2024-02-27
I giudici hanno in testa solo Vannacci. Inchiesta per «istigazione all’odio»
Il generale indagato per un reato d’opinione: sotto accusa i contenuti del suo libro. È il quarto fascicolo aperto in pochi giorni. «Casualmente» proprio mentre si parla con insistenza di una sua candidatura con la Lega...Roberto Vannacci può appuntarsi un’altra medaglia al petto: di questi tempi, essere trattato da odiatore e razzista è sostanzialmente un titolo di merito, considerata la tempra di coloro che sono solito muovere queste accuse. I fatti dicono che il generale è indagato a Roma per istigazione all’odio razziale «in seguito», così riportano le agenzie di stampa, «a delle denunce presentate da alcune associazioni e che hanno a oggetto alcune affermazioni presenti nel suo libro Il mondo al contrario». Il diretto interessato, al solito, non commenta. Fa sapere a chi gli sta vicino di essere tranquillo, pronto ad affrontare ogni inchiesta con serenità. Già, perché i procedimenti a suo carico negli ultimi giorni si sono moltiplicati. Allo stato attuale, infatti, risulta indagato pure per truffa dalla giustizia ordinaria, truffa e peculato dalla Procura militare e per peculato dalla Corte dei Conti. Queste ultime tre inchieste hanno come oggetto il periodo trascorso dal generale in Russia, e sembra che scaturiscano da una ispezione voluta dal ministero della Difesa e condotta dal colonnello Vittorio Parrella. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha suggerito che si tratti di inchieste a orologeria, guarda caso scattate proprio nei giorni in cui si discute con una certa foga della candidatura di Vannacci alle Europee con la Lega. Il partito di Matteo Salvini, non per nulla, è rapidamente intervenuto anche sulle notizie che giungono dalla procura di Roma: «Vecchi metodi del vecchio sistema. Avanti generale, avanti insieme, avanti Italia!», si legge in una nota. Comunque sia, la giustizia farà il suo corso, e se riconosciuto colpevole il generale si assumerà le sue responsabilità. L’ultima inchiesta per istigazione all’odio, tuttavia, si colloca su un piano molto diverso rispetto alle altre riguardanti l’operato in Russia. «Non abbiamo ancora gli atti, non abbiamo nulla: ancora una volta apprendiamo notizie dalla stampa», ha dichiarato a riguardo l’avvocato Giorgio Carta, difensore del generale. A suo dire, «l’unica istigazione fatta è quella alla riflessione e alla lettura e ai temi sociali e generali. Nessuna istigazione all’odio o volontà di indicare la supremazia di una razza rispetto ad altre». Carta l’ha messa giù un po’ pomposa: «Anche Galileo Galilei è stato processato per le sue idee ma 300 anni dopo è stato assolto», ha detto. «Speriamo, per dati anagrafici, di risolvere prima questa vicenda prima». Dato che al generale è già stato rimproverato un paragone con Giulio Cesare, forse è il caso di lasciare da parte i riferimenti storici illustri. Quel che si può dire, però, è che l’indagine per odio è un tentativo bello e buono di colpire le idee, non le azioni. Se le indagini per truffa e peculato - sempre ammesso che portino a qualcosa - attengono al comportamento del generale sul posto di lavoro, ora ci troviamo di fronte a un deliberato attacco al suo libro. E qui c’è davvero poco da discutere: nel libro di Vannacci di odio non v’è traccia, e nemmeno di razzismo o di velleità discriminatorie. Cosa che, per altro, hanno sostenuto anche vari illustri editorialisti di quotidiani non sospettabili di simpatie destrorse (vale ricordare, a tale proposito, un articolo di Lucetta Scaraffia sulla Stampa). Si possono certo non condividere le posizioni del generale, e si possono perfino trovare sgradevoli o molto sgradevoli i suoi toni. Ma sostenere che il suo libro inciti all’odio razziale è semplicemente ridicolo, ed è più che lecito dubitare della buona fede di chi ha richiesto l’intervento della magistratura (pare che vi sia, tra le varie associazioni promotrici dell’azione, anche un sindacato di militari). Da un certo punto di vista, è vero, le nuove accuse sono una pubblicità potente per il generale e il suo bestseller, e basterebbero da sole a dargli argomenti per una eventuale campagna elettorale. Di fatto, l’indagine lo mette sullo stesso piano di Oriana Fallaci, che fu portata sul banco degli imputati per analoghe ragioni. Detto questo, non è certo piacevole - nemmeno per uno fatto di ghisa come Vannacci - essere additato come razzista, omofobo e intollerante. Non per nulla, il generale nel nuovo libro in uscita (Il coraggio vince, edito da Piemme) dedica parecchie pagine a spiegare e rispiegare le sue discusse affermazioni e a difendersi dagli attacchi di chi ama presentarlo come un mostro di spietatezza. In tutto questo quadro piuttosto patetico, a emergere con prepotenza è la pochezza dei contestatori di Vannacci. Non riuscendo ad arginarlo sul piano dei contenuti e delle idee, provano a screditarlo portandolo in tribunale con accuse che con tutta probabilità verranno smontate in sede giudiziaria, ma intanto creano un alone negativo in vista delle elezioni. L’istigazione all’odio è un discutibile reato di opinione. C’è di buono che, per commettere un crimine del pensiero, un pensiero bisogna pur averlo. Vannacci, piaccia o no, un pensiero ce l’ha. I suoi nemici un po’ meno.