2024-11-28
Donne parlano di aborto? Si possono zittire
Tre momenti dell'irruzione all'Università Statale di Milano
I maranza che sfasciano tutto vanno capiti: è colpa dei fascisti al governo che non li integrano. Invece i cattolici in Statale a Milano, critici su gender e interruzione di gravidanza, si devono silenziare con insulti, bestemmie e spintoni. Con la benedizione della Schlein.Nei commenti e nelle dotte analisi regalateci dai media e dalla politica riguardo alla sommossa avvenuta a Milano nel quartiere Corvetto (la rivolta dei maranza, per intendersi) ritroviamo ritornelli tristi e, purtroppo, attesissimi. Sentiamo, da sinistra, le stesse acrobazie retoriche di sempre: colpa della nostra nazione che non sa accogliere i migranti, colpa della mancata integrazione, colpa della destra che non vuole concedere la cittadinanza ai «nuovi italiani» e via frignando alla grandissima.Tutto viene ricondotto a quella che, per il pensiero progressista, è la causa prima di ogni male, ovvero il fascismo. Del resto, che si tratti di scontri nelle periferie, della vittoria di Donald Trump o del tentativo del governo di gestire uno sciopero generale, il fascismo torna sempre fuori, non c’è occasione in cui da sinistra non giunga un accorato allarme per le sorti della democrazia ormai moribonda. Al solito, tuttavia, della libertà di espressione si corre in soccorso soltanto quando essa non è realmente minacciata o quando, a subire qualche forma di restrizione, sono gli amici, gli amici degli amici o i presunti sodali.Ecco allora che, nelle parole della sinistra più o meno radicale, la sommossa di Corvetto viene trasformata in una sorta di inevitabile manifestazione del malessere delle periferie che va ascoltato e compreso e comunque addebitato ai perfidi reazionari. In compenso, altre manifestazioni - ben più legittime e di sicuro pacifiche - non solo non meritano ascolto, ma addirittura vanno censurate e oscurate.Martedì, nella sede dell’Università Statale di via Celoria a Milano, era stato organizzato un convegno intitolato «Accogliere la vita - Storia di libere scelte», organizzato da una lista studentesca di area Comunione e liberazione, Obiettivo studenti. Era previsto che intervenissero tre ospiti, tre donne. Soemia Sibillo, direttrice del Centro di aiuto alla vita della clinica milanese Mangiagalli; Chiara Locatelli, neonatologa presso il Policlinico Sant’Orsola di Bologna, specializzata in cure palliative perinatali; Costanza Raimondi, assegnista di ricerca in bioetica alla Università Cattolica del Sacro Cuore. A queste tre autorevoli relatrici non è stato concesso di aprire bocca. Le hanno minacciate, insultate e, infine, zittite. Eppure non risulta che sia esploso uno scandalo nazionale. Per una settimana si è discusso in ogni dove di diritti e libertà delle donne, si è ripetuto che le voci femminili vanno sempre ascoltate. Nonostante ciò, tre donne sono state maltrattate e ridotte al silenzio con sfavillante disinvoltura senza che si levasse mezza protesta, senza che i media si avventassero sul caso.Perché le signore in questione sono state trattate in questo modo? Perché hanno osato parlare di aborto. Non, badate bene, per sostenere che vada impedito per legge o per insultare quante sono intenzionate a interrompere la gravidanza. No: le tre relatrici avrebbero dovuto fornire una importante testimonianza, valorizzando l’importanza della scelta consapevole e, dunque, libera. Ma guardate che cosa è successo: gruppi di militanti di associazioni universitarie di sinistra come Studenti indipendenti, Udu, Rebelot e simili hanno fatto irruzione nell’aula in cui doveva tenersi l’incontro. Tra questi c’erano anche membri di Cambiare rotta, il gruppo che ieri - forse per alimentare la «rivolta sociale» cara a Maurizio Landini - ha occupato il tetto di Lettere alla Sapienza esibendo cartelli con l’immagine del ministro Annamaria Bernini con fattezze asinine. A Milano i contestatori tra cori, insulti, bestemmie, spintoni, non si sono fatti mancare nulla. Hanno lanciato acqua contro gli organizzatori dell’evento, hanno staccato la luce e i microfoni. Il tutto mentre centinaia di altri studenti restavano seduti, pacifici, nella speranza che la baraonda finisse e il dibattito potesse finalmente iniziare. Beh, non è mai cominciato.Che potesse finire in questo modo, per altro, era abbastanza annunciato. Non appena l’incontro è stato pubblicizzato, i movimenti sinistrorsi hanno preso a minacciare, promettendo che non avrebbero lasciato spazio a idee differenti dalle loro. Martedì l’obiettivo è stato esplicitato ulteriormente: «Fuori i cattolici antiabortisti dall’università», era il grido di battaglia. Come vedete, non è che ci fosse troppo da interrogarsi sulle misteriose ragioni del bailamme: era tutto scritto, dichiarato e rivendicato. Non c’era alcuna volontà di confronto, nessun legittimo dissenso, solo volontà di censurare e di farlo utilizzando le maniere forti. E non è nemmeno la prima volta che accade: di recente e per l’ennesima volta la sede di Pro vita è stata assaltata, ovviamente senza che giungessero chissà quali attestazioni di solidarietà o chissà quali allarmi per i destini della democrazia.Adesso tocca ai Centri di aiuto alla vita e agli studenti ciellini, domani a chissà chi altro. E nessuno si straccerà le vesti. Anzi, si ribalta tutto in un amen. Ieri, a poche ore dal fatto della Statale, Elly Schlein comiziava allegra spiegando che «sull’Università e la ricerca siamo davanti a quello che è un vero e proprio attacco deliberato: hanno paura della libertà e della diversità e l’università è il luogo dove farli vivere», perché «non c'è nulla che terrorizzi di più questa destra del pensiero libero. Hanno paura della libertà e della diversità e l'università è il luogo del confronto e della libertà». Il maranza che dà fuoco alle auto va ascoltato con pazienza e consolato; il bigotto che vuole fare nascere i bambini, invece, merita la mordacchia. È lo spirito del tempo. Di un tempo orrendo.
13 ottobre 2025: il summit per la pace di Sharm El-Sheikh (Getty Images)
iStock
In un mondo che ancora fatica a dare piena cittadinanza alla voce femminile, questa rivista è un atto di presenza, che ho fortemente voluto, con l’intenzione di restituire visibilità e valore alle donne che ogni giorno, in silenzio o sotto i riflettori, trasformano il mondo in cui vivono.
Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
Per scaricare il numero di «Valore Donna» basta cliccare sul link qui sotto.
Valore Donna-Ottobre 2025.pdf
Continua a leggereRiduci