I grafici (che rivelano le falle nel tracciamento) parlano chiaro: mentre gli immunizzanti, tra gli over 50, hanno ridotto casi e ingressi nei nosocomi, non è mai esistita alcuna emergenza pediatrica. Anziché inoculare i minori, ci si concentri sui più anziani.
I grafici (che rivelano le falle nel tracciamento) parlano chiaro: mentre gli immunizzanti, tra gli over 50, hanno ridotto casi e ingressi nei nosocomi, non è mai esistita alcuna emergenza pediatrica. Anziché inoculare i minori, ci si concentri sui più anziani.Non solo conferme, ma anche interrogativi e spunti di riflessione emergono dall'analisi sull'andamento dei positivi e dei ricoveri in reparto ordinario e in terapia intensiva, frutto di un'elaborazione della Verità su dati Iss, estratti dalla dashboard realizzata dall'Istituto nazionale di fisica nucleare. Una mole di dati che copre l'arco temporale che va dal 1° settembre 2020 ai primi di agosto di quest'anno. Cioè dalla cosiddetta «seconda ondata» esplosa a ottobre, passando per il picco di sei mesi fa, fino al (contenuto) incremento dei contagi al quale stiamo assistendo in queste settimane. Nel tentativo di comprendere la correlazione tra casi e ricoveri per fascia d'età, probabilmente il primo tentativo del genere nel nostro Paese su una base dati così ampia, abbiamo messo in relazione la media mobile a sette giorni dei nuovi casi positivi con quella dei nuovi ricoveri in reparto ordinario e in terapia intensiva. Senza dubbio, il dato che salta agli occhi è che non esiste alcuna emergenza pediatrica, né tantomeno a carico di ragazzi e giovani adulti. Tradotto, ci sono categorie quasi del tutto resilienti alla forza distruttiva del virus. Che le fasce d'età più basse fossero le meno suscettibili al Covid non è certo una novità, ma i grafici parlano chiaro. Prendiamo gli under 19, che nemmeno nei momenti peggiori dell'epidemia (nella fascia 10-19 anni i casi hanno superato le 3.000 unità giornaliere a ottobre 2020 e le 2.000 unità a marzo 2021) hanno mai raggiunto quota due ingressi giornalieri medi in terapia intensiva e rare volte hanno superato la soglia dei dieci ingressi giornalieri medi in reparto ordinario, e per la maggior parte del periodo considerato sono rimasti a valori quotidiani di «zero virgola». Sia per la fascia 0-9 anni sia per quella 10-19 anni la curva delle terapie intensive risulta quasi totalmente indipendente dall'andamento dei casi. Un dato che stride con la fortissima pressione mediatica a vaccinarsi esercitata in questi ultimi tempi sui giovanissimi, con la Società italiana di pediatria spintasi perfino a invocare l'autorizzazione del farmaco agli under 12. Alla luce dell'andamento dei ricoveri nell'età pediatrica e nell'adolescenza non si può evitare di chiedersi quale sia la ragione di tanto pressing. Forse si punta a «fare cassa» a spese di categorie più influenzabili nel disperato tentativo di raggiungere le percentuali di immunizzazione sperate? Se così fosse, di scientifico in questo modus operandi sembra esserci ben poco. Reparti critici poco popolati anche dalla fascia 20-29 anni, che solo a marzo ha superato occasionalmente i tre ricoveri giornalieri, per poi scendere il più delle volte poco sopra quota zero, anche in queste ultime settimane. Nessuna volontà di banalizzare la malattia, sia chiaro, che specie nei soggetti fragili e affetti da altre patologie può risultare assai grave. Ma visti da una prospettiva neutra questi numeri smentiscono la narrazione dei reparti pieni di giovani. Più si va avanti con l'età, più aumenta la correlazione tra nuovi positivi e nuovi ingressi in ospedale, sia in reparto ordinario sia terapia intensiva. Le curve di casi e ricoveri vanno a braccetto: al salire di una, sale l'altra e viceversa. Dalla fascia 30-39 anni, e più marcatamente da quella 40-49 anni in su, il Covid si comporta in maniera piuttosto prevedibile. Con un'eccezione, quella che riguarda i ricoveri nel periodo da febbraio ad aprile 2021, con un numero di ingressi sia in reparto ordinario sia in terapia intensiva di gran lunga maggiore a quanto atteso in base al numero di contagi in tutte le fasce d'età adulte (nei grafici corrisponde a una guglia più o meno marcata nel periodo primaverile). Difficile che in quel periodo circolasse una versione più aggressiva della malattia, a maggior ragione visto che la variante Alfa era ancora dominante rispetto alla Delta. Più probabilmente si tratta di un «buco» nel tracciamento, con una quantità di positivi sommersa assai superiore ai numeri ufficiali. Anomalie da spiegare a parte, resta un fatto: mentre sembra saltare a piè pari i giovani, il coronavirus non guarda in faccia le persone in età più avanzata. Se per i primi le ondate si traducono in «fiammate» occasionali e di breve durata, per i secondi - parliamo dei soggetti dai 50 anni in su - le conseguenze dal punto di vista ospedaliero si fanno più gravi e spalmate su un orizzonte temporale piuttosto ampio. Positivo l'effetto del vaccino, sia sul piano dei casi assai ridotti di numero, sia sul versante degli ingressi nelle strutture sanitarie. La proporzionalità tra nuovi positivi e ricoveri in reparto rimane ancora oggi piuttosto marcata, come testimonia l'andamento «gemello» delle due curve, ma bisogna tenere conto del fatto che i dati non distinguono tra vaccinati e non vaccinati. Molto più chiaro, invece, l'effetto sui ricoveri in terapia intensiva, con la curva di questi ultimi che va a finire sotto quella dei contagi. Tutto ciò provoca due riflessioni che non possono lasciare insensibile il decisore politico. La prima riguarda i giovani, e la necessità che entro certi limiti la loro normalità, dalla scuola allo sport fino al divertimento, debba essere preservata a tutti i costi. Assurdo sobbarcare sulle loro spalle la responsabilità di una pandemia delle quale a stento subiscono le conseguenze sanitarie. La seconda invece suggerisce la necessità da parte del governo, semmai, di concentrare gli sforzi sulle categorie più in là con gli anni. Senza «virostar» a spargere il terrore, ma semplicemente spiegando numeri alla mano come stanno realmente le cose.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





