2020-09-20
La scomparsa del giudice Ginsburg consegna a Trump la Corte suprema
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La morte del giudice Ruth Ginsburg, è già entrata nella competizione elettorale in vista del 3 novembre. Il capogruppo repubblicano al Senato, Mitch McConnell, ha auspicato che la sostituzione venga effettuata in tempi rapidi. Una tesi, seccamente respinta dai democratici che vogliono attendere prima le elezioni novembrine. Lo scontro, insomma, è già in atto. E, almeno sulla carta, è possibile che i repubblicani si compattino per sostituire la Ginsburg già nelle prossime settimane. In primo luogo, Donald Trump - che si è detto «triste» per la scomparsa del giudice - ha sempre fatto della nomina di togati conservatori alla Corte suprema (e alle corti federali inferiori) uno dei suoi cavalli di battaglia per mantenere la presa sulle frange più conservatrici dell'elettorato americano. Non a caso, pochi giorni fa, aveva pubblicato una nuova lista di giudici da cui aveva promesso di attingere in vista di nuove nomine. In secondo luogo, gli stessi senatori repubblicani stanno scalpitando. Non dimentichiamo che il 3 novembre non si voterà soltanto per la Casa Bianca ma anche per rinnovare un terzo del Senato. Quel Senato che, secondo quanto prescrive la Costituzione, ha il compito di ratificare la nomina dei giudici, scelti dal presidente.Ora, i repubblicani - secondo i sondaggi - risulterebbero favoriti per mantenere la maggioranza alla camera alta. Bisogna tuttavia tener conto di due fattori. Innanzitutto si tratta di un vantaggio molto risicato. In secondo luogo, i repubblicani - in questa tornata - dovranno difendere un numero di seggi maggiore rispetto ai rivali democratici. Tutto questo ci fa quindi capire come l'elefantino non voglia lasciarsi sfuggire la possibilità di nominare e confermare un giudice prima del 3 novembre: perché, dopo quella data, le cose potrebbero mutare. Se anche Trump venisse infatti riconfermato, lavorare un Senato ostile lo renderebbe quasi automaticamente un'anatra zoppa. Esattamente come accadde a Barack Obama nel 2016, quando, dopo la morte di Antonin Scalia, l'allora presidente scelse come sostituto Merrick Garland. Una nomina che tuttavia fu efficacemente bloccata dai repubblicani, che controllavano la maggioranza al Senato.Con la scomparsa di Ruth Ginsburg (icona liberal, scelta da Bill Clinton nel 1993), la Corte suprema ha al momento tre giudici di nomina democratica e cinque di nomina repubblicana. Va da sé che, qualora Trump riuscisse ad ottenere in tempi rapidi una sostituzione, potrebbe spostare decisamente il baricentro politico dell'organo. Tanto più alla luce del fatto che, nonostante sia stato nominato di George W. Bush, l'attuale giudice capo, John Roberts, sia più un centrista che un conservatore vero e proprio. Si capisce che, in termini elettorali, la faccenda abbia una sua rilevanza. Soprattutto agli occhi di quelle quote elettorali più motivate dal punto di vista politico. Trump - come detto - punta a mantenere salda la presa sui conservatori tradizionali, mentre i senatori che a novembre sono in cerca di riconferma mirano a conseguire un risultato che possa aiutarli ad essere rieletti. Senza poi dimenticare che la Corte suprema costituisca un argomento di interesse soprattutto per quegli elettori più attenti - a destra e a sinistra - alle tematiche eticamente sensibili (a partire dall'aborto). È quindi abbastanza probabile che la sostituzione della Ginsburg si avvierà ad essere un problema dirimente nelle prossime settimane di campagna elettorale.Guardando ai numeri, i repubblicani dovrebbero essere in grado di portare a casa il risultato. Attenzione però ai facili automatismi. La maggioranza dell'asinello al Senato non è enorme e i democratici hanno già mostrato di essere capaci di condurre efficaci tattiche ostruzionistiche (basti ricordare a quanto accaduto nel settembre del 2018 - a poche settimane dalle elezioni di metà mandato di allora - con la conferma del giudice Brett Kavanaugh). Il grande rischio è che, nei prossimi mesi, possa verificarsi uno stallo politico. Se la questione dovesse andare per le lunghe e il 3 novembre dovesse portare a una situazione in cui presidente e Senato appartenessero a partiti diversi, la Corte suprema sarebbe costretta a rimanere con un seggio vacante per chissà quanto tempo. Uno scenario che rischierebbe di esacerbare ulteriormente il già instabile clima politico-istituzionale che si registra negli Stati Uniti.
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