2025-05-11
Una piazza per ribadire che la vita è un valore per religiosi e laici
A Roma in 10.000 alla manifestazione del mondo pro life per «dare voce a chi non ne ha».La domanda che viene posta ogni anno è il senso della manifestazione: che bisogno c’è di una kermesse pubblica accompagnata da slogan e bandiere e striscioni inneggianti alla vita? La risposta è fin troppo facile, oggi più che mai: se solo ci guardiamo attorno, vediamo quotidianamente eventi di morte, di negazione della vita debole e fragile, di cancellazione del diritto alla vita di cui è titolare ogni essere umano, dall’embrione all’anziano demente. Dalle guerre in corso - la «terza guerra mondiale a pezzi», come ci disse papa Francesco - alla drammatica «fabbrica» degli aborti che neppure la pandemia è riuscita a rallentare. Parliamo di milioni di esseri umani cui si è impedito di nascere, e di altrettante vite immolate sull’altare della geopolitica di potere. Innocenti che il moderno «Erode» sacrifica ogni giorno in nome di principi assurdi e disumani come l’autodeterminazione senza limiti e l’eugenetica degli «imperfetti». Stiamo avvicinandoci ogni giorno di più ad un nuovo drammatico traguardo: dopo la legalizzazione dell’omicidio (così lo aveva definito papa Francesco) del bimbo nel grembo della sua mamma, ora si pretende la legalizzazione del suicidio, con il supporto dell’arte medica. Siamo di fronte - forse senza che ne abbiamo piena consapevolezza - a uno stravolgimento radicale del senso dell’umano: la tragedia del suicidio viene trasformata in un «diritto civile» cui la medicina deve prestare servizio! Il medico che, da sempre, l’umanità ha conosciuto come il grande difensore della vita e della salute, diviene oggi la causa diretta della morte di un paziente debole, sofferente, bisognoso di tutto, nascondendosi dietro l’ipocrita giustificazione delle libertà di scelta individuale. Tutti sappiamo che lo stato di diritto, in una società civile, non funziona così: la vita ha una «sacralità» non solo religiosa, ma anche fortemente laica, essendo il fondamento di ogni altro diritto, di ogni libertà e di ogni altro bene. Oggi essere rivoluzionari e contestatori dello stato borghese significa mettersi dalla parte della difesa della vita, in opposizione alle multinazionali del potere mediatico che stanno indottrinando i nostri giovani, riempiendo il loro cervello di slogan privi di ogni senso umano: diritto di aborto, diritto di suicidio assistito, diritto di utero in affitto, diritto di fluidità di genere, diritto di uccidere nell’utero materno chi non è perfetto. È in atto un programma di imbarbarimento della coscienza umana, al quale vogliamo opporci con grande determinazione e coraggio, manifestando per le pubbliche vie così da «dare voce a chi non ha voce». E chi non ha voce più del feto, del bimbo in utero, dell’anziano fragile, dell’uomo e della donna resi deboli dalla malattia e dal dolore? Lo scorso anno, papa Francesco inviò un forte messaggio di condivisone, invitandoci a non perdersi d’animo, non scoraggiarsi, non fare compromessi: «Di fronte alla vita non si fanno compromessi! La posta in gioco è troppo alta per essere oggetto di compromessi o mediazioni». Avanti con coraggio, «nonostante ogni avversità»: questo è il sentire profondo che anima il «popolo della vita» che ha marciato per vie di Roma. La storia ci insegna che tutte le ideologie anti-umane, che hanno tentato di avvelenare la coscienza e cercato di sradicare l’immagine di Dio dal cuore dell’uomo, sono miseramente crollate, portandosi dietro, purtroppo, sangue e lacrime: così è stato del nazifascismo e del comunismo. E così sarà certamente per le ideologie woke, oggi tanto di moda: finiranno miseramente nel gorgo delle loro assurdità. Oggi, però, abbiamo il dovere il mantenere accesa e vivida la fiamma della vita: Come diceva Bertolt Brecht, «Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere». Appuntamento fra un anno, alla prossima manifestazione, con la promessa che ogni giorno, in ogni luogo e in ogni circostanza, ci si potrà trovare sempre al fianco di chi vede violato il proprio diritto della vita.