2018-12-28
Un morto e quattro feriti. Il peggio degli ultrà si è radunato a San Siro con mazze e roncole
Agguato alla carovana di tifosi napoletani: a dar man forte agli interisti sono arrivati pure da Nizza e da Varese, come l'uomo investito e ucciso.Il giocatore africano Kalidou Koulibaly è stato insultato per il colore della pelle senza che nessuno (dalle istituzioni alla Figc, alle squadre) abbia mosso un dito. Sul tema fa comodo solo urlare. Rigorosamente dopo i fattacci.Due turni di squalifica allo stadio, colpiti anche gli abbonati che non c'entrano nulla con le bestialità dell'altra sera. Ipotesi assurda: fermare la A. Gravina: «No, si gioca».Lo speciale contiene tre articoli Milano, ore 19.30 del giorno di Santo Stefano, angolo tra via Fratelli Zoia e via Novara: dieci furgoncini da nove posti l'uno partiti da Napoli sono fermi in coda nel traffico meneghino, insieme ad altre auto. La polizia li attende a due minuti di strada per scortarli allo stadio Meazza, dopo esser stata avvisata via radio da una volante che li aveva notati all'uscita della tangenziale e aveva cominciato a seguirli. Un gruppo di ultrà nerazzurri, affiancati anche da elementi provenienti dalle curve del Nizza e del Varese (circa 100 persone coperte da cappucci e passamontagna) anticipa il servizio d'ordine e si fa strada tra le auto. L'assalto è immediato. Il primo furgoncino viene colpito con mazze da baseball e bastoni. I tifosi del Napoli scendono e in strada scoppia la rissa: quattro ultrà partenopei vengono accoltellati durante gli scontri. Tre di loro verranno medicati sul posto. Il quarto, con un brutto taglio all'altezza dell'addome, finirà in codice giallo all'ospedale Sacco. Sono minuti di violenza cieca, poi, all'arrivo in forze della polizia, scatta una fuga generale. Tra i fumogeni e le auto che sgommano, un Suv di colore scuro fa manovra, si sposta sulla corsia di sorpasso e, contromano, parte a tutto gas. Nelle immagini recuperate dalla Digos si vede che il mezzo urta un uomo e lo sbalza a terra. L'indagine della polizia sugli scontri tra i tifosi della partita Inter-Napoli di mercoledì comincia da qui. Da questo momento preciso. E da un'accusa che, con molta probabilità, sarà omicidio stradale: «Non si sa chi era alla guida del Suv e non abbiamo nemmeno la certezza che si sia accorto», ha spiegato il questore di Milano, Marcello Cardona. La vittima della manovra era fra gli ultrà dell'Inter: Daniele Belardinelli detto Dede, classe 1983, di Varese, piastrellista con una passione per le arti marziali, indicato come uno dei capi della frangia di tifosi del Varese calcio (gemellati con gli ultrà dell'Inter) denominata Blood & Honour, Sangue e onore, motto della gioventù hitleriana. Belardinelli aveva precedenti specifici per reati da stadio e due Daspo (diffide dalla partecipazione a eventi sportivi) alle spalle. Nel 2007 diede un schiaffo a Sean Sogliano, all'epoca direttore sportivo del Varese, perché non voleva far scendere in campo la squadra dopo la morte del tifoso laziale Gabriele Sandri. Scontato il primo Daspo, fu coinvolto in uno scontro tra tifoserie durante una partita amichevole tra Como e Inter (occasione in cui, esattamente come l'altroieri, i tifosi del Varese si recarono sul Lario per dar man forte agli interisti contro i rivali di turno) che gli costò altri cinque anni di lontananza coatta dagli stadi. A Varese era noto anche per i suoi successi nella scherma corta con la Fight academy di Morazzone (paese in cui viveva). Era infatti campione in tutte le specialità di gara: coltello, giacca e coltello e capraia. «I primi ad attirare l'attenzione sulla vittima», ha spiegato il questore, «sono stati i tifosi del Napoli, poi quelli dell'Inter lo hanno portato in macchina in ospedale». I medici hanno provato disperatamente a intervenire sulle gravi lesioni alla milza, all'aorta toracica e addominale e sulle diverse fratture, tra cui quella al femore. Ma non c'è stato nulla da fare e, ieri mattina alle 4.30, l'ultrà del Varese è morto. «Si sono dette molte cose sbagliate su di lui», ha dichiarato ieri la moglie Cristina a Varesenews, «era un bravo padre e un gran lavoratore. La casa, le macchine e il furgone sono il frutto del suo lavoro». Anche dal mondo del basket arrivano attestati di stima per Belardinelli: dalla tifoseria organizzata della curva dell'Olimpia Milano al Forum di Assago fanno sapere di aver avuto «il privilegio di conoscerlo e di ammirare il suo esempio di stile ultrà».Nessuno si sbilancia su un possibile legame tra i tafferugli e l'investimento. Anche perché la dinamica è ancora in fase di analisi e gli investigatori stanno ancora raccogliendo i video amatoriali girati con gli smartphone dai passanti. L'investitore anonimo potrebbe anche essere un automobilista che si è trovato lì per caso e che, preso dal panico, ha azzardato la manovra ed è partito a tutta velocità. Oppure potrebbe trattarsi di un tifoso che cercava di raggiungere lo stadio, anche se, confermano gli investigatori, di solito soltanto i furgoncini viaggiano in carovana. E se da un lato la polizia è concentrata nella caccia al pirata della strada, dall'altro sta cercando di individuare uno a uno i facinorosi che hanno eseguito quella che il questore ha definito «un'azione squadrista». Che, probabilmente, le tifoserie meditavano già da tempo. Gli ultrà del Nizza (che come quelli del Varese sono gemellati con i nerazzurri) non erano ancora riusciti a regolare i conti con i napoletani per gli scontri durante i preliminari di Champions League del 2017. L'agguato, insomma, per la dinamica con cui si è sviluppato, ha tutta l'aria di essere stato premeditato. Anche per questo motivo in Questura si respira aria pesante. Il questore (per motivi di ordine pubblico che, si apprende da fonti dell'ufficio di gabinetto, motiverà nelle sedi opportune) ha chiesto di vietare le trasferte dell'Inter fino alla fine del campionato e la chiusura della curva Nord di San Siro fino a marzo 2019 (ovvero altre cinque partite). Tre ultrà interisti coinvolti nella guerriglia sono stati già individuati e arrestati. L'accusa è rissa aggravata e lesioni personali. Su quella che gli investigatori ora chiamano «scena dell'evento» è stata recuperata, tra vari bastoni, spranghe e martelli, anche una roncola. «Saranno emessi Daspo durissimi per tutti quelli che hanno partecipato all'agguato», ha annunciato il questore, proprio mentre i suoi uomini, dopo le perquisizioni nelle abitazioni dei sospettati, stanno valutando almeno nove provvedimenti da emettere nelle prossime ore.Fabio Amendolara<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-morto-e-quattro-feriti-il-peggio-degli-ultra-si-e-radunato-a-san-siro-con-mazze-e-roncole-2624518555.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-guai-del-calcio-non-si-risolveranno-con-lantirazzismo-della-domenica" data-post-id="2624518555" data-published-at="1758234867" data-use-pagination="False"> I guai del calcio non si risolveranno con l’antirazzismo della domenica Tutti eroi del giorno dopo. Tutti in corsa per l'Abbondino d'oro, premio alla carriera dedicato a chi si avvicina di più al don Abbondio manzoniano. Quello che decideva di non decidere perché «il coraggio uno non se lo può dare». Il sindaco, l'arbitro, il questore, l'allenatore, i colleghi in campo, il procuratore federale; tutti protagonisti a San Siro durante Inter-Napoli dello stesso triste presepe che in Italia va di moda da Natale a Ferragosto: quello dello scaricabarile. Perché il problema del razzismo negli stadi non riguarda soltanto una minoranza di imbecilli che alimentano le loro frustrazioni ululando contro gli avversari di colore, ma affonda le sue radici nell'insipienza, nella cattiva coscienza, nell'inettitudine delle autorità incapaci di far rispettare regole solennemente stabilite. Da noi funziona a meraviglia solo la filosofia della «prossima volta». Per accorgersene basta ascoltare le dichiarazioni delle statuine gallonate il giorno dopo i fatti, quando Kalidou Koulibaly era ormai uscito di scena cornuto e mazziato; quando la partita era inevitabilmente virata in rissa (da boxing game a game di boxe); quando le tv che pagano miliardi per comprare un simile spettacolo avevano mostrato ovvia indignazione. Allora, solo allora, le autorità hanno aperto le imposte e hanno fatto capolino da dietro le loro tendine di pizzo. Il sindaco arcobaleno di Milano, Beppe Sala, è stato il primo in ordine di apparizione: «Chiedo scusa al giocatore insultato a nome mio e della Milano sana, che vuol testimoniare che si può sentirsi fratelli nonostante i tempi difficili in cui viviamo. Mi piacerebbe che a Empoli la fascia di capitano dell'Inter la portasse Asamoah. La prossima volta ai primi buu mi alzerò e me ne andrò». Poteva farlo in diretta. Uscire dalla tribuna d'onore è facile, basta chiedere a Javier Zanetti di spostarsi un attimo. In Italia non mancano mai l'indignazione del giorno dopo e la minaccia civile: c'è sempre una prossima volta. Anche per il questore Marcello Cardona, ex arbitro, che spiega: «Qui siamo nella demenza di offendere la squadra avversaria anche quando ci sono giocatori di colore nella propria. Dopo gli ultimi cori a cinque minuti dalla fine la partita andava sospesa». E perché mai la massima autorità di pubblica sicurezza della città non l'ha fatta sospendere? «Era il caso di creare casino pubblico con tutto quello che stava succedendo? No». In attesa di sapere quando è il caso - di sicuro «la prossima volta» -, e in attesa di vedere i giocatori di colore della squadra avversaria, per esempio dell'Inter, andarsene per solidarietà (sarebbe un gesto impagabile, mai che succeda), registriamo la dichiarazione dell'allenatore del Napoli, Carlo Ancelotti: «Abbiamo chiesto tre volte la sospensione ma niente. La prossima volta ci fermiamo noi, dobbiamo lasciare il campo». Poteva alzarsi dalla panchina, andare dal collega Luciano Spalletti e dirgli: «Se tu non ti vergogni per ciò che succede, mi vergogno io. Ce ne andiamo insieme o me ne vado da solo. Ciao». Non ha avuto il coraggio di farlo, anche per lui c'è sempre una prossima volta, anche lui don Abbondio. Ora chiacchierano tutti, anzi fanno a gara, si arrampicano l'uno sulle frasi dell'altro, salgono sulla babele di congetture, promettono pene esemplari. Ma mentre i buu travolgevano Koulibaly e la sua dignità, nessuno si è mosso. E non raccontiamoci la favola della sorpresa, perché gli stessi latrati si sentono tutte le domeniche in tutte le partite, quando non compaiono le banane. Dov'era l'arbitro Paolo Silvio Mazzoleni, che avrebbe potuto sospendere la gara? Aveva forse un brano dei Deep Purple a palla negli auricolari? «È l'ultima che mi fai, domani ti punisco». Molti genitori sanno che questo è il modo migliore per trasformare figli vivaci in bimbi minkia autoreferenziali e fuori controllo; figuriamoci se il metodo può funzionare con gli ultrà inclini al razzismo più becero. Con la filosofia della «prossima volta» non si va lontani, al massimo si finisce per penalizzare la parte sana della tifoseria con le squalifiche del campo. Il peggio non poteva che arrivare dalla Procura federale, l'organo di disciplina sportiva, che ha un suo rappresentante negli stadi e dovrebbe coordinarsi con il questore per indurre il mondo sportivo a prendere le decisioni più gravi. Ventiquattro ore dopo i fatti, il procuratore Giuseppe Pecoraro affermava, come se si trattasse di un caso del tutto teorico riguardante qualcosa avvenuto in Alaska: «Per me quella partita andava sospesa». Il razzismo negli stadi si debella con due parole che ovunque hanno un senso, ma nell'Italia tutta incenso e sacrestia fanno ribrezzo: legge e ordine. In Inghilterra la violenza è stata debellata così. Ancora oggi esistono gli hooligans e le risse nei pub di Liverpool o di Manchester non fanno notizia. Ma dentro gli stadi non si sente volare una mosca perché chi viola le regole finisce in carcere: processo per direttissima, Daspo a vita, prigione. E il conto dei danneggiamenti recapitato a casa. Funziona. Da noi si tende a dilazionare, a giustificare, a voler applicare anche laddove è impossibile l'ipocrisia del perdonismo. Tre anni fa a Bergamo, per stroncare un raid vergognoso in centro città fra le mamme con i passeggini, la polizia arrestò una quindicina di ultrà. Alcuni minorenni, tutti incarcerati. Nei giorni successivi la questura si trovò davanti a un problema inatteso; i genitori in processione ne chiedevano la liberazione, accompagnati da amici sacerdoti e da un'unica inquietante giustificazione: «In fondo sono tutti figli di questa terra». Gridare al lupo prima e lavarsi la coscienza dopo (all'italiana) è perdente, mortificante. Ecco perché responsabili delle miserie da stadio non sono solo i teppisti ma anche chi, pur avendone l'autorità, non fa rispettare le leggi. Se non domani. L'ultima statuetta del triste presepe è il professionista della strumentalizzazione, colui che (come spiegava Albert Camus ne La peste) getta topi infetti dai tombini. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha parlato di «razzismo di Stato». «Poteva mai essere sospesa la partita in un Paese che vede nel governo un ministro dell'Interno che dovrebbe garantire la sicurezza negli stadi, ma che cantava qualche anno fa cori razzisti contro i napoletani?». Buttarla in politica significa dare forza ai reprobi. E costringere Koulibaly a scendere in campo anche la prossima volta con i tappi nelle orecchie. Giorgio Gandola <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/un-morto-e-quattro-feriti-il-peggio-degli-ultra-si-e-radunato-a-san-siro-con-mazze-e-roncole-2624518555.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="meazza-chiuso-castigati-gli-onesti" data-post-id="2624518555" data-published-at="1758234867" data-use-pagination="False"> Meazza chiuso, castigati gli onesti Il conto della vergogna dei cori e degli ululati razzisti partiti dalla curva nord di San Siro nel corso di Inter-Napoli lo pagheranno i tifosi perbene: il giudice sportivo, Gerardo Mastrandrea, ieri ha inflitto alla società nerazzurra due gare a porte chiuse, mentre una terza verrà disputata con la sola curva chiusa. L'Inter giocherà senza il suo pubblico il match di Coppa Italia contro il Benevento (il prossimo 13 gennaio) e quello contro il Sassuolo alla ripresa del campionato di serie A (19 gennaio). La sanzione, si legge nella motivazione, è stata inflitta per «cori insultanti di matrice territoriale, reiterati per tutta la durata della gara, nei confronti dei sostenitori della squadra avversaria, provenienti dalla grande maggioranza dei tifosi assiepati nel settore indicato e percepiti anche in tutto l'impianto» e per «coro denigratorio di matrice razziale» indirizzato al difensore del Napoli Kalidou Koulibaly. Per lo stesso Koulibaly arriva una squalifica per due giornate, «per comportamento scorretto nei confronti di un avversario; già diffidato (una giornata); per avere, al 35° del secondo tempo, dopo la notifica del provvedimento di ammonizione, rivolto al direttore di gara un ironico applauso (una giornata)». Due turni di squalifica anche per Lorenzo Insigne, attaccante dei partenopei espulso «al 48° del secondo tempo per avere rivolto al direttore di gara un epiteto gravemente insultante, sanzione aggravata perché capitano». Il questore di Milano, Marcello Cardona, aveva chiesto di «vietare le trasferte dell'Inter fino al termine del campionato» e «l'immediata chiusura della curva per cinque giornate e una di Coppa Italia, fino al 31 marzo 2019». La Prefettura di Firenze - per competenza territoriale - ha deciso di chiudere il settore ospiti per la gara tra Empoli e Inter in programma domani nella cittadina toscana. Sarà anche proibita la vendita di biglietti per lo stadio Castellani ai residenti in Lombardia. Ancora una volta, dunque, la stupidità di un manipolo di ignoranti finisce per colpire i veri tifosi, gli appassionati di calcio, le famiglie che vanno allo stadio per godersi lo spettacolo e sostenere la propria squadra. Subito dopo l'annuncio della chiusura di San Siro per due turni, sui social network si sono moltiplicate le proteste dei tifosi interisti e in particolare degli abbonati, che non potranno assistere alle prossime due partite, con un danno economico e morale non indifferente. In molti, dopo la morte dell'ultrà Daniele Belardinelli, avevano chiesto lo stop al campionato di Serie A, ma la Figc ha detto no: il prossimo turno si disputerà regolarmente. «Sabato in Serie A si gioca», ha detto il presidente della Figc, Gabriele Gravina, «ho parlato un po' con tutti per sentire il clima intorno a ciò che è successo ieri e all'unanimità, dai sottosegretari Giorgetti e Valente alla Lega di Serie A e al presidente del Coni, abbiamo deciso di andare avanti». Intanto, sul campionato incombe il braccio di ferro tra Carlo Ancelotti e la Figc. Il tecnico azzurro, che ha lamentato la mancata sospensione della partita, ha annunciato che se dovessero ripetersi cori razzisti sarà il Napoli a lasciare il campo. «Se una squadra», ha risposto Gravina, «decidesse di lasciare il campo per cori razzisti violerebbe le norme». Carlo Tarallo
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco