2023-05-18
Vino, pronta la denuncia contro Ue e Irlanda
I produttori sulle barricate per le etichette allarmistiche volute da Dublino, col tacito accordo della Commissione. Intanto, Roma sfida Bruxelles sul Nutriscore, bacchettando «Report» che lo difende. E lancia una legge in quattro punti a tutela del made in Italy.È una serissima questione di etichetta e c’entra anche il galateo istituzionale e dell’informazione. Il made in Italy esce dal limbo dell’enunciazione e si fa progetto economico con una sfida lanciata all’Europa sul riconoscimento dei prodotti tipici dell’artigianato e il no al Nutriscore, che il governo Meloni vuole sostituire con il Nutrinform il sistema d’informazione ai consumatori ideato dall’Italia. Nel disegno di legge «per la valorizzazione, promozione e tutela del made in Italy» che La Verità è in grado di anticipare un elemento essenziale è la protezione dei marchi, l’identificazione dei prodotti e dell’origine, la lotta alla contraffazione. Nel disegno di legge che il ministro Adolfo Urso ha stilato di concerto col presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, coinvolgendo mezzo governo (dall’Economia di Giancarlo Giorgetti alla Sovranità alimentare di Francesco Lollobrigida, dal Turismo di Daniela Santanché fino all’Istruzione e merito di Giuseppe Valditara) ci sono quattro punti cardinali: il liceo del made in Italy che parte dal 2024 con un’innovazione assoluta costituita dal «Programma di risparmio e investimento per l’istruzione e la formazione avanzata», in pratica un conto fino a 100.000 euro destinato ad accompagnare nella scuola e poi anche nell’avviamento professionale i giovani fino a 30 anni che vogliono impegnarsi nel made in Italy; la strutturazione delle filiere (dall’oreficeria al tessile promuovendo le fibre naturali, dalla nautica alla ceramica); la definizione degli itinerari dell’eccellenza e il lancio della Fondazione del made in Italy e poi la questione delle etichette. Che è la più immediata, perché la Commissione europea ha una gran fretta di varare il Nutriscore e di appiccicare sulle bottiglie di vino, sui salumi e i formaggi le cosiddette healthy warning, quelle che equiparano il Chianti Classico o la mortadella ai pacchetti di sigarette. Nonostante il Regulatory scrutiny board (i controllori delle leggi europee) abbia bocciato il quadro normativo per i sistemi alimentari sostenibili su cui spingono tanto Ursula von der Leyen e Frans Timmermans, la Commissione è decisa a varare entro settembre l’etichetta a semaforo e a completare il Farm to fork. E proprio da lì si parte nella difesa del made in Italy. Tutte le organizzazioni vitivinicole italiane sono pronte a denunciare l’Irlanda e la Commissione europea per violazione del mercato interno per le etichette allarmistiche che l’Irlanda con il tacito via libera di Ursula von der Leyen vuole mettere sulle bottiglie nonostante che in sede di Wto (è l’organismo che sorveglia il commercio mondiale) ben 8 Paesi, tra questi gli Usa, nostro primo cliente, si siano schierati contro l’Europa e contro gli irlandesi. La faccenda impatta sulla crisi che il vino sta vivendo. In Francia si stanno spiantando le vigne e si va alla distillazione delle eccedenze; in Italia è stoccata nelle cantine una vendemmia e mezzo e si pensa alla distillazione obbligatoria per far posto alla nuova produzione, ma soprattutto ci sono la diminuzione dei consumi (l’export cala del 4%, la domanda interna di dieci punti) e l’aumento dei costi (l’Unione italiana vini denuncia un balzo del 70% del prezzo delle bottiglie), che preoccupa molto i produttori a fronte di un’offensiva contro il vino. Un contraccolpo ancora più duro può venire se sarà adottato il Nutriscore, che slava le patatine fritte e boccia l’extravergine di oliva, che promuove le bibite gassate e penalizza prosciutto e Parmigiano Reggiano. L’Ue vuole adottarla entro settembre, il governo vuole bloccarlo. Il braccio di ferro tra Roma e Bruxelles è potente e a proposito Palazzo Chigi ha giudicato che «nella puntata del 15 maggio 2023, la trasmissione Report ha fornito una visione dei sistemi di etichettatura alimentari parziale e non condivisibile». Sigrifido Ranucci - in linea con Walter Ricciardi, il fu consulente del fu ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha accusato l’Italia di fare lobby - su Rai 3 ha difeso il Nutriscore e il governo gli ricorda: «Il sistema di etichettatura che l’Italia intende promuovere, in linea con i precedenti governi della nostra nazione, si propone come alternativo rispetto a sistemi, come il Nutriscore, che mirano a orientare le scelte del consumatore tramite semafori, gradazioni di colore e punteggi. Tali sistemi si fondano su algoritmi non sufficientemente trasparenti, facilmente influenzabili per interessi economici e comunque basati su parametri valutativi limitati e spesso inappropriati». Per questo nel disegno di legge sul made in Italy si pone come obbiettivo normativo la promozione del sistema di etichettatura, cosiddetto a batteria o Nutrinform, proposto dall’Italia contro il Nutriscore. E si fa un passo ulteriore: si estende l’etichettatura di origine anche ai prodotti dell’artigianato e dell’industria (peraltro in Europa sta avanzando il regolamento sulle indicazioni geografiche non alimentari) si istituisce la certificazione - su base volontaria - dei ristoranti italiani di qualità all’estero. Infine s’investe molto sulla lotta alla contraffazione prendendo otto che la protezione europea non è sufficiente. Una sorta di sfida all’Europa in punta di etichetta per far valere la specificità, la qualità e l’unicità del made in Italy.
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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