraina. La stupidità e la miopia con cui la classe politica europea parla di missioni militari non è solo sorprendente: è imbarazzante. Nessuna democrazia oggi è in grado di accettare le vittime che stanno subendo ucraini e russi. Solo una dittatura o un Paese che la democrazia compiuta non l’ha conosciuta possono accettare un simile tributo di sangue. Di certo, non lo sopporterebbero gli italiani, ma credo neppure i francesi o gli inglesi. In 75 anni di missioni di pace del nostro Paese hanno perso la vita 176 militari e tra le stragi più gravi si ricorda quella di Nassirya, dove morirono 19 italiani, tra soldati e carabinieri. Centosettantasei morti sono tanti e infatti ancora oggi pesano sulla nostra coscienza, ma soprattutto su quella dei loro famigliari, che protestano contro quelle che vengono chiamate missioni di peace keeping e in realtà sono interventi militari in zone ad altissimo rischio. Pensate però se le missioni fossero dichiaratamente di guerra. Quanti morti conteremmo ogni giorno? Russia e Ucraina nascondono il numero delle vittime. Noi, che siamo in una democrazia, non potremmo farlo. È per questo che penso che Giorgia Meloni faccia bene a spegnere i bollori dei «volenterosi». Se poi i Renzi e i Conte, per calcolo elettorale e per cinismo politico fingono di non capire, pazienza. Gli italiani se ne faranno una ragione.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)
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