2022-10-17
Vittima del razzismo? No, era solo stanca. E Enrico Letta sbaglia pure il nome sul tweet.
Si sgonfia subito il caso della pallavolista. Giusto il tempo per montare una polemica, ovviamente contro Giorgia Meloni.Dai, andrà meglio la prossima volta. Ora che la destra ha vinto le elezioni, e ammesso che riesca davvero a formare un governo, di sicuro non mancheranno le occasioni per gridare al razzismo. Non temete: al primo, pur evanescente, sentore di discriminazione, tutti i media si scateneranno all’unisono, si tornerà a incolpare il sovranismo al potere, si discuterà immancabilmente del ritorno del fascismo, sarà come nel 2018: soltanto un po’ peggio. Questa volta, però, è andata male. Anzi malissimo. Chissà, forse era troppo presto. O forse, semplicemente, non tutti sono disposti come in passato a bersi ogni ricostruzione parziale e superficiale. Fatto sta che il caso di razzismo aperto d’ufficio da giornali e politici riguardo alla pallavolista Paola Egonu non sta in piedi nemmeno un po’. È crollato nel giro di poche ore, non senza conseguenze. I fatti sono noti. La nazionale italiana di pallavolo si è presentata ai mondiali nei Paesi Bassi puntando alla medaglia d’oro. Purtroppo ha subito una brutta sconfitta contro il Brasile, e il sogno del primo posto è sfumato. Una vittoria contro gli Stati Uniti ha garantito il bronzo ma ha lasciato l’amaro in bocca. Alla fine dell’incontro, la Egonu si è lanciata verso il suo procuratore, Marco Raguzzoni, e qualche telecamera ha ripreso il suo sfogone: «Non puoi capire, sono stanca. Mi hanno chiesto anche se fossi italiana. Questa è la mia ultima partita in nazionale». Tanto è bastato: in un lampo, social e siti Web si sono riempiti di titoli prodotti con la solita macchinetta, il Generatore di sdegno antirazzista. I politici, non avendo di meglio da fare, si sono precipitati a esternare. «Si chiama razzismo, si chiamano razzisti e fanno tanto male», ha dichiarato Elena Bonetti, ministro uscente per le Pari opportunità. Giuseppe Conte si è mostrato indignato per gli «attacchi beceri», Laura Boldrini ha dato il meglio di sé: «Vergognose offese a Paola Egonu», ha twittato. «Una campionessa del volley che ha lanciato un messaggio forte al mondo dello sport: basta razzismo! La mia solidarietà e vicinanza a Paola, grande pallavolista e orgoglio italiano». Ieri mattina, i titoli dei giornali grondavano disperazione: «Egonu lascia l’Italvolley. “Stanca del razzismo”», tuonava Repubblica in prima pagina. E all’interno: «Paola si ferma dopo gli insulti razzisti». La Stampa ha parlato di «un talento ferito dai pregiudizi».Insomma, grande dispiego di energie e di elevata sensibilità. Peccato che la storia del razzismo, semplicemente, non esista. Già a poche ore di distanza dall’uscita del suo sfogo video, Paola Egonu l’aveva fortemente ridimensionata. Esattamente come ha fatto il suo manager Raguzzoni: «Nell’audio forse non si sente», ha detto alla Gazzetta dello Sport, «ma nel nostro dialogo lei dice anche che è stanca di essere pesantemente criticata ogni volta che sbaglia una partita come se avesse ammazzato qualcuno». Per farla breve, par di capire che la pallavolista fosse stanca e stressata dopo la gara, appesantita dal risultato meno favorevole del previsto e dalle critiche ricevute per le prestazioni sotto tono. A quanto risulta, per altro, che nello spogliatoio azzurro ci fossero tensioni era noto da tempo. Ne scrisse sempre la Gazzetta giorni fa, come ha ricordato ieri Francesca Totolo, titolando addirittura su un possibile addio della Egonu alla nazionale.Un addio che, in ogni caso, la pallavolista si è in larga parte rimangiata. «Paola Egonu smentisce l’addio alla Nazionale», ha scritto Sky Tg24 ancora nella serata di sabato, riportando alcune eloquenti affermazioni dell’atleta: «Ogni volta vengo presa di mira, fa male essere attaccata perché io ci metto sempre il cuore e non manco mai di rispetto. Io punto di riferimento della Nazionale? Lo spero». Niente di strabiliante: la pallavolista è brava, ed è giovane (23 anni). È molto esposta, e la cosa sembra non dispiacerle ma a volte si può rivelare troppo onerosa. È così che esplodono le crisi e nascono le sfuriate. Poi, quando la pressione scende, ci si riflette sopra, e il dramma rientra.Chiusa la questione sportiva e d’immagine, resta però quella politica, la più rognosa. Se la vicenda umana della Egonu dimostra qualcosa a livello politico e sociale, è che in Italia il razzismo non c’è. La ragazza è nata da genitori nigeriani, ed è evidentemente nera. Sembra pure che faccia parte del variegato mondo Lgbtq, in quanto accoppiata con una collega di palestra. Tutto questo non le impedisce - per fortuna - d’essere celebrata come una fuoriclasse, di vestire la maglia della nazionale e di finire regolarmente in copertina, spesso per raccontare i suoi affari privati. Tutti stanno dalla sua parte, il comitato olimpico l’ha scelta come portabandiera a Tokyo 2020. Quindi il razzismo dove sta? Sì, forse in qualche odiatore da social che fa commenti idioti, o in qualche tifoso particolarmente becero. Ma non si può dire - e di sicuro non a partire dal caso Egonu - che qui da noi esista un razzismo sistemico come quello di cui si discute negli Stati Uniti (in dibattiti che i furboni di casa nostra importano senza rendersi conto della differenza di luogo e cultura).Riepilogando: il successo della Egonu chiarisce che non esistono impedimenti sostanziali per le minoranze, qui in Italia. In aggiunta, le dichiarazioni dell’atleta e del suo staff certificano che il pianto ai mondiali non c’entra con il razzismo, e che probabilmente Paola tornerà in nazionale. Eppure la stampa e i politici si sono scatenati, e così il Commentatore unico progressista da social, la cui posizione è stata perfettamente riassunta da un tweet della sempre formidabile Rula Jebreal: «Dopo che il governo di estrema destra ha scelto come presidente della Camera un razzista (che ha sostenuto i neo nazisti)», ha scritto la geniale Rula, «l’eroina dello sport italiano Paola Egonu ha abbandonato la nazionale, spiegando fra le lacrime la sua decisione, prodotta dal razzismo: le chiedono regolarmente se sia una “vera italiana”». Solo Enrico Letta è riuscito a far meglio. Ieri pomeriggio, quando i contorni della vicenda erano ormai chiariti, il segretario in disgrazia del Pd, in clamoroso ritardo, ha condiviso sui social una vignetta di Mauro Biani sulla pallavolista e ha scritto: «Paola Enogu azzurra». Lo ha scritto proprio così, sbagliando il cognome della campionessa. È il perfetto ritratto dei progressisti italiani: mentono, mistificano, prescindono volontariamente dalla realtà. Se ne fregano dei problemi veri, compresi quelli delle minoranze che fingono di difendere. Arrivano al punto di incolpare un governo che non c’è per un episodio di razzismo mai avvenuto. Tutto al solo scopo di alimentare l’odio feroce che da sempre riversano su chi la pensa diversamente da loro. Ecco, questo è l’unico razzismo sistemico esistente in Italia: quello dei presunti migliori contro tutti gli altri.
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