2021-01-06
Unicredit rilancia, il Mef s’inventa il mini Mps
Pier Carlo Padoan (Andrea Ronchini/NurPhoto via Getty Images)
Il gruppo di Piazza Gae Aulenti alza la posta e prospetta l'esigenza di una dote più consistente per la fusione con Siena: 6 miliardi I rumors di spin off per salvaguardare il marchio del Monte mettono le ali al titolo. Ma, dopo la manovra, si tratterebbe di un abuso.Il titolo dell'ultimo copione circolato nelle stanze del Mef per il film sul futuro di Mps potrebbe essere «mamma mi si è ristretto il Monte». Almeno a giudicare dalle indiscrezioni rilanciate ieri dal Messaggero secondo cui gli advisor del Tesoro avrebbero previsto, contestualmente alla fusione con Unicredit da realizzare nella seconda metà di quest'anno, la creazione di una legal entity ad hoc con l'inclusione della rete toscana dell'istituto senese (circa 300 filiali). Tradotto: un «mini Montepaschi», radicato sul territorio e con lo storico marchio preservato per circa tre anni, che placherebbe il pressing del Pd locale capitanato dal neogovernatore Eugenio Giani. Verrebbe fatto risorgere un istituto tipo la vecchia Banca Toscana, che aveva 480 filiali ed era basata a Firenze e fu poi incorporato nella casa madre nel 2009 per fronteggiare il maxiesborso per Antonveneta. I rumors hanno messo le ali al titolo del Monte che ha chiuso la seduta di ieri in Piazza Affari con un balzo del 6,09%, mentre le azioni Unicredit hanno ceduto l'1,09 per cento. Al netto della speculazione, però, il progetto potrebbe rivelarsi più un tentativo per prendere tempo che un progetto concreto. Anche perché, secondo altre voci circolate ieri, Unicredit starebbe prospettando al Tesoro l'esigenza di una dote più consistente di quella ipotizzata finora per poter procedere a un'integrazione con Siena. Sul mercato si parla di una richiesta complessiva di 5,5-6 miliardi. Il cda dell'istituto di Piazza Gae Aulenti, del resto, ha già chiarito nei mesi scorsi che non avrebbe accettato alcuna operazione dannosa per gli interessi del gruppo e la sua posizione patrimoniale. Resta, però, da capire chi sta giocando una partita così importante per il futuro della banca considerando che il successore dell'ad uscente, Jean Pierre Mustier, non è stato ancora trovato e che il presidente - nonché ex ministro dell'Economia - Pier Carlo Padoan è ancora in pectore visto che la sua nomina deve essere bollinata dall'assemblea dei soci di aprile. Di certo, il piano di una mini Mps andrebbe controcorrente rispetto all'appello della Vigilanza che chiede ormai da tempo al settore bancario europeo di consolidarsi creando un numero ristretto di big del credito dalle spalle abbastanza larghe per reggere all'urto di crisi individuate ormai come cicliche. Non solo. Nell'ultima manovra, ricordiamolo, sono state inserite nuove misure sulla conversione in crediti di imposta delle cosiddette Dta per favorire le aggregazioni bancarie: l'impatto è stato stimato dagli analisti di Mediobanca in circa 2,4 miliardi per Unicredit-Mps, cifra vicina ai 2,5 miliardi che servono al Monte per rafforzare il patrimonio come richiesto dalla Bce. Quindi, da una parte lo Stato incentiva la fusione e dall'altra (come azionista attraverso il Mef che deve uscire dal capitale di Rocca Salimbeni per rispettare gli accordi con Antitrust e Vigilanza Ue), avvierebbe la successiva scissione. Ci va giù duro Enrico Zanetti, ex viceministro dell'Economia nel governo Renzi e oggi socio del centro studi tributari Eutekne: «Se fanno la fusione Mps sfruttando per miliardi di euro il bonus aggregazioni che hanno messo apposta in legge di bilancio, ma poi subito dopo scindono un bel pezzo di quello che hanno appena fuso, questo potrebbe chiamarsi abuso del diritto (elusione fiscale). Qualcosa che verrebbe contestato a qualsiasi altra azienda», ha scritto ieri su Facebook. E di «elusione di Stato», parla anche il senatore di Fratelli d'Italia, Andrea de Bertoldi, che ha predisposto un'interrogazione urgente al ministro dell'economia, Roberto Gualtieri, per chiedere chiarimenti. La stessa ipotesi, peraltro, non sarebbe nemmeno gradita alla Fondazione Mps perché ritenuta una sorta di «contentino», anche alla luce del fatto che la durata dello spin off bancario sarebbe a termine. Critico anche il sindacato: «È iniziata la solita manfrina all'italiana. Cose dette a mezza bocca e situazioni verso le quali non si va mai veramente fino in fondo. In queste ultime ore ho percepito un certo rallentamento di entusiasmo da parte di Unicredit perché probabilmente vuole più risorse da parte del governo. Il Mef ha le idee estremamente chiare, e vuole risolvere al più presto il problema Mps, cedendo il 64% della stessa banca», ha detto ieri il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. «Si è parlato di mantenere Mps e il suo marchio autonomi fino a tre anni, ma io credo che non si supererà un anno. Ho notato che la politica regionale e locale in questi ultimi giorni ha parlato sempre di meno, quindi sono certo che siano in corso contatti per far digerire un'operazione dove alla base di tutto c'è una impostazione di partenza che vede Monte dei Paschi non reggersi in piedi da sola. Un'impostazione, questa, che noi non abbiamo mai condiviso. Non accetteremo mai un piano industriale che imponga sacrifici oltre quelli che già son stati chiesti», aggiunge Sileoni.