2024-03-08
Ursula resta zavorrata dagli alleati socialisti
Ursula von der Leyen (Ansa)
La capa della Commissione si ricandida, Ppe freddo. Antonio Tajani perplesso. Licia Ronzulli: «Si poteva osare di più».Ursula von der Leyen ottiene la candidatura ufficiale del Ppe alla guida della prossima Commissione europea, ma il disastro della legislatura che si sta per concludere sfocia in un risultato al Congresso dei Popolari a Bucarest che lascia molto amaro in bocca alla leader uscente. Su 801 delegati, di cui 737 aventi diritto al voto, si sono registrati in 591, dei quali 499 hanno effettivamente votato. I sì alla ricandidatura della Von der Leyen sono stati appena 400, mentre 89 hanno espresso il voto contrario, e 10 sono state le schede nulle. Del resto, è veramente difficile trovare motivazioni che non siano di politica politicante per sostenere un bis della Von der Leyen. Le sue giravolte in particolare sul green sono talmente azzardate e fuori tempo massimo che non convincono nessuno, e sono dettate solo da logiche di puro opportunismo: per farla breve, Ursula ha capito che alle prossime elezioni europee i socialisti, che fanno parte della sua attuale maggioranza, avranno un crollo, e così fa l’occhiolino alla destra conservatrice di Ecr, il gruppo del quale fa parte Fratelli d’Italia, e mette al primo posto del suo programma la difesa e la questione della guerra tra Ucraina e Russia. «Il Ppe», dice la Von der Leyen nel suo discorso al congresso di Bucarest, «è il partito che ha sostenuto un’Europa in grado di difendersi. E noi saremo il partito che realizzerà un’Unione della difesa, quindi abbiamo bisogno di un commissario europeo alla difesa, da designare per il prossimo mandato. Putin è ricercato per crimini di guerra e dovrà affrontare la giustizia. C’è un’aula di tribunale che lo aspetta all’Aja». Sulle politiche green radicali che hanno caratterizzato il suo mandato, e che hanno messo a durissima prova il sistema nervoso dei cittadini europei, la Von der Leyen fa ricorso alla eurosupercazzola: «Noi», cinguetta Ursula, «promettiamo un futuro di tecnologie industriali pulite per l’Europa. A differenza di altri noi siamo per soluzioni pragmatiche e non ideologiche, sappiamo che non esiste competitività senza la transizione ecologica ma sappiamo che non c’è industria pulita senza competitività». Gli «altri» sarebbero i socialisti europei, ai quali adesso la Von der Leyen addossa le responsabilità di aver portato avanti politiche ideologiche, come se alla guida della Commissione, negli ultimi cinque anni e ancora adesso, sostenuta dai Socialisti, non ci fosse stata lei ma una sosia. Parliamoci chiaro: siamo abituati alle giravolte dei politici in campagna elettorale, ma qui siamo di fronte a una tale dimostrazione di ipocrisia da restare allibiti. Verrebbe da dire che se non fosse per la Russia la Von der Leyen non avrebbe un programma, non a caso è sempre Putin al centro del suo discorso, anche quando si tratta di rilasciare patenti e patentini di «presentabilità»: «Oggi gli amici di Putin», sottolinea la Von der Leyen, «stanno seminando odio. La nostra Europa pacifica e unita non è mai stata così minacciata dagli estremisti e dai populisti, di estrema destra o estrema sinistra, da partiti come il Rassemblement National o l’Afd». Il riferimento è ai francesi di Marine Le Pen e ai tedeschi di Alternative für Deutschland, due partiti che fanno parte del gruppo Identità e democrazia, al quale appartiene anche la Lega, che però Ursula non nomina, perché, nel suo equilibrismo politicista, sarebbe uno sgarbo a Giorgia Meloni, ormai alleata di ferro della presidente uscente, il cui sostegno potrebbe essere indispensabile alla Von der Leyen per restare incollata altri cinque anni alla superpoltrona. Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, vicepresidente del Ppe, si lascia sfuggire una riflessione non esattamente ottimista: «Mi auguro», dice Tajani, «che nella prossima legislatura la Von der Leyen non sia circondata da commissari che fanno l’esatto contrario di ciò che lei ha detto. Ma sono convinto che ciò non accadrà, grazie ad una vigilanza attenta sia dei commissari del Ppe, sia del gruppo del Ppe al Parlamento Europeo». Molto più severo il giudizio di Licia Ronzulli, vicepresidente del Senato ed esponente di rilievo di Forza Italia, che per una volta sui social scrive quello che pensa, mettendo da parte la disciplina di partito: «Il Partito popolare europeo», azzanna la Ronzulli, «sceglie di confermare il nome di Ursula von der Leyen. Forse si poteva osare di più e imboccare una strada più coraggiosa, magari con un candidato che avesse una sensibilità maggiore ai problemi del Mediterraneo. In ogni caso, la votazione all’unanimità del manifesto elettorale dovrà essere accompagnata da un cambio di passo, perché negli ultimi anni la Commissione non sempre è riuscita a muoversi con coerenza». Durissima invece la reazione della Lega: «A distruggere l’Europa», scrive il Carroccio in una nota, «sono le politiche folli di questa sciagurata e sinistra Commissione, che non ha fatto nulla per contrastare l’immigrazione clandestina e l’estremismo islamico, che ha lavorato per rovinare gli agricoltori italiani ed europei a furia di tasse, regole idiote, farina di insetti e cibo sintetico, per licenziare migliaia di operai del settore auto per fare un favore alla Cina e riempirci di auto elettriche, per mettere in difficoltà tutti i proprietari di case con nuovi obblighi e balzelli. Mai più coi socialisti a rovinare milioni di cittadini!».