2023-09-08
Linguanti in aiuto del Dottor Sottile: «Vidi un cadavere in putrefazione»
Ustica: la tesi dell’autopsia dell’aviere libico falsata è stata però già bocciata dalle sentenze.Il quotidiano La Repubblica continua la saga a puntate sul disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980, che costò la vita a 81 persone. L’inchiesta giornalistica, scatenata dall’ormai nota intervista all’ex premier Giuliano Amato ormai va avanti da quasi una settimana e ieri ha registrato una nuova puntata con l’intervista a Giulio Linguanti, ex maresciallo dell’Aeronautica, che il 18 luglio del 1980 fu inviato dai suoi superiori a piantonare il caccia Mig 23 libico precipitato sulla Sila. Il titolo è roboante: «Sulla Sila arrivai per primo. Il Mig fu abbattuto la notte del Dc-9». Nel colloquio con il quotidiano, l’uomo torna sul tema dell’effettiva data della morte del pilota del Mig, citato da Amato la settimana scorsa. L’ex premier si chiedeva infatti perché le ricostruzioni ufficiali avessero provato a far credere che «l’aviere libico […] il 18 luglio del 1980, tre settimane dopo la tragedia del Dc 9» fosse morto il giorno prima, nonostante nella perizia medica, letta da Amato, si parlasse «espressamente di avanzato stato di putrefazione». Una delle tante retromarce dell’ex premier, che aveva fatto sue le ricostruzioni ufficiali quando, da sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in una seduta della Camera del 30 settembre 1986, rispondendo a una serie di interrogazioni parlamentari, fece riferimento a un referto medico secondo cui «il pilota era morto poche ore prima». Nell’intervista pubblicata ieri, Linguanti viene in qualche modo in soccorso all’Amato seconda versione: «Ma soprattutto il cadavere […]. Era in avanzato stato di putrefazione. Stava lì da almeno due mesi».Ancora una volta, niente di inedito. Linguanti, infatti, oltre a essere già stato sentito (dichiarando di non aver visto il corpo del pilota) nel corso delle indagini condotte dal giudice istruttore Rosario Priore, aveva già raccontato la sua versione nel 2013 in un’intervista pubblicata da Huffington post. Ma le cose stanno davvero come ricordano i due? Stando alle risultanze del processo penale che vedeva imputati per alto tradimento alcuni generali dell’Aeronautica no. Nella sentenza di assoluzione del 2005 della Corte d’Appello di Roma, che mette sullo stesso piano le tesi del missile e della bomba (entrambe considerate non provate), la questione del caccia libico rinvenuto sulla Sila viene liquidata così: «Tutto il resto, non essendo provato è solo frutto della stampa che si è sbizzarrita […] fino a cercare di escogitare un (falso) collegamento con la caduta di un aereo Mig di nazionalità libica avvenuto in data successiva». Sul tema della presunta manomissione dell’autopsia vengono in aiuto gli atti della Commissione stragi, che in una relazione del primo ottobre 1990 ricostruisce il supplemento di «autopsia» (in realtà è stata compiuta solo la visita esterna), sulla base delle parole di uno dei due medici che l’ha effettuata, Anselmo Zurlo. La relazione ricostruisce così i fatti. «Il 6 novembre 1986 il giudice istruttore Bucarelli, nell’ambito dell’istruttoria relativa al disastro […] procedette all’audizione, in qualità di testimone, del professor Rondanelli e, il successivo 13 novembre, del professor Zurlo, autori dell’autopsia eseguita […] sul cadavere del pilota del Mig23. I due sanitari riferirono al giudice istruttore che il giorno successivo a quello in cui era stata espletata l’autopsia avevano presentato una «nota aggiuntiva», nella quale asserivano che la morte doveva essere retrodatata ad almeno 15 giorni prima dell’espletamento dell’esame autoptico, e riferivano altresì che avevano depositato detta «nota aggiuntiva» nelle mani del segretario del sostituto procuratore di Crotone, dottor Brancaccio». Due anni dopo, si legge ancora nella relazione della Commissione stragi, «venne nuovamente interrogato, ancora in qualità di teste, il professor Zurlo, il quale, dopo aver fatto presente di avere a suo tempo riferito a Bucarelli che «a ben guardare la nostra ansia di individuare con esattezza l’epoca della morte ci ha anche potuto indurre a esagerare nell’attribuzione ai fenomeni putrefattivi di un valore che faceva retrodatare anche a 15 o 20 giorni la data della morte», reputò «tutto sommato un’ipotesi fantascientifica» la possibilità che la data della morte del pilota libico potesse risalire «alla data in cui si era verificato l’incidente del Dc9 caduto nelle acque di Ustica». In sostanza, l’ultima versione di Amato non ha nessun riscontro negli atti processuali.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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