2022-02-24
Gli Usa avvisano Kiev: «Attacco in 48 ore». Zelensky arma i civili
L’Ucraina dichiara lo stato d’emergenza, richiama i riservisti e risponde a Vladimir Putin: «Pronti a entrare nella Nato e nell’Ue».Non sono segnali positivi quelli che arrivano dalla crisi ucraina. La Russia ha iniziato a ritirare il suo personale diplomatico dal Paese, mentre la repubblica separatista di Donetsk ha annunciato una mobilitazione militare. Il servizio per la sicurezza della Federazione russa ha frattanto dichiarato di aver sventato un atto terroristico in Crimea, arrestando sei persone. Kiev ha dall’altra parte reso noto che un altro dei propri soldati è rimasto ucciso nel corso di bombardamenti effettuati dai separatisti, denunciando poi numerose violazioni del cessate il fuoco. Il governo ucraino ha inoltre decretato lo stato d’emergenza e autorizzato i civili a portare armi da fuoco, comminando delle sanzioni a 351 cittadini russi. Non solo: le forze armate di Kiev hanno richiamato circa 200.000 riservisti. In tutto questo, il ministero degli Esteri ha esortato i cittadini ucraini ad abbandonare il territorio russo, mentre ieri pomeriggio svariati siti web del governo di Kiev sono finiti offline, con il ministero della Trasformazione digitale che ha denunciato un attacco cibernetico. Downing street ha frattanto ribadito il proprio sostegno all’Ucraina. «Alla luce del comportamento sempre più minaccioso della Russia e in linea con il nostro precedente sostegno, il Regno Unito fornirà a breve un ulteriore pacchetto di supporto militare all’Ucraina. Ciò includerà aiuti letali (sotto forma di armi difensive) e aiuti non letali», ha dichiarato il premier britannico Boris Johnson. Oltre a paventare una crisi di rifugiati, gli Usa hanno avvertito ieri Kiev di aspettarsi un’invasione nell’arco di 48 ore. Non solo: il Pentagono ha infatti reso noto che l’80% delle forze russe al confine con risulterebbero in «posizioni avanzate, pronte a partire». Di un’invasione su vasta scala «potenzialmente in grado di raggiungere Kiev» ha parlato anche il ministro degli Esteri britannico, Liz Truss. Un’allerta è stata lanciata inoltre dal primo ministro lettone Arturs Krisjanis Karins. «Secondo le informazioni a mia disposizione», ha detto, «Putin sta spostando ulteriori forze e carri armati nei territori occupati del Donbass». Il governo ucraino, dal canto suo, non sembra intenzionato a fare un passo indietro sulla sua richiesta di entrare nell’Alleanza atlantica e nell’Ue. «Confermiamo le nostre aspirazioni europee e la nostra aspirazione ad aderire alla Nato», ha dichiarato ieri il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. «Accogliamo con favore le misure adottate contro la Russia dalla comunità internazionale e ce ne aspettiamo delle altre», ha aggiunto. Uno schiaffo in piena regola a Vladimir Putin, che l’altro ieri aveva esplicitamente chiesto che Kiev mettesse da parte le sue ambizioni di entrare nell’Alleanza. Polonia e Lituania, intanto, hanno sostenuto ieri la candidatura dell’Ucraina ad entrare nell’Ue. Le posizioni tra le parti continuano insomma a rivelarsi diametralmente opposte, mentre la tensione sale. E che la tensione stia salendo è dimostrato anche da quanto accade sul fronte delle sanzioni. Ieri, il vicesegretario al Tesoro degli Stati Uniti, Wally Adeyemo, ha spiegato nel dettaglio il pacchetto di ritorsioni economiche messo a punto da Joe Biden (con particolare riferimento al debito sovrano e al settore bancario), mentre la Casa Bianca ha fatto sapere che potrebbe comminare nuove sanzioni «in qualsiasi momento». In particolare, Washington ha colpito ieri il gasdotto Nord stream 2. Anche l’Ue si è detta pronta a una nuova tornata di ritorsioni: a renderlo noto, è stato in particolare il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian. L’irritazione di Mosca non si è fatta attendere. «Le sanzioni incontreranno una risposta forte, non necessariamente simmetrica, ma ben calibrata e sensibile per la parte americana», ha dichiarato il ministero degli Esteri russo. In soccorso di Mosca è arrivata ieri la Cina, che ha criticato le sanzioni occidentali. Segno che, nonostante una certa ambiguità mostrata da Pechino negli ultimissimi giorni, l’asse sino-russo resta in azione. Nel mezzo di queste fibrillazioni, Putin ha avuto ieri un colloquio telefonico con Recep Tayyip Erdogan. Il presidente turco ha rifiutato di accettare il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk, invocando una soluzione della crisi attraverso il «dialogo». È verosimile ritenere che Erdogan tema un colpo di mano russo non solo su Mariupol, ma anche su Odessa: uno scenario, quest’ultimo, che consoliderebbe l’influenza di Putin sul Mar Nero. Infine, mentre crescono le segnalazioni su un’imminente offensiva russa, negli Stati Uniti i repubblicani si stanno compattando nell’accusare Biden di aver gestito la crisi ucraina in modo blando e irresoluto. Critiche sono arrivate dai capigruppo di Senato e Camera, Mitch McConnell e Kevin McCarthy. «Se fossi stato in carica, [la mossa di Putin] non sarebbe stata nemmeno pensabile», ha inoltre dichiarato l’ex presidente americano Donald Trump. «Sapete qual è stata la risposta di Biden? Non c’è stata risposta», ha aggiunto.