2021-12-12
«Una canzone dev’essere qualcosa di vero»
È il principio cui si è sempre attenuto Mogol in 60 anni di carriera e brani indimenticabili.Una raccolta attraverso la quale carpire i segreti di un genio musical-letterario. Mogol - Oltre le Parole, Antologia commentata (Minerva Edizioni, 2021, pp. 271, euro 20) non è un libro come tanti, scritto per dar voce ad una conoscenza personale. È, piuttosto, il tentativo ponderato di capire e scoprire, insieme a Giulio Rapetti Mogol, come possa una carriera durare sessant’anni, come possa mantenere intatta la propria intensità e l’arte non esaurirsi in un esercizio sterile e ripetitivo. A scriverlo, insieme alla giornalista Vittoria Frontini, è stato Clemente Mimun, che la produzione di Mogol ha scandagliato fino a tirarne fuori le sessanta canzoni più rappresentative, una per ogni anno di attività. Al di là, Emozioni, Pensieri e Parole, Balla Linda, E penso a te, il sodalizio artistico con Lucio Battisti, la cui assenza il paroliere giuria di avvertire ancora oggi, Sanremo, l’Equipe 84, Riccardo Cocciante, Lucio Dalla, Gianni Morandi. Il volume, la cui narrazione è preceduta da un’intervista di Mimun a Mogol, ripercorre per intero la carriera del Maestro, intrecciando l’analisi con il racconto della quotidianità. Di impulsi, azioni, di bisogno veri, la cui traduzione in parole sarebbe la chiave di un successo tanto duraturo.Mogol, nelle pagine scritte insieme a Mimun e alla Frontini, avrebbe potuto giustificare il proprio talento con riferimenti a doni elitari, di quelli che la Natura concede a pochi. Invece, ha scelto di spiegare i propri sessant’anni di attività attraverso il realismo. Le canzoni scritte, capaci ancora oggi di suonare attuali, potenti, avrebbero vinto il tempo perché riflesso genuino di quel che Mogol ha vissuto. Di esperienze semplici, romanzate quel tanto che basta da essere rese universali. «È molto importante raccontare qualcosa che sia aderente alla vita, quindi reale, possibile, qualcosa che sia realmente accaduto o che possa accadere. Una canzone non dev’essere scritta per commuovere la gente o per una ricerca di mercato. Dev’essere qualcosa di vero. Se le parole riescono a esprimere ciò che è nascosto nella musica allora si raggiunge l’emozione», ha spiegato il paroliere, svelando il dietro le quinte del proprio processo compositivo e dando un nome, nell’antologia, a figure oggi mitologiche: alla ragazza con le calzette rosse, cantata nella Canzone del Sole, a Linda, che gli occhi azzurri «belli come i suoi forse non li hai».
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