2023-04-09
Usano le temperature per occultare gli errori fatti durante la pandemia
L’Istituto associa l’extramortalità al freddo e al caldo. I dati, però, mostrano che nei mesi rigidi e in quelli torridi, com’è naturale, ci sono sempre stati picchi di decessi.Si morirebbe di più, per colpa del cambio climatico. Non l’ha detto Greta Thunberg, che tra l’altro ha cancellato il tweet del 2018 in cui annunciava l’estinzione degli esseri umani entro il 2023, a causa del riscaldamento globale, ma La Repubblica, enfatizzando il report 2022 dell’Istat.Cercavamo di dimenticare le sparate dell’ormai ventenne attivista svedese, invece dovremmo valutare i dati statistici con un occhio al gas serra e l’altro alle tabelle della mortalità in crescita. Ma poi, davvero si muore di più che negli anni passati per l’influenza climatica? Nell’articolo del quotidiano del gruppo Gedi, alcune considerazioni contenute nel report 2022 dell’Istituto nazionale di statistica sono diventate il pretesto per spargere nuovo terrore. Non si va più all’altro mondo per il virus di Wuhan, ma per l’incuria dell’uomo, che sta uccidendo il Pianeta e riduce le speranze di vita della popolazione mondiale. «Nell’Italia sempre più vecchia il cambiamento climatico uccide», titolava ieri Repubblica, per poi contraddirsi nell’articolo affermando che «tuttavia in Italia una persona su quattro ha più di 65 anni e sta bene». Ma soffermiamoci sull’equazione, più caldo e maggiore freddo darebbero la stessa soluzione, ovvero un numero elevato di persone morte, stremate dal clima manomesso dall’uomo. «Nel 2022 i decessi in Italia sono 713.000, con un tasso di mortalità pari al 12,1‰», scrive l’Istat, sottolineando che «il numero più alto dei decessi si è avuto in concomitanza dei mesi più rigidi», quindi gennaio e dicembre, e nei mesi più caldi, luglio e agosto». In quattro mesi, ci sono stati 265.000 morti, «quasi il 40% del totale», e «dovuti soprattutto alle condizioni climatiche avverse che hanno penalizzato nella maggior parte dei casi la popolazione più anziana e fragile, composta principalmente da donne». Dispiace sottolinearlo, ma questa analisi è di un’ovvietà mortificante per chi l’ha elaborata. Non solo perché da sempre, più sono gli anni sulle spalle e le patologie che minano il corpo, meno resistenza si ha alle temperature troppo rigide o al caldo torrido, ma perché basta guardare l’andamento dei decessi negli ultimi anni per capire che il cambio climatico non è il responsabile di una mortalità più alta nel 2022. Pochi numeri e percentuali smontano un allarmismo ingiustificato. Nel 2022, su 713.000 decessi totali, 264.587 (37,1%, non «quasi il 40%» come arrotondano Istat e Repubblica) sono avvenuti nei mesi di gennaio e dicembre, di luglio e agosto di quell’anno. Nel 2021, su 709.035 morti totali, 249.913 (35,2%) derivavano dalla somma dei deceduti nei medesimi mesi considerati. Tralasciando il 2020, anno della pandemia e con altro impatto sulla mortalità, su 644.515 decessi nel 2019, 227.786 (34,5) erano sempre in quei quattro mesi. Nel 2018, su 640.843 totali, 227.390 (35,4) si erano accumulati sempre a luglio e agosto e a gennaio e dicembre; nel 2017, su 659.473 complessivi, in quei mesi erano stati 243.211 (36,8%); nel 2016, su 627.071 morti, 219.564 (35%) erano avvenute al culmine dell’estate e dell’inverno. Le percentuali non sono molto diverse da quelle che si riferiscono al 2022, allora perché descrivere uno scenario catastrofico privo di fondamento? Pure guardando le tabelle a ritroso, fino al 2011, si vede che c’erano più morti non a maggio o a settembre, ma quando le temperature mettono maggiormente a prova fisici debilitati.Tra l’altro, è lo stesso Istat a sottolineare che «i livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora sotto quelli del periodo pre pandemico, registrando valori di 6 mesi inferiori nei confronti del 2019, sia tra gli uomini sia tra le donne». Queste ultime, inoltre, non avrebbero recuperato i «circa 2 mesi e mezzo di vita in più» di cui si sono avvantaggiati i maschi. Quindi, sarebbero il Covid e la sanità concentrata sul virus e vaccini, ad averci accorciato la vita, no il surriscaldamento che fa sciogliere i ghiacciai. Infatti, subito dopo l’istituto di statistica ritiene opportuno aggiungere: «L’impatto della crisi sul sistema sanitario, e la conseguente difficoltà nella programmazione di visite e controlli medici, potrebbero esser state particolarmente forti per le donne, più inclini degli uomini a fare prevenzione» e che si sono avvalse «meno che in passato dei servizi medico sanitari».Umanità falcidiata dal Covid, dalla mala assistenza territoriale ma anche dal vuoto che si è creato con la sparizione della medicina preventiva, dei controlli sui malati oncologici, cardiopatici e di tanti pazienti lasciati soli mentre l’unica attenzione era per le campagne vaccinali. Conteggiare i morti secondo le stagionalità, sembra voler allontanare la riflessione sui troppi decessi non dovuti alla malattia, ma che possono essere collegati a gravi reazioni indotte dal vaccino. E a proposito di vaccinazioni, che cosa dovrebbe pensare un over 50 che fu costretto a vaccinarsi, altrimenti veniva sanzionato, leggendo quanto dichiara su Repubblica il geriatra Roberto Bernabei? «Oggi un settantenne ha le stesse performance di un cinquantenne di qualche anno fa», dice il professore. Non erano tutti fragili e da inoculare?
Jose Mourinho (Getty Images)