2021-10-29
Unicredit, pietra tombale su Mps nell’assordante silenzio di Padoan
Pier Carlo Padoan (Marco Canoniero/LightRocket via Getty Images))
Agli analisti il ceo Andrea Orcel spiega che non ci sono le condizioni per l'acquisizione. Il presidente, che da ministro varò il Monte di Stato, evita di parlarne. L'istituto di Piazza Gae Aulenti supera il miliardo di utile nel trimestre.«Quella finestra per noi è chiusa». L'ad di Unicredit, Andrea Orcel, ieri ha messo una pietra sopra al Monte dei Paschi sul finire della conferenza telefonica con gli analisti. Spegnendo così anche le speranze di chi, come il segretario della Fabi, Lando Sileoni, sperava ancora in una pausa tattica del negoziato con il Mef. Ma il banchiere ha ribadito: «Quando abbiamo annunciato l'intenzione di perseguire una combinazione di successo ho detto chiaramente che la finestra era aperta se si poteva eseguire rapidamente l'operazione» e in quel momento «pensavamo che lo si potesse fare». Adesso, invece «siamo focalizzati al 100% sulle nostre iniziative». A cominciare dal nuovo piano industriale che verrà presentato al mercato il prossimo 9 dicembre e il cui fulcro saranno «semplificazione, digitalizzazione e centralità del cliente», ha detto Orcel. Quanto al risiko, eventuali operazioni di M&A «non sono un fine» e «le faremo solo a giuste condizioni».Una chiusura che preoccupa i sindacati: «perché, al momento, non ci sono alternative per rilevare il gruppo Mps, l'unica sarebbe il fondo Apollo, che è un fondo speculativo e che non avrebbe un atteggiamento morbido per quanto riguarda i dipendenti», commenta Sileoni. Sottolineando che «se dovesse fallire un gruppo come il Montepaschi ne risentirebbe l'intero settore bancario italiano ed europeo». I vertici dell'istituto di Piazza Gae Aulenti vogliono ora rimanere concentrati sui propri obiettivi e risultati. Guardando a questi, Unicredit ha chiuso i primi nove mesi dell'anno con un utile netto pari a 3 miliardi rispetto al rosso di 1,6 miliardi registrato nello stesso periodo del 2020. Per quanto riguarda il solo terzo trimestre, la banca ha raggiunto un profitto netto di 1,058 miliardi, con un balzo del 55,6% rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso. Ciò ha consentito di alzare i target per la fine del 2021: la guidance per l'utile netto sottostante è stata aumenta a «oltre 3,7 miliardi» (dalla precedente che prevedeva un dato «sopra 3 miliardi"). Sale anche quella annuale per i ricavi che ora sono visti a 17,5 miliardi (da 17,1 miliardi). La conference call con gli analisti sui conti trimestrali, per tutte le big del credito, è solitamente tenuta dai manager operativi come appunto l'ad affiancato spesso dal direttore finanziario. Negli ultimi giorni, però, all'appello delle dichiarazioni sullo stop della trattativa col Mef è sempre mancata la parola di Pier Carlo Padoan. Ex ministro del Tesoro, fu lui a varare il Monte di Stato con la ricapitalizzazione precauzionale del 2017, nonché ex deputato del Pd (il suo posto è stato preso alle ultime suppletive senesi da Enrico Letta), nell'ottobre del 2020 è entrato nel cda di Unicredit e in aprile è stato ufficialmente nominato presidente. Lo scorso 29 luglio «ha ritenuto di astenersi dalla deliberazione del consiglio di amministrazione» in merito all'esclusiva con il Tesoro per rilevare una parte di Mps, riportava una nota del gruppo. In cui si sottolineava che la decisione di Padoan è stata presa «pur in assenza di qualsivoglia conflitto di interessi e in piena indipendenza di giudizio in ragione del suo precedente incarico di ministro dell'Economia e delle finanze».Poi il silenzio. A parte qualche intervento su altri temi: il 6 ottobre, al Salone della Giustizia, per dire che «bisogna fare in modo di convogliare le risorse del sistema Italia, ossia il risparmio, verso gli investimenti privati» e «in tutto questo le banche hanno un ruolo importante da svolgere». Undici giorni dopo, a margine dell'inaugurazione del Vinitaly a Verona, per assicurare che «Unicredit è molto impegnata nell'attività di sostegno alle imprese». Agli atti di quest'anno restano, per il resto, due interviste: la prima rilasciata a Repubblica il 5 febbraio in cui il presidente sottolineava che «Unicredit vuole crescere, senza escludere operazioni per linee esterne. Crescerà anche diventando più verde e più sostenibile, come alfiere dei criteri Esg che regolano appunto ambiente, sostenibilità e governance». Quanto a Mps, si era limitato a dire in quei giorni, «sarà valutata come le altre, facendo i conti» passando la palla al nuovo ceo che «se ne occuperà direttamente». E assicurando di non essere stato «né chiamato, né spinto dalla politica in Unicredit e continuo ad essere estraneo a pressioni politiche». Qualche mese dopo, il 31 maggio, al Foglio aveva offerto un commento di ampio respiro, partendo - senza citare il Monte - dal «tema delle aggregazioni cruciale non solo per l'Italia ma per l'intera Europa», e evidenziando poi ruolo di Unicredit che «può svolgere un ruolo concreto come motore del cambiamento, di indirizzo tra finanza buona e meno buona e di transition financing verso un'economia più green». Riferimenti al «rosso» di Siena, zero.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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