
Il portale Lifesitenews pubblica una parte di intervista al prelato omessa dal Washington Post. L'ex nunzio in America chiama in causa Edgar Peña Parra, voluto in Vaticano da Bergoglio. E invita anche a indagare sul caso dei chierichetti del Papa.Il Washington post aveva deciso di non pubblicare una parte delle risposte che l'ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò ha fornito per l'intervista esclusiva pubblicata negli Stati Uniti lo scorso 10 giugno. La scelta di ometterle probabilmente era venuta per aver tempo di approfondire l'inchiesta, ma ieri il portale web Lifesitenews ha reso note le parole mancanti. E sono parole pesanti.Con malcelata sobrietà Louis Badilla, direttore del blog paravaticano Il Sismografo, le definisce «farneticazioni» di un «fuori di testa» che si presta a far «bandiera di settori politici che vivono solo per devastare in qualunque modo e con ogni mezzo il pontificato di Francesco». Al di là della levità del giudizio del blog semiufficioso, si rispetta l'interpretazione circa la macchinazione politico-mediatica delle destre unite contro il pontificato attuale.Resta però il fatto che le parole di Viganò dovrebbero essere confutate: senza silenzi, né rimandi a presunte congiure tutte da dimostrare. Perché le circostanze riferite sollevano domande che per il bene della chiesa meriterebbero risposta; tra l'altro molte questioni sollevate da Viganò nel memoriale pubblicato sulla Verità nell'agosto 2018 hanno mostrato di avere un certo fondamento di verità.Nella risposta non pubblicata dal Post e diffusa ieri sul Web, l'ex nunzio pone all'attenzione «due casi recenti e veramente orribili riguardanti le accuse di reati contro minori durante il regno di papa Francesco. Il papa e molti prelati in Curia sono ben consapevoli di queste accuse, ma in nessun caso è stata consentita un'indagine aperta e approfondita». In poche parole, dice Viganò concludendo, «lo stesso papa Francesco sta coprendo gli abusi proprio ora, come ha fatto per McCarrick».Ma veniamo ai due casi sollevati. Il primo riguarda l'inchiesta sui presunti abusi sui chierichetti del Papa, un caso emerso grazie alle inchieste di Gianluigi Nuzzi e la trasmissione televisiva le Iene. Il preseminario Pio X, situato a pochi passi da Santa Marta, sarebbe stato teatro di ripetute aggressioni sessuali a minori. Responsabile di questo preseminario è la diocesi di Como ed è gestito dall'associazione Don Folci, per questo un'indagine fu affidata all'allora vicario giudiziario di Como, don Andrea Stabellini, che, dice Viganò, «trovò elementi di prova che giustificavano ulteriori indagini». Ma, aggiunge l'ex nunzio, «ho ricevuto informazioni di prima mano che indicavano che i suoi superiori hanno proibito che continuasse le indagini». E invita ad andare a intervistare don Stabellini: «Prego che troverà il coraggio di condividere con voi ciò che ha così coraggiosamente condiviso con me». Non è finita, perché Viganò dice che dopo le prove raccolte da don Stabellini, «il caso fu immediatamente nascosto dall'allora vescovo di Como, Diego Coletti, insieme al cardinale Angelo Comastri, vicario generale di papa Francesco per la Città del Vaticano. Inoltre, il cardinale Coccopalmerio, allora presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, che è stato consultato da don Stabellini, lo ha fortemente ammonito di interrompere le indagini». Come si è concluso il tutto? «Il vescovo di Como rimosse don Stabellini dalla carica di vicario giudiziario; l'informatore, il seminarista Kamil Jarzembowski, fu espulso dal seminario; i due compagni seminaristi che si erano uniti a lui nella denuncia lasciarono il seminario; e il presunto violentatore, Gabriele Martinelli, è stato ordinato sacerdote nel luglio 2017».Il secondo caso portato all'attenzione da Viganò riguarda il numero tre del Vaticano, il sostituto presso la Segreteria di stato, l'arcivescovo venezuelano Edgar Peña Parra, nominato da papa Francesco nell'agosto 2018 al posto del cardinale Angelo Becciu. Questa nomina, dice Viganò, sarebbe avvenuta ignorando totalmente un dossier inviato da un gruppo di fedeli di Maracaibo, i quali «accusano Peña Parra di terribile immoralità, descrivendo in dettaglio i suoi presunti crimini». Inoltre, l'ex nunzio fa riferimento a due pesanti accuse che accompagnerebbero l'arcivescovo da anni: «di aver sedotto, il 24 settembre 1990, due seminaristi minori della parrocchia di San Pablo, che dovevano entrare nel Seminario Maggiore di Maracaibo quello stesso anno».Inoltre Peña Parra sarebbe «stato presumibilmente coinvolto, insieme a……….., nella morte di due persone, un medico e un certo Jairo Pérez, avvenute nell'agosto del 1992, sull'isola di San Carlos nel lago di Maracaibo. Sono stati uccisi da una scarica elettrica e non è chiaro se le morti siano state o meno accidentali». Per la prima accusa Viganò sostiene che l'allora direttore del seminario maggiore di Maracaibo, don Enrique Pérez, «interrogato dalla Segreteria di Stato, confermò per iscritto l'episodio del 24 settembre 1990. Ho visto questi documenti con i miei occhi». Inoltre, per entrambe le accuse, Viganò dice che «sono state segnalate alla Segreteria di Stato nel 2002 dall'allora nunzio apostolico in Venezuela, l'arcivescovo André Dupuy». Peraltro, aggiunge Viganò, proprio in Venezuela dal 2009 al 2013 è stato nunzio l'attuale Segretario di stato Pietro Parolin che «non si è opposto alla recente nomina di Peña Parra come sostituto, rendendolo il suo più stretto collaboratore», nonostante «le accuse di cui sopra sono state sicuramente portate alla [sua] attenzione».Ancora una volta secondo Viganò le più alte cariche vaticane, financo il Papa, coprirebbero qualcosa, quella che l'ex nunzio chiama «una rete omosessuale», o comunque non aprirebbero «un'indagine aperta e approfondita» permettendo alla Chiesa «di soffrire».
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






