2019-03-25
Per avere un utero in affitto basta andare a San Marino
Visite mediche a San Marino per aggirare le nostre leggi, «menù» delle donatrici. Tariffa standard: 39.000 euro, 10.000 in più per scegliere il sesso del nascituro. «Salvini, glielo dico da femminista.Questo schifo va subito bloccato». La scrittrice Marina Terragni: «Ministro, impedisca la trascrizione degli atti di nascita dei piccoli comprati all'estero. Genitori gay? Ma va': i bimbi non vengono da "papi e papi". La sinistra? Ormai s'è ridotta a vendere diritti». Nel mondo è un giro d'affari da oltre 5 miliardi. Nel nostro Paese, ogni anno circa 2.000 famiglie varcano i confini per avvalersi della maternità surrogata. Lo speciale comprende tre articoli. Comprare una gravidanza dall'Italia è più facile a farsi che a dirsi. È sufficiente disporre di un indirizzo di posta elettronica, personale sanitario compiacente e ovviamente tanti soldi. A noi della Verità è bastato inviare una mail nella quale raccontiamo di essere una coppia con problemi di fertilità per ricevere, nell'arco di pochissime ore, un riscontro molto dettagliato sulle possibili soluzioni. Eppure la legge in vigore, la celeberrima 40 del 2004, parla chiaro: «Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600.000 euro a un milione di euro». Cosa permette di violare le regole, peraltro molto severe, previste dal nostro ordinamento? Senza dubbio Internet ha reso tutto più facile: nel nostro caso è bastato digitare sul motore di ricerca le parole «utero in affitto» per vedere apparire numerosi annunci a pagamento di cliniche specializzate. Scegliamo il primo, anche perché il nome, per l'appunto www.uteroinaffitto.com, è già tutto un programma. Atterriamo sul sito della clinica Biotexcom, un centro di medicina riproduttiva con sede a Kiev (Ucraina). Nulla di che stupirsi: la maternità surrogata è infatti una prassi perfettamente legale in molti Paesi, tra i quali rientra ovviamente la stessa Ucraina. Molto più strano, invece, che nella pagina del sito della clinica dedicata alle rappresentanze di Biotexcom nel mondo compaiano ben quattro città italiane: Milano, Pesaro, Roma e Palermo. Ma come, questa pratica non era assolutamente vietata nel nostro Paese? Spulciando il sito approdiamo a una pagina difficile da rintracciare nella quale, effettivamente, si legge che in questi centri è possibile effettuare nell'arco di una sola mattinata un check up diagnostico completo (prelievo del sangue, spermiogramma e visita ginecologica) anche se per i soli trattamenti di fecondazione eterologa, pratica della quale si occupa la clinica e che, seppur con numerose limitazioni, è legale in Italia. Ma sarà proprio vero? Dopo aver dato uno sguardo alle statistiche relative ai pazienti italiani (nel 2016 sono documentati 198 casi, di cui 129 positivi pari al 65% dei tentativi), decidiamo di contattare la clinica via email. Trascorsa una manciata di ore riceviamo una risposta molto cordiale, in italiano, da parte di una certa Ludmila (chi scrive si firma solo con il nome). Non abbiamo modo di verificare se il nostro interlocutore ci risponda effettivamente dall'Ucraina, né tanto meno se disponga di una qualche qualifica in campo medico. Fingiamo di metterci nelle sue mani. La referente allega alla mail una dettagliata presentazione in formato pdf, contenente informazioni sulla maternità surrogata e sulle attività della clinica. La prima parte del documento è dedicata a rassicurare i futuri genitori sugli aspetti legali della vicenda. «A differenza di quanto avviene sul territorio italiano», si legge, «in Ucraina vige una legge che prevede che le donne che mettono al mondo un bambino per conto terzi non possono in alcun modo esercitare il diritto di madre nei confronti del nascituro. Di fatto, la madre sarai per diritto tu e soltanto tu sotto ogni punto di vista, senza esclusione». Ma veniamo al capitolo «pagare moneta, vedere cammello». Qua il linguaggio improvvisamente cade di livello, e la sensazione di avere a che fare con una trattativa commerciale di bassa lega diventa, riga dopo riga, sempre più evidente. Veniamo rassicurati sul fatto che le «nostre ovodonatrici e madri surrogate sono rigorosamente controllate sotto ogni punto di vista, fisico, psicologico e genetico». L'aspetto delle «volontarie» si può verificare tramite un apposito database (corredato di foto, età e livello di istruzione) liberamente consultabile e raggiungibile cliccando sul banner in mostra sulla homepage. Sembra di essere al mercato, se non fosse che di mezzo ci sono le persone. «Noi lavoriamo esclusivamente con materiale biologico fresco di tipo A», ci tengono a sottolineare più avanti, «questo per garantire il massimo successo a ogni tentativo». Le «tariffe» a listino sono due: quella «Standard» (39.900 euro) e la «Vip surrogacy» (49.900 euro). Poche ma importanti differenze: nel secondo si può scegliere il sesso del bambino, l'accoglienza nella clinica è per 4 mesi (anziché 2), è possibile soggiornare in un hotel di lusso e, per chi porta i fratellini (magari concepiti anch'essi nella clinica) è incluso un servizio di baby sitting per 8 ore (anziché 4). Postilla finale: per chi avesse dubbi o perplessità, la clinica può fornire «il numero di riferimento del medico legale a Roma, in modo tale da accedere a un primo consulto». Da quel che si legge, sembrerebbe dunque che il nostro sospetto, che qualcuno promuova la pratica illegale dell'utero in affitto sul territorio italiano, sia fondato. Con l'aggravante che le consulenze sarebbero tenute da personale medico. Proviamo a incalzare la nostra referente, la quale dopo una prima resistenza ammette che «se sarà tutto ok, sarà possibile fissare il primo appuntamento a San Marino». L'escamotage è semplice: anche se la località è facilmente raggiungibile dalla penisola, formalmente la consulenza si svolgerà all'estero. Senza contare che anche nella piccola Repubblica incastonata tra l'Emilia Romagna e le Marche è in corso in questi mesi un vivace dibattito sulla possibilità di mettere fuori legge la maternità surrogata. La conversazione va avanti: Ludmila ci chiede altre informazioni, analisi di laboratorio, prova a perfino a convincerci della necessità di chiedere al nostro medico un certificato per attestare che «alla signora viene sconsigliata una gravidanza/fecondazione assistita». Lo scopo finale è farci sottoscrivere i contratti che regolano la «fornitura di servizi» tra gli aspiranti genitori e la Renaissance (la ragione sociale che gestisce la clinica). Pagine nelle quali c'è davvero poco spazio per il romanticismo e, viceversa, ogni aspetto burocratico, logistico e legale viene sviscerato e analizzato nel dettaglio. La «consegna del bambino sano» fa venire in mente un pacco contenente merce difettosa: sebbene venga specificato che in caso di «aborto o morte del bambino l'agenzia garantisce la ripresa dei tentativi senza costi aggiuntivi», cosa succede al pargolo se malauguratamente dovesse nascere affetto da qualche patologia? Si provvede al reso come per gli acquisti sui siti di ecommerce? Quando si tratta del pagamento invece è tutto molto più chiaro: la transazione deve avvenire in 5 «comode» rate, mentre nel caso dei gemelli i genitori sono tenuti a sborsare 3.000 euro in più. Non manca poi l'assistenza legale per ciò che concerne i documenti per l'espatrio. Come promesso nel documento inviatoci da Ludmila nella prima mail, «tornando nel vostro Paese d'origine il bambino entrerà come cittadino italiano, con un passaporto italiano provvisorio rilasciato dall'ambasciata italiana». Arrivati a questo punto la vicenda si fa spinosa perché in questi casi estremi anche la giurisprudenza arranca. Una pronuncia del 2004 della Corte di Cassazione ha giudicato «contraria all'ordine pubblico» la trascrizione dell'atto di nascita di un bambino nato in Ucraina tramite maternità surrogata, ipotizzando i reati di alterazione di stato e false dichiarazioni al pubblico ufficiale su qualità personali. Un'altra sentenza emessa nel 2014, invece, riconosce la conformità alla «lex loci» del Paese in cui è stato redatto di nascita. Ha fatto scalpore, l'estate scorsa, il caso di una trentina di coppie spagnole bloccate in Ucraina per via del rifiuto da parte delle autorità consolari iberiche di trascrivere le nascite nel registro civile. Sullo sfondo, il timore legato al traffico di minori. Se è vero che solo nella clinica Biotexcom nascono decine di bambini italiani all'anno, come si comporta la nostra ambasciata in Ucraina nel momento in cui frotte di genitori si presentano con un bebè in braccio? Fonti diplomatiche confermano che le richieste di registrazione di bambini da parte di coppie italiane arrivano a Kiev con un ritmo di circa 10/15 al mese, oltre 100 all'anno. E che l'ambasciata provvede a segnalare all'autorità giudiziaria italiana le situazioni che ai funzionari appaiono anomale. La nostra fonte aggiunge: «Un uomo può anche dichiarare di essere il padre biologico, ma per capire se una madre ha davvero partorito basta un solo sguardo...». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/utero-in-affitto-esclusivo-il-business-in-italia-ecco-la-clinica-dello-scandalo-2632684044.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="salvini-glielo-dico-da-femminista-questo-schifo-va-subito-bloccato" data-post-id="2632684044" data-published-at="1760430020" data-use-pagination="False"> «Salvini, glielo dico da femminista. Questo schifo va subito bloccato» Marina Terragni, autrice femminista, sulla maternità surrogata è perentoria: per lei è una pratica «denigrante». Le vere femministe sono contrarie all'utero in affitto? «Sì. Lo dovrebbe capire anche Matteo Salvini, che parla di “femministe che difendono l'utero in affitto". Mente, e sa di mentire». Che pensa delle definizioni? C'è chi chiama questa pratica «maternità surrogata» o «gestazione per altri». «Il politicamente corretto ha già portato molti guai. “Utero in affitto" descrive esattamente la pratica. Tutto il resto è marketing. Denigrante è la pratica, non il termine». Qualcuno dice: l'Italia è un Paese bigotto. «La verità è che l'utero in affitto è proibito in tutto il mondo tranne che in 18 Paesi. E i Paesi del mondo sono 206. Non va rovesciata la realtà». Chi la rovescia? «Chi ci lucra. Se uno va sui siti delle cliniche, è tutto un profluvio di “dono", di madri generose…». Lei vede il rischio di una selezione eugenetica? «La selezione eugenetica avviene già quando scegli dal catalogo la bionda californiana che fornisce l'ovocita, da impiantare in una fattrice con bacino capiente...». Diversi Comuni trascrivono gli atti di nascita registrati all'estero. «La situazione in Italia è a macchia di leopardo. C'è chi trascrive, chi no e poi si aprono i contenziosi giuridici». I tribunali spesso ordinano la trascrizione. «Ma ci sono sindaci, come a Genova, che fanno ricorso». C'è un vuoto normativo? «Le indicazioni del ministero dell'Interno, che ha la competenza su ordine pubblico e stato civile, sono carenti. Perciò mi arrabbio con Salvini». Cioè? «Lui usa l'utero in affitto come argomento di propaganda, ma ha tutti i mezzi per agire». Il senatore Simone Pillon ha proposto una legge che inasprirebbe le pene per chi ricorre all'utero in affitto. «Tutto fumo negli occhi». Perché? «Perché già oggi si potrebbero dare indicazioni alle prefetture, alle anagrafi… Il ministro Salvini ne ha facoltà». Da una femminista parte l'appello a Salvini: «Fermi l'utero in affitto»? «Mah, io gli direi: “Sei solo chiacchiere e distintivo"». Torniamo ai giudici. «Siamo in attesa di questa benedetta sentenza della Cassazione a sezioni unite sul caso Trento: trascrizione del figlio di due padri». È importante? «Nella sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione ha richiesto che la trascrizione sia ritenuta contraria all'ordine pubblico». Perché il bambino ha diritto a conoscere le sue origini. «Esatto. A un bambino non puoi raccontare che viene da “papi e papi", o da “papi e mami", se mami non è mami». Molti magistrati non la pensano così... «C'è una bellissima sentenza della Corte costituzionale, che evidentemente per i giudici italiani è carta straccia». Addirittura? E cosa dice? «Dice che il minore ha un diritto inalienabile a conoscere la verità sulle proprie origini. Come hanno deciso in Spagna, Francia, Svezia… Mica in Togo». Lì trascrivono solo il genitore biologico? «L'altro può ricorrere, eventualmente, all'adozione per casi particolari. E qui veniamo a un paradosso». Un paradosso? Quale? «Se il marito di una ragazza madre vuole essere riconosciuto come padre, deve sottoporsi alle procedure per l'adozione in casi particolari». Fin qui non ci piove. «Se invece arrivano due signori, che raccontano una balla palese, cioè che sono entrambi padri, pretendono le corsie preferenziali. Perché io sono tenuta a fare la trafila per l'adozione e invece “papi e papi" no?». Della sinistra italiana che dice? Pensi a Nichi Vendola e Sergio Lo Giudice… «Il problema non è se Lo Giudice abbia fatto ricorso all'utero in affitto. Il problema è che l'ex segretario del Pd lo ha nominato responsabile dei diritti civili nel partito». Parla di Maurizio Martina? «Sì. Uno che in privato, però, dell'utero in affitto ti dice: “Che schifo, sono contrario"». E perché è accaduto? «Perché la sinistra italiana è molto provinciale. E dal momento che non ha più da offrire un orizzonte politico, si mette a vendere diritti al mercato elettorale». Lei ha detto che la posizione italiana sull'utero in affitto è «mariana». Venerare la Madonna ci è servito? «In Italia siamo pieni di testimonianze archeologiche sul culto della madre. Maria è, in un certo senso, l'ultima delle “grandi madri". Siamo cresciuti con l'immagine di una ragazza che tiene in braccio un bambino. Si può cancellare tutto questo dalla coscienza collettiva?». Qualche «spiritoso» dice: Maria è stata la prima a praticare l'utero in affitto… «Una stupidaggine colossale. Nelle Annunciazioni si vede un giovanotto biondo, l'arcangelo Gabriele, che si inginocchia davanti a Maria e aspetta il suo fiat. Cioè, perfino Dio ha bisogno del suo consenso. Altro che utero in affitto…». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/utero-in-affitto-esclusivo-il-business-in-italia-ecco-la-clinica-dello-scandalo-2632684044.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-mondo-e-un-giro-daffari-da-oltre-5-miliardi" data-post-id="2632684044" data-published-at="1760430020" data-use-pagination="False"> Nel mondo è un giro d’affari da oltre 5 miliardi Cosa hanno in comune Nichi Vendola, Cristiano Ronaldo, Sarah Jessica Parker, Robbie Williams, Sergio Lo Giudice, Kim Kardashian, Nicole Kidman e Ricky Martin? Apparentemente nulla, eppure tutti questi personaggi famosi condividono la scelta di avere fatto ricorso alla pratica della maternità surrogata. Sono sempre più numerose le coppie che, nel mondo come in Italia, decidono di affittare l'utero di una gestante esterna alla coppia. Le cifre non sono univoche, e non potrebbe essere altrimenti, perché la maternità surrogata è legale (peraltro con i dovuti distinguo) solo in alcuni Paesi del mondo. Tra gli Stati nei quali è possibile troviamo Canada, Georgia, Grecia, Kenya, Messico, Russia, Ucraina e Stati Uniti. Gli esperti concordano nell'affermare che il giro d'affari a livello globale sia intorno ai 6 miliardi di dollari l'anno (5,3 miliardi di euro) anche se il business «sommerso», difficilissimo da scovare e quantificare, rende questo importo con tutta probabilità molto sottostimato. Vanno forte i mercati emergenti. Nella sola India la surrogazione può contare su 3.000 cliniche della fertilità e 5.000 nascite l'anno, per un fatturato di circa mezzo miliardo di euro, mentre in totale l'indotto del turismo riproduttivo genera introiti per circa 2 miliardi. Se i futuri genitori devono sborsare tra i 22.000 e i 27.000 euro per il bambino «chiavi in mano», alla madre va un compenso in media di appena 4.000 euro. Spesso, inoltre, le strutture sono dei veri e propri dormitori nelle quali di fatto le gestanti passano la maggior parte del tempo, dalla fecondazione sino al parto. L'Ucraina è in forte ascesa anche per via della legislazione particolarmente permissiva, senza contare il fatto che è facilmente raggiungibile un po' da tutti gli angoli d'Europa. Nel biennio 2016-2017 si stima ci siano state all'incirca 380 nascite da madri surrogate, più della metà dei quali da coppie italiane. Se prendiamo l'esempio della clinica Biotexcom, i costi per i genitori vanno dai 40.000 ai 50.000 euro, mentre la clinica dichiara di passare alla madre circa 15.000 euro. Molto gettonata nel Paese anche la fecondazione in vitro, con oltre 20.000 casi sempre nello stesso periodo. La Georgia, piccolo stato dell'ex Unione sovietica, è invece una sorta di outlet della surrogazione. Grazie ai costi praticamente dimezzati rispetto alla vicina Ucraina, sempre più genitori scelgono questa meta per prenotare una gravidanza. Un capitolo a parte lo merita il Nord America. Negli Stati Uniti non sono disponibili cifre ufficiali, anche se si parla di un numero compreso tra i 1.000 e i 2.000 parti l'anno, con un trend in forte crescita. Le madri surrogate ricevono un compenso che va dai 10.000 ai 22.000 euro, mentre il conto per i genitori oscilla dai 35.000 ai 100.000 euro. La maggior parte delle volontarie arriva da famiglie indigenti, un fattore che le rende estramente vulnerabili allo sfruttamento. Per quanto riguarda il Canada, le ultime stime vanno dai 150 ai 200 parti l'anno, con un costo medio pari a circa 62.000 euro. E l'Italia? Considerato che l'utero in affitto è vietato dalla legge 40/2004, è praticamente impossibile determinare il numero di casi ogni anno. L'unico dato certo è che il numero di coppie che vanno all'estero per questo motivo è in costante ascesa. Un fenomeno che va sotto il nome di «turismo procreativo» e che ogni anno spinge almeno 2.000 coppie italiane a varcare i confini per avvalersi della procreazione medicalmente assistita. A febbraio il senatore leghista Simone Pillon ha presentato un disegno di legge che inasprisce le pene per chi commercializza la maternità surrogata, allo scopo di «porre argine al triste fenomeno del turismo riproduttivo». Una norma che farà contento il vicepremier, Matteo Salvini, il quale solo un paio di settimane fa ha definito l'utero in affitto «la cosa più squallida che qualcuno possa ipotizzare».
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