
Le domande arrivate agli agricoltori della Cia sono qualche decina appena, alla Coldiretti poche di più. Le aziende si sono già organizzate per la stagione, e non hanno bisogno di regolarizzare i clandestini.Dino Scanavino, presidente di Cia-Agricoltori italiani, non sembra affatto sorpreso quando pronuncia le parole «poche unità». Lo dice riferendosi ai migranti che si sono presentati nelle sedi della sua associazione sparse sul territorio italiano per chiedere informazioni sulla regolarizzazione voluta dal governo. Significa che, a livello nazionale, praticamente nessuno ha fatto richiesta di essere sanato, almeno presso gli uffici della Cia. Anche l'altra grande organizzazione agricola, la Coldiretti, descrive una situazione analoga: «Non abbiamo grandissime richieste», spiega Romano Magrini, responsabile Lavoro e immigrazione. «A livello nazionale i numeri sono veramente esigui, parliamo di un centinaio di domande o poco più in tutta Italia». Certo, siamo soltanto ai primi di giugno, dall'avvio della regolarizzazione è passata una settimana scarsa. Ma sembra proprio che la partenza non sia stata delle più scoppiettanti. Lo ha riconosciuto perfino Repubblica, un paio di giorni fa, dopo un rapido sondaggio fra Caf e patronati: «Nel primo giorno utile le richieste di datori di lavoro e immigrati senza permesso di soggiorno sono arrivate col contagocce», ha scritto il giornale progressista. «I dati del Viminale parlano di alcune centinaia». Dal ministero dell'Interno, ieri, ci hanno risposto negando che i numeri siano questi, ma non hanno voluto fornire altre cifre. A quanto pare, i dati ufficiali verranno comunicati in tre momenti diversi: dopo 15 giorni, dopo 30 e dopo 45. Per ora ci dobbiamo accontentare delle valutazioni «informali». Intanto, però, rimangono enormi perplessità, soprattutto alla luce del modo in cui la sanatoria era stata presentata. Teresa Bellanova, ministro dell'Agricoltura, prima di commuoversi in conferenza stampa, aveva ribadito più e più volte che la regolarizzazione dei clandestini era necessaria. A metà maggio, intervenendo in una diretta via Facebook organizzata da Italia Viva, fu categorica: «Se oggi le fragole le paghiamo di più non è per una pratica sleale», disse, «ma perché se ne raccolgono meno, non ci sono persone sufficienti per la raccolta. Un rischio che avremo anche per le prossime raccolte, a partire dalle albicocche». Qualche giorno dopo, a provvedimento approvato, il ministro precisò che - considerata l'urgenza - gli stranieri avrebbero potuto essere operativi in tempi strettissimi: «Il decreto prevede la presentazione della domanda dal primo giugno», disse. «Nel momento cui fa richiesta il cittadino viene iscritto nella lista dei disoccupati e riceve un permesso temporaneo, quindi dal giorno dopo, dal 2 giugno, è nella condizione di essere impiegabile se i datori di lavoro sono interessati a fare un contratto. Che i lavoratori saranno disponibili a settembre è una cosa che semplicemente non esiste». A oggi, però, sembra proprio che di lavoratori disponibili per le aziende agricole non ce ne siano, o comunque che ce ne siano pochissimi. Poco male, in fondo, perché alla fine dei conti non ce n'è bisogno. Vogliamo essere ottimisti, e credere che qualcuno riuscirà ad ottenere un impiego nei campi, ma se ciò avverà, lo vedremo soltanto più avanti, alla faccia della presunta urgenza. «Ci sono ancora molte criticità», spiega Dino Scanavino di Cia. «Restano incertezze riguardo ai costi, in particolare all'ammontare del contributo forfettario che le aziende dovranno versare. In ogni caso, per come è stata fatta questa norma, non mi sembra che ci siano le condizioni perché gli imprenditori si precipitino. Si presenteranno probabilmente colf e badanti, ma questa sanatoria non è stata fatta per l'agricoltura». Quasi identica l'impressione di Coldiretti: «Dobbiamo ancora capire bene l'aspetto contributivo», conferma Romano Magrini. «Ci sono ancora aspetti burocratici da chiarire, specialmente per quel che riguarda la modulistica. Comunque sia, questa regolarizzazione non ha un grosso appeal per il settore agricolo. Le aziende italiane hanno sempre utilizzato gli stranieri che arrivavano con il decreto flussi (circa 30-35.000 persone, ndr), non hanno mai avuto bisogno di lavoratori in nero. In occasione della precedente sanatoria, su circa 200.000 regolarizzati, solo 4.000 erano lavoratori agricoli. In questo caso ci aspettiamo che si regolarizzino tra i 1.000 e i 3.000 lavoratori». Cifre molto diverse rispetto a quelle fornite dal governo, secondo cui si regolarizzeranno più o meno 220.000 persone. Può darsi anche che accada, è vero, visto che il 15 luglio (giorno in cui si chiuderà la finestra della regolarizzazione) è ancora abbastanza lontano. Ma una cosa è certa: al settore agricolo il grande condono dei clandestini - a differenza di quanto ripetuto dall'esecutivo - non giova. Con la riapertura delle frontiere, circa 150.000 lavoratori stranieri comunitari potranno entrare in Italia e trovare posto in aziende in cui in molti casi hanno già lavorato in passato. E, purtroppo, è molto facile che gli extracomunitari impiegati in nero (in gran parte in alcune zone del Sud) non vengano mai regolarizzati, perché a gestire le loro esistenze è la criminalità organizzata. Se davvero ci fosse stato un immenso e immediato bisogno di manodopera straniera, inoltre, probabilmente le domande sarebbero giunte in massa sin dal primo momento, e così non è stato. A quanto risulta, poi, le varie aziende si sono già organizzate per la raccolta di albicocche e pesche: la stagione è già coperta. Comunque vada a finire, insomma, abbiamo la conferma: la regolarizzazione non serve agli agricoltori. Ma allora, ci chiediamo, a chi serve davvero?
Ansa
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