
In un'intervista-lenzuolo sul Corriere, il governatore assolve Bankitalia da qualsiasi responsabilità su Pop Bari. Così facendo, però, ammette che 10 anni di controlli «continui» sono stati inutili. E poi, silenzio sul dossier Tercas e accuse fuori tempo all'Ue.Dopo esserci digeriti ben 560 righe abbiamo capito che al governatore Ignazio Visco dobbiamo essere grati. Già, perché se non ci fosse stato lui a guidare con mano ferma e autorevole la Banca d'Italia chissà che cosa sarebbe successo ai nostri risparmi. Per lo meno questo è ciò che si deduce leggendo la lunga intervista concessa a Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, dal numero uno di Palazzo Koch. Dopo l'ennesimo crac bancario e i conseguenti dubbi su chi avrebbe dovuto impedirlo, Visco ha spalmato su ben due pagine del quotidiano di via Solferino la sua difesa, che, nonostante le 560 righe, può essere riassunta in una sola frase: non ho nulla da rimproverarmi. Infatti, nel colloquio il governatore si autoassolve da tutto: secondo lui non c'è stata nessuna colpa della Vigilanza, né alcun favoritismo, figurarsi dunque se all'istituto di controllo si possono attribuire errori di valutazione o ritardi nelle denunce. Nonostante la Popolare di Bari sia fallita, nonostante i suoi vertici siano finiti indagati con varie accuse e nonostante la banca pugliese sia stata autorizzata proprio da Banca d'Italia a salvare Tercas, un salvataggio che l'ha condannata al fallimento, i vertici di via Nazionale sono candidi come gigli, efficienti e silenziosi come un motore della Tesla, autorevoli per definizione, tanto che la loro credibilità può essere considerata un dogma assoluto, più assoluto dell'infallibilità papale.Peccato che l'intervista-lenzuolo del governatore non spieghi alcuni passaggi decisivi nel crac della Popolare di Bari. Alla domanda se l'intervento nella Tercas sia stato una merce di scambio per superare i rilievi che la Banca d'Italia aveva mosso nei confronti dell'istituto poi fallito, il governatore infatti non risponde. O meglio: dice che le banche sono imprese private e dunque godono di autonomia. Ma va? E allora perché a Palazzo Koch esiste la Vigilanza, ovvero una direzione dell'istituto di controllo che ha il compito di verificare i conti e le procedure di ogni singola banca? A che servono le decine di ispettori agli ordini del governatore se poi non ispezionano un bel niente? E dire che la Vigilanza ha non solo la possibilità di spulciare ogni pratica di un istituto di credito, ma anche di sanzionare il consiglio di amministrazione e, se serve, perfino di segnalare i fatti all'autorità giudiziaria, ma, nell'intervista autoassolutoria Visco non fa cenno a nulla di tutto ciò, e anzi svicola, quasi che il salvataggio di Tercas sia avvenuto a sua insaputa e non con la benedizione di Bankitalia.Nel dichiararsi incolpevole di qualsiasi errore, Visco dà la colpa alle norme europee che impedirono negli anni scorsi l'intervento su Tercas, direttive che poi la Corte europea ha ritenuto improprie. Dunque ne consegue che se la banca abruzzese si poteva salvare ed è intervenuta la Popolare di Bari che poi ne ha subito le conseguenze è colpa della Ue, non certo del governatore. Peccato che ai tempi in cui in Europa si fissava il divieto agli aiuti di Stato per far fronte alle crisi bancarie, non risulta che i tecnici di via Nazionale si siano messi di traverso, dichiarandosi contrari o invitando il governo a porre il veto. All'epoca da Palazzo Koch non uscì neppure un lamento.A babbo morto, cioè a Popolare compromessa, si scopre che Visco era pure contrario alla nomina di Vincenzo De Bustis ad amministratore delegato della banca pugliese. Anche in questo caso, come per la direttiva Ue, Banca d'Italia si guardò bene dal dire no ufficialmente, limitandosi a quella che lo stesso governatore definisce un'opera di moral suasion. Sarà, ma la sua forza di persuasione non deve essere stata molto convincente se alla fine a Bari se ne sono infischiati, nominando comunque l'ex direttore uscito tre anni prima.Ma la parte più interessante dell'intervista è quando il direttore del Corriere chiede perché il commissariamento della Popolare sia arrivato solo nel dicembre del 2019, cioè a buoi scappati, benché l'istituto fosse sottoposto a ispezioni dal 2010. La risposta è magnifica: «Tutte le banche sono vigilate continuamente». Che la dichiarazione rappresenti l'inutilità della Vigilanza non sfiora minimamente il governatore, il quale si addentra nei meandri delle regole bancarie per spiegare che il commissariamento è un intervento di vigilanza forte, senza però minimamente rendersi conto che in tal modo certifica di aver compiuto fino a ieri interventi di vigilanza debole, ma soprattutto senza accorgersi che in questo modo dice che destituire gli organi amministrativi è possibile anche se le banche sono private, ma a Bari non si fece. Nelle 560 righe di assoluzione il governatore soprattutto non spiega perché, poche ore prima che via Nazionale decidesse il commissariamento della Popolare, l'ex presidente abbia svuotato i suoi conti, trasferendo altrove alcuni milioni. Se la Banca d'Italia non ha nulla da rimproverarsi, chi ha avvertito l'amministratore prima della destituzione del Consiglio? Visco meriterà anche il paradiso, come lascia capire nella sua intervista, ma a che santo in Paradiso si è votato il padre padrone della Popolare per poter svuotare il conto corrente prima che glielo svuotassero i commissari? In almeno una delle 560 righe il governatore ce lo avrebbe potuto spiegare.
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
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Ansa
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- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
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13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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