2025-08-23
L’uomo di Obama spifferava segreti su Trump
Il capo dell’Fbi negli anni del dem avrebbe trasmesso dei documenti riservati alla stampa per favorire Hillary Clinton nel 2016. Perquisita la casa di John Bolton, il falco che ruppe con il tycoon: anche lui avrebbe diffuso materiale sensibile attraverso un memoriale.Prosegue la doppia offensiva di Donald Trump sulle responsabilità di Barack Obama nella vicenda Russiagate e sul caso di Jeffrey Epstein. Ieri sera, il Dipartimento di Giustizia era in procinto di consegnare al Congresso la prima tranche della documentazione relativa al finanziere, suicidatosi nel 2019. La svolta era attesa sulla base di un’ingiunzione della commissione Vigilanza della Camera, guidata da uno dei principali alleati parlamentari di Trump: il deputato repubblicano James Comer. «La commissione intende rendere pubblici i documenti dopo un’attenta analisi per garantire che tutti i documenti identificativi delle vittime e il materiale sugli abusi sessuali su minori siano censurati», ha dichiarato un portavoce. A inizio agosto, Comer aveva anche emesso degli ordini di comparizione per chiamare a testimoniare alcuni ex direttori dell’Fbi e alcuni ex procuratori generali degli Usa, oltre ai coniugi Clinton.Al contempo, l’amministrazione Trump sta puntando sia a fare luce sulle controverse origini del Russiagate sia a contrastare l’uso politico dei leak di informazioni sensibili. Giovedì, il direttore dell’Fbi, Kash Patel, ha desegretato alcuni documenti, secondo cui il capo del Bureau dei tempi di Obama, James Comey, avrebbe fatto trapelare appositamente alla stampa del materiale riservato durante la campagna elettorale del 2016. In particolare, le nuove rivelazioni riguardano l’allora consigliere generale dell’Fbi, James Baker, e l’allora capo dello staff di Comey, James Rybicki. «L’indagine del Servizio di ispezione postale degli Usa ha rivelato che Baker ha divulgato informazioni classificate del governo degli Stati Uniti al New York Times, ritenendo di essere stato incaricato e autorizzato a farlo dall’allora direttore dell’Fbi James Comey», recita il documento appena desegretato. «Per esempio», si legge ancora, «durante gli interrogatori, Baker ha dichiarato che il capo dello staff dell’Fbi, James Rybicki, gli aveva dato istruzioni di divulgare le informazioni al New York Times, e Baker intese che Rybicki gli stava trasmettendo queste istruzioni e autorizzazioni da parte di Comey».È interessante notare come, testimoniando davanti al Senato nel maggio 2017, lo stesso Comey avesse risolutamente negato di aver fatto trapelare materiale sensibile alla stampa. Guarda caso, il mese scorso, il Dipartimento di Giustizia ha avviato un’indagine su di lui per appurare se abbia mentito al Congresso. Inoltre, le informazioni sensibili, di cui stiamo parlando, furono fatte arrivare al New York Times nell’ottobre 2016: pochi giorni prima, cioè, delle elezioni presidenziali che vedevano contrapposti Trump e Hillary Clinton. «Questo documento, presentato sotto la mia direzione, conferma ciò che molti americani sospettavano da tempo: l’ex direttore dell’Fbi James Comey e il suo capo dello staff hanno tenuto una condotta abominevole», ha detto la procuratrice generale, Pam Bondi, riferendosi agli incartamenti appena desegretati.La settimana scorsa, Patel ha anche declassificato ulteriori documenti sulla cui base un informatore dem, appartenente allo staff della commissione Intelligence dalla Camera, aveva tacciato l’allora deputato democratico, Adam Schiff, di aver fatto appositamente trapelare ai giornali informazioni riservate con il preciso scopo di mettere in difficoltà Trump sul Russiagate. Schiff ha respinto le accuse, ma il Dipartimento di Giustizia ha intenzione di appurarne l’eventuale fondatezza. Stesso discorso vale per i leak di cui sarebbe responsabile Comey e rispetto a cui non sono state finora formulate accuse penali. Non solo. Pochi giorni fa, la direttrice dell’Intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, ha pubblicato un’email, scritta a dicembre 2016 dal suo predecessore dell’era Obama, James Clapper, in cui costui premeva sui vertici della Nsa per approntare un’analisi d’intelligence che, ordinata dallo stesso Obama, fu redatta in fretta e che, guarda caso, stabilì che la Russia aveva aiutato Trump a vincere contro la Clinton. Ma non è tutto. Ieri, gli agenti federali hanno effettuato una perquisizione in casa di John Bolton: il falco che fu consigliere per la sicurezza nazionale dello stesso Trump dal 2018 al 2019. I due poi ruppero malamente e Bolton è da allora diventato uno dei principali critici dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Nel giugno 2020, pubblicò un libro di memorie in cui, secondo il presidente, avrebbe inserito informazioni sensibili. La prima amministrazione Trump avviò un’indagine che venne tuttavia interrotta da Joe Biden. Bolton è oggi sospettato di aver divulgato ai media informazioni sensibili in materia di sicurezza nazionale con lo scopo di danneggiare il presidente. Se ciò dovesse essere confermato, si tratterebbe di un bel paradosso. Fu proprio Bolton, poco dopo il raid dell’Fbi a Mar-a-Lago nel 2022, a dirsi «preoccupato» di come Trump aveva gestito i documenti sensibili.
Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)
Emanuele Fiano (Getty Images)