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2025-02-02
Omicidi nel Vermont, si indaga sulla setta terroristica trans-vegana
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Nel riquadro l'agente della Border Patrol, David Maland, ucciso a Burlington nel Vermont il 23 gennaio 2025 (Getty Images)
Tra wokeismo e terrorismo, il passo è breve.
Lo si è visto negli scorsi anni, quando il movimento «Black Lives Matter» ha messo a ferro e fuoco le strade degli Stati Uniti d'America al grido di vendetta contro l'uomo bianco, il presunto razzismo sistemico e le ingiustizie storiche legate alla schiavitù e all'oppressione.
Lo si vede anche negli ultimi giorni, con il sangue versato dalla Ziz Cult, una setta di «trans vegani razionalisti altamente istruiti», per utilizzare le parole di Andy Ngo, influencer e autore di un report sul «New York Post».
In effetti, gli adepti di questa setta possono vantare un curriculum di tutto rispetto, forgiato direttamente dalle università di Washington e Oxford, tra le roccaforti dell'indottrinamento woke. Più precisamente transumanesimo, sostegno dei diritti animali, rifiuto dell'ordine tradizionale e anarchismo postmoderno sono i motori ideologici delle azioni terroristiche zizziane.
L'ultima risale allo scorso 20 gennaio, quando un controllo stradale a Conventry, Vermont, si è trasformato in un bagno di sangue. L'agente della U.S. Border Patrol, David Maland, è stato freddato a colpi di arma da fuoco da una coppia transessuale: Teresa «Milo» Youngblut, studentessa di informatica dell’Università di Washington, e Felix «Ophelia» Bauckholt, cittadino tedesco e pluripremiato trader quantitativo. I due erano già noti alle forze dell'ordine e sotto osservazione da alcuni giorni.
Nella sparatoria, Bauckholt è rimasto ucciso mentre Youngblut è stata ferita e arrestata. Durante la perquisizione del loro veicolo, le autorità hanno rinvenuto armi automatiche, munizioni, equipaggiamento tattico, tra cui caschi balistici, visori notturni e maschere antigas.
Tra l'altro, secondo il report di Ngo, nello scorso novembre Youngblut aveva presentato domanda di matrimonio con Maximilian Bentley Snyder, ex studente del prestigioso liceo Lakeside, considerato un genio dell'informatica, figlio di una facoltosa famiglia di Seattle e solito a identificarsi con una pluralità di pronomi.
Ebbene, nei giorni precedenti, Snyder è stato arrestato a Vallejo, in California, per l'omicidio di Curtis Lind, un ottantaduenne che avrebbe dovuto testimoniare contro la setta. Lind era il proprietario di un terreno occupato dagli zizziani e, nei giorni precedenti alla sua morte, si è difeso da una loro aggressione, a colpi di spada, perdendo un occhio. In quell’occasione era riuscito a difendersi, uccidendo uno dei suoi assalitori, ma la sua testimonianza in tribunale sarebbe stata fatale per il gruppo. Così, il 17 gennaio, Lind è stato assassinato con numerose coltellate.
In tutta questa storia, poi, emerge anche la figura della ricercatrice in bioinformatica, Michelle Jacqueline Zajko, nonché figlia di Rita e Richard Zajko, una coppia di anziani trovata uccisa in circostanze misteriose nella contea di Delaware all'inizio del 2023. Secondo gli investigatori, Zajko avrebbe fornito le armi agli adepti, in primis a Youngblut.
Ai vertici della setta, invece, risiederebbe Jack “Ziz” LaSota, noto anche come Andrea Phelps, un maschio biologico che si identifica come donna, nonché autore di diversi scritti nei quali incoraggia la violenza. Su LaSota pendono dei mandati di arresto nella contea di Delaware, in Pennsylvania, ma anche alcune voci, da parte dei suoi sostenitori, sulla sua presunta morte.
Nel complesso, la storia di questa setta appare come una matassa aggrovigliata di omicidi, misteri ed eversione. Spicca con chiarezza, però, come violenza e manipolazione possano derivare da una concezione «fluida» della vita, dal rifiuto della biologia e della famiglia, dall'avversione per la propria identità e la propria storia.
Così, negli Usa, ancora una volta il wokeismo sparge il terrore mentre la grande stampa guarda altrove, agitando lo spettro del fascismo con l'insediamento dell'amministrazione di Donald Trump.
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Negli Stati Uniti sono in corso le indagini a carico della setta chiamata «Ziz Cult», accusata di aver compiuto una serie di brutali omicidi, tra cui la recente sparatoria mortale di un agente della Border Patrol nel Vermont.Tra wokeismo e terrorismo, il passo è breve.Lo si è visto negli scorsi anni, quando il movimento «Black Lives Matter» ha messo a ferro e fuoco le strade degli Stati Uniti d'America al grido di vendetta contro l'uomo bianco, il presunto razzismo sistemico e le ingiustizie storiche legate alla schiavitù e all'oppressione.Lo si vede anche negli ultimi giorni, con il sangue versato dalla Ziz Cult, una setta di «trans vegani razionalisti altamente istruiti», per utilizzare le parole di Andy Ngo, influencer e autore di un report sul «New York Post».In effetti, gli adepti di questa setta possono vantare un curriculum di tutto rispetto, forgiato direttamente dalle università di Washington e Oxford, tra le roccaforti dell'indottrinamento woke. Più precisamente transumanesimo, sostegno dei diritti animali, rifiuto dell'ordine tradizionale e anarchismo postmoderno sono i motori ideologici delle azioni terroristiche zizziane.L'ultima risale allo scorso 20 gennaio, quando un controllo stradale a Conventry, Vermont, si è trasformato in un bagno di sangue. L'agente della U.S. Border Patrol, David Maland, è stato freddato a colpi di arma da fuoco da una coppia transessuale: Teresa «Milo» Youngblut, studentessa di informatica dell’Università di Washington, e Felix «Ophelia» Bauckholt, cittadino tedesco e pluripremiato trader quantitativo. I due erano già noti alle forze dell'ordine e sotto osservazione da alcuni giorni.Nella sparatoria, Bauckholt è rimasto ucciso mentre Youngblut è stata ferita e arrestata. Durante la perquisizione del loro veicolo, le autorità hanno rinvenuto armi automatiche, munizioni, equipaggiamento tattico, tra cui caschi balistici, visori notturni e maschere antigas.Tra l'altro, secondo il report di Ngo, nello scorso novembre Youngblut aveva presentato domanda di matrimonio con Maximilian Bentley Snyder, ex studente del prestigioso liceo Lakeside, considerato un genio dell'informatica, figlio di una facoltosa famiglia di Seattle e solito a identificarsi con una pluralità di pronomi.Ebbene, nei giorni precedenti, Snyder è stato arrestato a Vallejo, in California, per l'omicidio di Curtis Lind, un ottantaduenne che avrebbe dovuto testimoniare contro la setta. Lind era il proprietario di un terreno occupato dagli zizziani e, nei giorni precedenti alla sua morte, si è difeso da una loro aggressione, a colpi di spada, perdendo un occhio. In quell’occasione era riuscito a difendersi, uccidendo uno dei suoi assalitori, ma la sua testimonianza in tribunale sarebbe stata fatale per il gruppo. Così, il 17 gennaio, Lind è stato assassinato con numerose coltellate.In tutta questa storia, poi, emerge anche la figura della ricercatrice in bioinformatica, Michelle Jacqueline Zajko, nonché figlia di Rita e Richard Zajko, una coppia di anziani trovata uccisa in circostanze misteriose nella contea di Delaware all'inizio del 2023. Secondo gli investigatori, Zajko avrebbe fornito le armi agli adepti, in primis a Youngblut.Ai vertici della setta, invece, risiederebbe Jack “Ziz” LaSota, noto anche come Andrea Phelps, un maschio biologico che si identifica come donna, nonché autore di diversi scritti nei quali incoraggia la violenza. Su LaSota pendono dei mandati di arresto nella contea di Delaware, in Pennsylvania, ma anche alcune voci, da parte dei suoi sostenitori, sulla sua presunta morte.Nel complesso, la storia di questa setta appare come una matassa aggrovigliata di omicidi, misteri ed eversione. Spicca con chiarezza, però, come violenza e manipolazione possano derivare da una concezione «fluida» della vita, dal rifiuto della biologia e della famiglia, dall'avversione per la propria identità e la propria storia.Così, negli Usa, ancora una volta il wokeismo sparge il terrore mentre la grande stampa guarda altrove, agitando lo spettro del fascismo con l'insediamento dell'amministrazione di Donald Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 19 dicembre con Flaminia Camilletti
Alberto Stasi (Ansa)
Ieri, nell’aula del tribunale di Pavia, quell’ombra è stata cancellata dall’incidente probatorio. «È stato chiarito definitivamente che Stasi è escluso». Lo dice senza giri di parole all’uscita dal palazzo di giustizia Giada Bocellari, difensore con Antonio De Rensis di Stasi. «Tenete conto», ha spiegato Bocellari, «che noi partivamo da una perizia del professor Francesco De Stefano (il genetista che nel 2014 firmò la perizia nel processo d’appello bis, ndr) che diceva che il Dna era tutto degradato e che Stasi non poteva essere escluso da quelle tracce». È il primo elemento giudiziario della giornata di ieri. La stessa Bocellari, però, mette anche un freno a ogni lettura forzata: «Non è che Andrea Sempio verrà condannato per il Dna. Non verrà mai forse neanche rinviato a giudizio solo per il Dna». Gli elementi ricavati dall’incidente probatorio, spiega, sono «un dato processuale, una prova che dovrà poi essere valutata e questo lo potrà fare innanzitutto la Procura quando dovrà decidere, alla fine delle indagini, cosa fare». Dentro l’aula, però, la tensione non è stata solo scientifica. È stata anche simbolica. Perché Stasi era presente. Seduto, in silenzio. E la sua presenza ha innescato uno scontro.
«È venuto perché questa era una giornata importante», spiega ancora Bocellari, aggiungendo: «Tenete conto che sono undici anni che noi parliamo di questo Dna e finalmente abbiamo assunto un risultato nel contraddittorio». Una scelta rivendicata senza tentennamenti: «Tenete conto anche del fatto che lui ha sempre partecipato al suo processo, è sempre stato presente alle udienze e quindi questo era un momento in cui esserci, nel massimo rispetto anche dell’autorità giudiziaria che oggi sta procedendo nei confronti di un altro soggetto». E quel soggetto è Sempio. Indagato. Ma assente. Una scelta opposta, spiegata dai suoi legali. «In ogni caso non avrebbe potuto parlare», chiarisce Angela Taccia, che spiega: «Il Dna non è consolidato, non c’è alcuna certezza contro Sempio. Il software usato non è completo, anzi è molto scarno, non si può arrivare a nessun punto fermo». Lo stesso tono lo usa Liborio Cataliotti, l’altro difensore di Sempio. «Confesso che non mi aspettavo oggi la presenza di Stasi. Però non mi sono opposto, perché si è trattato di una presenza, sia pur passiva, di chi è interessato all’espletamento della prova. Non mi sembrava potessero esserci controindicazioni alla sua presenza». Se per la difesa di Sempio la presenza di Stasi è neutra, sul fronte della famiglia Poggi il clima è diverso. L’avvocato Gian Luigi Tizzoni premette: «Vedere Stasi non mi ha fatto nessun effetto, non ho motivi per provare qualsiasi tipo di emozione». Ma la linea processuale è chiara. Durante l’udienza i legali dei Poggi (rappresentati anche dall’avvocato Francesco Compagna) hanno chiesto che Stasi uscisse dall’aula perché «non è né la persona offesa né l’indagato». Richiesta respinta dal gip Daniela Garlaschelli come «irrilevante e tardiva», perché giunta «a sei mesi di distanza dall’inizio dell’incidente probatorio». Stasi è stato quindi ammesso come «terzo interessato». Ma l’avvocato Compagna tiene il punto: «Credo che di processuale ci sia poco in questa vicenda, è un enorme spettacolo mediatico». E attacca sul merito: «La verità è che le unghie sono prive di significato, visto che la vittima non si è difesa e giocare su un dato che non è scientifico è una follia».
La perita Denise Albani, ricorda Compagna, «ha ribadito che non si può dire come, dove e quando quella traccia è stata trasferita e quindi non ha valore». Deve essersi sentito un terzo interessato anche il difensore dell’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti (indagato a Brescia per un’ipotesi di corruzione in atti giudiziari riferita all’archiviazione della posizione di Sempio nel 2017). L’avvocato Domenico Aiello, infatti, ha alzato il livello dello scontro: «Non mi risulta che esista la figura della parte processuale del “terzo interessato”. Si è palesato in aula a Pavia il titolare effettivo del subappalto di manodopera nel cantiere della revisione». E insiste: «Sarei curioso di capire se sia soddisfatto e in quale veste sarà registrato al verbale di udienza, se spettatore abusivo o talent scout od osservatore interessato. Ancora una grave violazione del Codice di procedura penale. Spero non si sostituisca un candidato innocente con un altro sfortunato innocente e a spese di un sicuro innocente».
Ma mentre le polemiche rimbalzano fuori dall’aula, dentro il dato resta tecnico. E su quel dato, paradossalmente, tutti escono soddisfatti. «Dal nostro punto di vista abbiamo ottenuto risposte che riteniamo molto ma molto soddisfacenti sulla posizione di Sempio», dice Cataliotti. Taccia conferma: «Siamo molto soddisfatti di com’è andata oggi». La difesa di Sempio ribadisce che il dato è neutro, parziale, non decisivo. La difesa di Stasi incassa l’esclusione definitiva del Dna. E alla fine l’incidente probatorio ha fatto la sua parte. Ha prodotto una prova. Ha chiarito un equivoco storico. E ha lasciato ognuno con il proprio argomento in mano. Fuori dall’aula, però, il processo mediatico si è concentrato tutto sulla presenza di Stasi e sull’assenza di Sempio, come se l’innocenza o la colpevolezza di qualcuno fosse misurabile a colpi di apparizioni sceniche.
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Getty Images
E come si può chiamare un tizio che promette «appena posso (violare la legge, ndr) lo rifaccio»?. «Costi quel che costi», disse Luca Casarini, «al vostro ordine continuerò a disobbedire, perché obbedisco ad altro, di fronte al quale le vostre leggi ingiuste e criminali, ciniche e orribili non possono niente». Quelle contestate sono le leggi dello Stato italiano, approvate dal Parlamento italiano, vigilate dalla Corte costituzionale italiana, rispettate dalla maggioranza degli italiani. Ma per Casarini e compagni si possono ignorare. Anzi, si devono violare. E nessuno può permettersi il diritto di critica e di chiamarli pirati. «Abbiamo disobbedito a un ordine ingiusto e inumano del ministero dell’Interno», disse Beppe Caccia, capo missione di Mediterranea, «ma così facendo abbiamo obbedito al diritto marittimo, alla Costituzione italiana, alle leggi dell’umanità». Chi si può arrogare il diritto di stabilire che ci si può infischiare di una legge? Ve la immaginate quale sarebbe la reazione di fronte a un tizio che ignora il codice della strada o la normativa fiscale e dice che lui risponde a una legge superiore? E vi ricorda qualche cosa la definizione di «legge criminale»? Negli anni della contestazione lo Stato era criminale, le misure repressive, i divieti autoritari. Come sia finita si sa.
Il soccorso in mare ha un obiettivo politico: è un’azione che mira a «contrastare e a sovvertire il sistema capitalista e patriarcale» come ha spiegato don Mattia Ferrari, il cappellano di Mediterranea. «Abbiamo abbattuto un muro. Quello innalzato in mare dal decreto sicurezza bis. Siamo stati costretti a farlo», ha aggiunto Carola Rackete, la capitana che nella foga di attraccare nonostante le fosse stato negato il diritto allo sbarco andò a sbattere con la sua nave contro una motovedetta della Guardia di finanza. E costoro non si possono definire pirati? Chiamarli tali, perché come diceva il filosofo Giulio Giorello a proposito dei bucanieri, ritengono la loro coscienza «superiore a ogni legge», sarebbe diffamatorio? E quale offesa alla propria reputazione, quale danno, avrebbero patito, di grazia? È evidente che le querele hanno un obiettivo: tappare la bocca a chi esprime un giudizio critico, impedire alla libera stampa di dire quel che pensa e di chiamare le cose con il loro nome.
Da una settimana si discute di giornali comprati e venduti, perché John Elkann ha messo in vendita Repubblica e La Stampa. Ma la minaccia all’articolo 21 della Costituzione non viene da un imprenditore greco o italiano che compra una testata, bensì dal tentativo di imbavagliare chi si oppone, con le inchieste e le notizie, alla strategia dell’immigrazione, arma - come predica don Ferrari - usata per abbattere il sistema capitalistico e patriarcale. Sono certo che di fronte alla sentenza contro Panorama non si leveranno le voci degli indignati speciali. Quelle si alzano solo quando condannano Roberto Saviano a pagare mille euro per aver chiamato bastardi Meloni e Salvini. Visti i risultati, mi conveniva titolare «I nuovi bastardi».
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