2025-04-27
Ursula in missione rimedia solo tre ceffoni
Ursula von der Leyen (Ansa)
Il capo della Commissione Ue va a Roma per scavalcare la Meloni, ma Trump la liquida con un arrivederci. I dazi spariscono dall’agenda. E pure sul dossier ucraino sono dolori: Zelensky la incontra dopo il presidente Usa, il premier italiano e MacronÈ un’intensa attività diplomatica quella che si è svolta ieri a Roma attorno ai funerali di papa Francesco: un’attività diplomatica che ha avuto al proprio centro Donald Trump e che, dall’altra parte, ha visto un deciso ridimensionamento di Ursula von der Leyen. Non è un mistero che il capo della Commissione europea puntasse a un bilaterale con il presidente americano per intavolare i negoziati sui dazi tra Washington e Bruxelles. Prima dei funerali papali, un portavoce dell’esecutivo Ue non aveva affatto escluso un simile incontro, lasciando chiaramente intendere quali fossero le intenzioni della Von der Leyen. Quest’ultima sperava infatti in un rapporto diretto, che le consentisse di bypassare la mediazione di Giorgia Meloni la quale, dopo la sua visita alla Casa Bianca della scorsa settimana, aveva annunciato un summit a Roma per far incontrare i vertici europei con il presidente americano. Eppure la manovra della Von der Leyen è fondamentalmente fallita: il capo della Commissione Ue ha infatti dovuto accontentarsi di un breve scambio con Trump a margine dei funerali. I due hanno semplicemente «concordato di incontrarsi» in futuro. Il ruolo di mediazione della Meloni resta quindi intatto. Probabilmente, Trump non ha voluto fare uno sgarbo all’inquilina di Palazzo Chigi, con la quale si è anche parlato alla fine delle esequie. Fermo restando che, per lui, i dazi, ieri, non sembravano una priorità. Sotto il profilo politico-diplomatico, il presidente americano si è infatti principalmente concentrato sulla crisi ucraina. Hanno fatto il giro del mondo le foto del suo faccia a faccia con Volodymyr Zelensky all’interno della Basilica di San Pietro: si è trattato del primo incontro de visu tra i due, dalla lite che avevano avuto nello studio ovale lo scorso febbraio. «È stato un ottimo incontro», ha twittato il presidente ucraino, aggiungendo di aver discusso con Trump di un «cessate il fuoco incondizionato» e di una «pace affidabile e duratura». Zelensky ha poi avuto degli incontri anche con Emmanuel Macron, Keir Starmer e con la stessa Meloni. «Nel corso del colloquio», si legge in una nota di Palazzo Chigi, «i leader hanno ribadito il sostegno agli sforzi del presidente Trump per il raggiungimento di una pace giusta e duratura, capace di garantire un futuro di sicurezza, sovranità e libertà all’Ucraina». Certo, ieri pomeriggio si è tenuto un faccia a faccia anche tra Zelensky e la Von der Leyen: è comunque significativo che il leader ucraino abbia incontrato il capo della Commissione europea soltanto dopo Trump, la Meloni e Macron. Piuttosto freddo si è inoltre mostrato il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier. «Penso che non dovremmo dimenticare che questo è, prima di tutto, un funerale, e che non dovremmo riporre troppe aspettative nella cosiddetta diplomazia funebre», ha dichiarato, riferendosi ai vari incontri diplomatici di ieri a Roma sulla crisi ucraina. Sempre ieri, in un lungo post su Truth successivo al colloquio con Zelensky, il presidente americano ha incolpato Barack Obama e Joe Biden per la crisi ucraina. Ha poi lanciato un avvertimento minaccioso a Vladimir Putin. «Putin non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni. Mi fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie? Troppa gente sta morendo», ha dichiarato Trump. Ma l’Ucraina non è stato l’unico dossier, ieri, al centro dell’agenda del presidente americano. Sempre all’interno della Basilica di San Pietro, Trump ha infatti avuto un breve ma caloroso incontro con il cardinale Timothy Dolan: uno dei porporati considerati papabili al prossimo conclave. Non è un mistero che i due siano profondamente legati. Certo, non sono mancate talvolta alcune tensioni tra il prelato e l’amministrazione Trump. Tuttavia, il loro rapporto è piuttosto solido. Basti pensare che Dolan ha recitato la preghiera inaugurale durante l’insediamento dell’attuale presidente americano lo scorso 20 gennaio. Il cardinale è anche un esponente di spicco di quella Chiesa statunitense che ha spesso avuto delle relazioni tese con papa Francesco. Ricordiamo che venerdì, mentre era in viaggio per Roma sull’Air Force One, il presidente americano aveva detto che avrebbe partecipato alle esequie papali per «una questione di rispetto», rivendicando inoltre di aver «conquistato il voto cattolico» alle elezioni di novembre. Vale altresì la pena di sottolineare che Dolan è stato tra i critici del controverso accordo sulla nomina dei vescovi tra Santa Sede e Cina: un accordo a cui la prima amministrazione Trump si era opposta con forza. È difficile che l’attuale presidente americano abbia cambiato idea in merito, soprattutto alla luce della crescente competizione geopolitica in atto tra Washington e Pechino. È quindi plausibile ritenere che Trump speri nell’elezione di Dolan o comunque nell’eventualità che i porporati americani possano contribuire a portare al soglio pontificio una figura di rottura rispetto alla linea di distensione nei confronti di Pechino, condotta da Francesco. Dall’altra parte, Politico ha riferito che l’ambasciatore americano presso la Santa Sede dell’amministrazione Biden, Joe Donnelly, ha rimarcato ieri la sua collaborazione con il cardinale Matteo Zuppi per cercare di avviare i colloqui di pace tra Russia e Ucraina. Zuppi è notoriamente legato alla Comunità di Sant’Egidio. Ebbene, Donnelly, nel 2023, prese parte alla cerimonia in onore dei 55 anni dalla fondazione della Comunità stessa, mentre l’anno prima aveva accompagnato l’allora Speaker della Camera, Nancy Pelosi, a visitarla. È interessante notare come Zuppi sia inoltre uno dei porporati più inclini alla distensione con Pechino. Insomma, sembra proprio che la politica statunitense si stia dividendo anche sul prossimo conclave. D’altronde, la questione cinese ha un peso anche sulle relazioni tra la Casa Bianca e l’Ue. Trump auspica un allentamento dei rapporti tra Bruxelles e la Repubblica popolare. Eppure, appena pochi giorni fa, la Commissione europea - fondamentalmente spinta da Francia, Spagna e Germania - ha escluso il disaccoppiamento dell’economia europea da quella cinese come parte di un eventuale accordo commerciale con Washington. È anche in quest’ottica che la Meloni sta cercando di salvaguardare le relazioni transatlantiche. Trump sa quindi di aver bisogno della sua sponda in sede di negoziati con Bruxelles, per arginare le spinte filocinesi di Madrid, Berlino e Parigi.
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