2024-04-14
Lo studio sui vaccini a mRna «Possono stimolare i tumori e le metastasi»
I preparati nei quali è stato inserito un componente che limita la risposta infiammatoria sono in grado di compromettere l’azione di alcuni recettori utili a contrastare il cancro.«Sono state fornite prove che l’aggiunta del 100% di N1-metil-pseudouridina (m1Ψ) al vaccino mRna in un modello di melanoma ha stimolato la crescita e la metastasi del cancro e ridotto la sopravvivenza», afferma lo studio M1Ψ è amico o nemico del cancro?, presente nell’ultimo numero dell’International journal of biological macromolecules. Ricercatori della Florida, del Canada, del Regno Unito, del Messico e dell’Arabia Saudita suggeriscono che con «queste prove convincenti», i futuri studi clinici per tumori o malattie infettive non dovrebbero utilizzare vaccini con una modificazione totale, ma piuttosto quelli con una «percentuale inferiore» di modificazione, così da «evitare la soppressione immunitaria». Sottolineano che i vaccini a mRna «non provocano il cancro, ma potrebbero stimolarne lo sviluppo». Già altri studi hanno evidenziato che, a causa delle pesanti modifiche apportate alla sequenza genetica dell’mRna contenuto nel vaccino Pfizer (l’uracile sostituito con pseudouridina, ribonucleotide, per ingannare il sistema immunitario nei soggetti cui si somministra il vaccino), si può verificare un errore di trascrizione ovvero una produzione errata di proteine. Differenti dalla designata Spike, quindi imperfette. I premi Nobel Katalin Karikó e Drew Weissman hanno scoperto che l’uso di nucleosidi modificati artificialmente aggira le risposte infiammatorie indesiderate, e aumenta la produzione di proteine dopo la somministrazione in vivo. Così, uno dei quattro elementi costitutivi dell’Rna è stato sostituito da una variante modificata chimicamente, che innesca una risposta immunitaria innata meno forte. «È stato dimostrato da Karikó et al. che l’aggiunta di nucleosidi modificati, come N1-metil-pseudouridina, diminuisce l’attività dei Tlr», recettori capaci riconoscere patogeni che potrebbero essere deleteri per l’organismo ospite, ricorda il nuovo studio. Ma i ricercatori affermano: «Riteniamo che questa sia un’arma a doppio taglio perché, mentre previene la degradazione dell’mRna e migliora la sintesi della proteina Spike, compromette la segnalazione dei Tlr, ponendo una sfida maggiore per il sistema immunitario nell’utilizzare questi recettori per montare un’adeguata azione antitumorale». Questa soppressione immunitaria indotta dal vaccino «potrebbe avere conseguenze indesiderate».Come aveva riportato La Verità, pur escludendo la correlazione vaccino-cancro di una paziente la stessa dottoressa Karikó spiegava nel gennaio del 2023: «Il cancro c’era già, la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico». In sintesi, l’mRna può risvegliava un’infezione o un tumore in persone «con un sistema immunitario già indebolito».Sempre gli autori dello studio segnalano che, mentre inizialmente si era ipotizzato che l’mRna del vaccino racchiuso nelle nanoparticelle lipidiche (Lnp), sarebbe rimasto confinato nel punto di inoculazione e si sarebbe degradato rapidamente, mRna e Lnp invece «possono entrare in circolo e accumularsi in una varietà di tessuti distanti», come evidenziato in diverse ricerche, «prevalentemente nel fegato». Non venendo degradato rapidamente, l’Rna messaggero «potrebbe continuare a produrre la proteina Spike fino a 187 giorni». Il cancro è una malattia altamente complessa, che può essere attivata da una varietà di fattori interni ed esterni, fanno presente gli studiosi. In lavori recenti, affermano, non è stata trovata alcuna prova che le proteine frameshifted, frutto di mutazioni che comportano lo sfasamento della cornice di lettura del codice genetico, «derivate dalla vaccinazione Bnt162b2, negli umani siano collegate a effetti sfavorevoli a breve termine». Ma l’mRna modificato può alterare la durata della produzione dell’antigene, e quindi indurre la produzione di IgG4, sottoclasse minoritaria di anticorpi che provocano una risposta immunitaria più debole e rendono le persone potenzialmente suscettibili a patologie anche gravi come i tumori. «A nostro avviso, ciò potrebbe portare all’autoimmunità. Inoltre, è stato scoperto che le cellule di melanoma inducono il frameshifting ribosomiale come meccanismo di evasione attraverso la generazione di neoantigeni e la presentazione di peptidi trans-frame anomali. Pertanto, non si può escludere la possibilità che questi peptidi aberranti possano anche stimolare lo sviluppo del cancro», osservano nel lavoro pubblicato.In base a quanto emerge dalle ultime evidenze «suggeriamo che finché non sarà dimostrato che i vaccini a mRna non promuovono lo sviluppo del cancro, non dovrebbero essere condotti studi clinici che utilizzino vaccini modificati al 100% con N1-metil-pseudouridina. Potrebbe influenzare la progressione del cancro a causa della soppressione della risposta immunologica, in particolare l’immunità innata», concludono gli autori.Interessanti sono anche le considerazioni che fanno a proposito delle vaccinazioni anti Covid. «Nessuna persona sotto i 40 anni è morta a causa del Covid-19», dichiarano. «I residenti delle case di cura rappresentano una parte considerevole dei decessi per tutte le cause, nonché la maggior parte dei decessi per Covid-19». La quarta dose ha protetto i riceventi durante i primi tre mesi, «tuttavia, sei mesi dopo, il numero di infezioni è aumentato rispetto al gruppo che ha ricevuto le tre dosi […] dopo la terza dose, il rischio supera i benefici, soprattutto per gli anziani e i soggetti immunocompromessi, per cui le autorità sanitarie dovrebbero rivalutare la reale utilità di continuare a somministrare i richiami».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)