2025-10-05
Un mercato unico nel Mediterraneo col sì Usa e il contributo del Vaticano
Per una pacificazione duratura dell’area andrebbe sviluppata l’intuizione del Progetto Ekumene: una zona di libero scambio che farebbe da raccordo tra Atlantico e Indo-Pacifico. E in cui noi avremmo un ruolo centrale.La vera e concreta azione per la soluzione del conflitto nel Medio Oriente con sollievo sia per i palestinesi sia per Israele è l’ingaggio diretto degli Stati Uniti con un ruolo di potenza dirimente che indichi un compromesso accettabile e utile da tutte le parti. La differenza con altri tentativi di pacificazione nella storia recente è che questa volta sia il consenso delle nazioni arabe e islamiche sunnite per il piano di pace americano è ampio sia Israele lo accetta: la resa e smilitarizzazione di Gaza via espulsione di Hamas (ed eliminazione di un proxy dell’Iran) è il punto principale del progetto che è voluto da tutti, in particolare dall’Autorità palestinese. Pur con mal di pancia vi ha aderito anche la Turchia. Pertanto questa volta la probabilità della pacificazione con raggio regionale è più elevata di quella contraria anche se il processo potrà essere denso di problemi e turbolenze. Ma per aumentare questa probabilità positiva sarebbe utile individuare un obiettivo sistemico che sia di interesse concreto e netto per tutte le nazioni coinvolte e anche oltre. Ritengo che tale obiettivo sia la creazione graduale di un mercato integrato del Mediterraneo che nel gergo del mio gruppo di ricerca ha il nome di Progetto Ekumene. Le simulazioni di geopolitica economica e dei flussi commerciali condotte per l’addestramento dei dottorandi di ricerca hanno però individuato nella creazione di Ekumene un potenziale concreto di sviluppo superiore a quanto pensato in ipotesi iniziale per tutti i partecipanti diretti e indiretti, in particolare per l’economia italiana. Il geomodello di massimo beneficio vede: a) un mercato mediterraneo con istituzioni autonome, ma molto integrato con quello europeo e quindi un trattato futuro di libero scambio tra Ue ed Ekumene; b) uno stimolo alle tre aree di libero scambio ora esistenti in Africa (che mostra uno sviluppo esplosivo pur disordinato) per consolidarsi in un unico accordo coinvolgendo l’area costiera e sahariana con quella subsahariana; c) la connessione via penisola arabica (ferrovia) tra Indo/Pacifico, Mediterraneo e Atlantico settentrionale: tale connettività esterna del Mediterraneo ha il potenziale di essere un moltiplicatore per il mercato mediterraneo stesso, se organizzato; d) l’estensione di Ekumene verso l’Asia centrale favorita dal fatto che le nazioni di questa area esposte all’influenza russa e cinese cercano di mantenere l’autonomia dalle due potenze e quindi vedrebbero con spirito salvifico la connessione forte con Ekumene. Mar Nero? Pur scenario più remoto ci sarebbero certamente conseguenze positive dopo il congelamento del conflitto in Ucraina, anche ipotesi di un vantaggio per la Russia nel dopo Putin che sarebbe un incentivo per recuperare autonomia dalla Cina che la sta satellizzando. Progetto troppo ampio e quindi difficile da realizzare? In realtà nell’interlocuzione con altri think tank cugini (euroamericani e uno australiano) ho notato che anche questi hanno messo allo studio tale ipotesi di nuova regione economica nel mondo ipotizzandone la centralità geoeconomica nel pianeta. E proprio tali colleghi hanno annotato che la politica del governo a conduzione Giorgia Meloni ha un vettore di partenariati bilaterali strategici nell’area complessiva indicata sopra, oltre che verso il Sudamerica e il Pacifico. E mi hanno chiesto che spinta potrà dare l’Italia allo scenario appena detto. Trasferisco la domanda a Palazzo Chigi.Ma qui posso anticipare alcuni vantaggi molto probabili. L’area indicata ha molte nazioni in via di sviluppo con capacità di export minerale: quindi appare quasi ovvio intravedere uno scambio reciprocamente utile tra beni industriali italiani (la cui varietà è prima al mondo) e importazioni di risorse basiche. L’approccio del Piano Mattei basato sull’equità e reciproco rispetto e vantaggio sta ricevendo un consenso crescente. Lo si potrebbe aumentare generando in Italia programmi di formazione industriale avanzata per le nazioni emergenti, regolati da accordi governativi. Ma la concorrenza di altri europei all’Italia per prendere spazio commerciale nell’eventuale strutturazione di Ekumene? Quella della Francia è già evidente e antipatica. La Germania certamente farebbe una proiezione forte, meno antipatica, ma più concorrenziale. Ma il problema può essere mitigato da accordi tra aziende private e un protocollo di concorrenza onesta tra Stati. Comunque, ci sarebbe spazio per tutti, anche per imprese statunitensi e britanniche, nonché per le democrazie del Pacifico. Si potrebbe anche valutare una relazione tra Ekumene, euromercato e Commonwealth? Certamente, ma fermiamoci qui perché manca ancora un acceleratore politico-culturale importante per la spinta verso lo scenario detto: l’abbattimento del più che millenario Muro del Mediterraneo tra islamici e cristiani più la sua propaggine storicamente più recente tra ebrei e islamici stessi. Come? Washington, intesa come seconda Gerusalemme e vera terza Roma erede della prima (al posto di Mosca), si è mossa in tale direzione stimolando gli Accordi di Abramo. Ma manca il pezzo più importante per la connessione e convergenza fra i tre monoteismi: la prima Roma cattolica. Massimo rispetto verso il Papa, ma il Vaticano mi permetta di sollecitare un’attenzione sull’importanza di ingaggiare la Croce negli Accordi di Abramo con islamici ed ebrei. Lo fa già da tempo? Certo, ma una strutturazione più forte come linguaggio di pace condiviso pur nella diversità ancora manca: ricordo che in un convegno panarabo a cui partecipai come relatore negli Emirati, nel 2019, si parlò con ottimismo di costruire in un unico spazio una chiesa cristiana, una sinagoga e una moschea. Facciamolo, aggiungendo al progetto Ekumene uno Crux et Lux. www.carlopelanda.com