In Germania, controlli alle frontiere e respingimenti record nonostante il verdetto europeo. Olaf Scholz vuole pure rinnovare l’intesa con Recep Tayyip Erdogan, che maltratta i richiedenti asilo. Svezia e Olanda rimpatriano in Iraq e Siria.
In Germania, controlli alle frontiere e respingimenti record nonostante il verdetto europeo. Olaf Scholz vuole pure rinnovare l’intesa con Recep Tayyip Erdogan, che maltratta i richiedenti asilo. Svezia e Olanda rimpatriano in Iraq e Siria.Quello con l’Albania è «un accordo cinico, che viola il diritto a chiedere asilo» e «si pone in contrasto con leggi italiane, europee, internazionali». Elly Schlein è aggrappata ai magistrati, che a loro volta, per svuotare il Centro per i rimpatri di Gjadër, si sono aggrappati al verdetto della Corte Ue del 4 ottobre. Ma mentre il Pd sale sull’eurobarcone dei giudici di Roma e di Strasburgo, mezzo continente se ne infischia di criteri per individuare i Paesi sicuri e sindacato giudiziario sulle liste. Semplicemente, sentenza o non sentenza, gli Stati membri dell’Unione proseguono a cacciare chi non ha titolo alla protezione internazionale. E spesso, la destinazione dei migranti è tutt’altro che priva di pericoli.Prendiamo la Germania. Non è un esempio scelto a caso: lì, al governo, tra mille difficoltà, c’è il Partito socialdemocratico del cancelliere Olaf Scholz. È sotto la sua gestione che, il 16 settembre, sono ripresi i controlli alle frontiere occidentali - quel che equivale a una sospensione del Trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone. Ebbene: il ministero dell’Interno ha comunicato che, in poco più di un mese, sono stati respinti circa 1.000 stranieri. I dati arrivano fino al 20 ottobre; il verdetto cui si appigliano Magistratura democratica e la Schlein, a quel punto, era già uscito da 16 giorni. Tuttavia, le verifiche straordinarie non sono state interrotte. Gli allontanamenti non si sono fermati in ossequio alla Corte Ue. E non risulta che un qualche magistrato tedesco sia intervenuto a gamba tesa, interferendo con l’azione politica dell’esecutivo. Le autorità di Berlino stanno rispedendo gli ospiti sgraditi addirittura nell’Afghanistan dei talebani. È successo subito dopo l’attentato a Solingen e il ministro Nancy Faeser ha assicurato che altri voli partiranno. Il primo novembre, la polizia federale diffonderà il bilancio delle attività di sorveglianza ai confini. C’è da scommettere che più le cifre saranno alte, più il partito del cancelliere se ne vanterà. Scholz già rivendica: «Ci sono stati meno arrivi».Per motivi di affiliazione politica, il capo del governo tedesco non può coprire di elogi la Meloni. Così, in un’intervista all’emittente Zdf, ha dichiarato che il modello Albania «non è la soluzione per arginare l’aumento dell’immigrazione irregolare». Ma non lo ha fatto per invocare più accoglienza. Al contrario: la sua idea è che «meno persone dovrebbero venire in Europa». Perciò, egli vorrebbe «una proroga dell’accordo tra Unione europea e Turchia. Il governo del presidente Erdogan», ha ricordato il leader della Spd, «riceve miliardi dall’Ue per impedire ai richiedenti asilo di attraversare il Mar Egeo verso la Grecia e la Bulgaria». Scholz non ha ricordato, invece, che il 10 ottobre, a sei giorni dalla fatidica sentenza Ue, la Commissione ha esortato Ankara ad approfondire le «accuse di illeciti» nei suoi centri per migranti. L’organizzazione giornalistica Lighthouse reports aveva infatti denunciato sovraffollamento, abusi, torture e casi di richiedenti asilo obbligati a firmare documenti di rimpatrio «volontario». Alla sinistra teutonica interessa poco: Recep Erdogan, come avrebbe detto Mario Draghi, è un «dittatore di cui si ha bisogno». Ed Edi Rama, il premer albanese? È forse uno spietato aguzzino? Cosa ne pensa la Schlein, alleata di Scholz a Bruxelles? Giusto ieri, la segretaria dem ha accusato l’Europa di aver avuto un approccio spietato al problema dell’immigrazione: «Spostare fuori, fare accordi cinici, a volte con dittatori, con i soldi dei cittadini europei, che poi si sono rivelati inefficaci per bloccare i flussi». Più che alla Biennale Legacoop di Bologna, doveva raccontarlo a Berlino.La Germania, d’altronde, non è l’unica a planare sopra la giurisprudenza di Strasburgo. Il 9 ottobre, la Svezia ha fatto decollare un aereo per Baghdad con 22 iracheni. Come ha segnalato ieri Libero, il nuovo governo olandese intende facilitare i rimpatri verso la Siria. E il ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, ha fissato per la settimana prossima una trasferta in Marocco - che un giudice italiano aveva definito Paese non sicuro - dove siglerà un’intesa sulle «riammissioni» dei migranti.In generale, sui respingimenti, l’Europa è incagliata. Stando alle rilevazioni Eurostat, nel secondo trimestre 2024, le richieste di espulsione sono scese del 7%, le espulsioni reali del 3,9%. Nella classifica dei 27, comunque, l’Italia si piazza molto dietro rispetto alle altre due nazioni fondatrici, Francia e Germania. Dove le toghe non protestano per i diritti umani violati.Nella prima metà del 2024, a fronte di 13.330 ordini di rimpatrio, siamo riusciti a rimandare indietro 2.035 extracomunitari. Dai Cpr, certifica ActionAid, nel 2023 è ripartito il 10% degli irregolari, cioè 2.987 su 28.347. Nel solo secondo trimestre di quest’anno, Parigi invece ne ha cacciati 3.555; Berlino 2.830. Forse il loro è cinismo. Forse gli altri sono troppo furbi. O forse noi continuiamo a essere troppo fessi.
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