2025-11-28
L’attentatore afgano collaborò con la Cia
Trasferito negli Stati Uniti durante l’amministrazione di Joe Biden, ha ottenuto il permesso d’asilo soltanto lo scorso aprile. È l’ennesima falla nella sicurezza dell’era dem. The Donald è furioso e pensa a una stretta sugli ingressi e a una riforma dei servizi.Il ritiro Usa ha portato con sé il caos. E pure giovani che ora si stanno radicalizzando.Lo speciale contiene due articoli«Attacco mirato». Così le autorità hanno definito l’aggressione contro due soldati della Guardia nazionale, avvenuta mercoledì nei pressi della Casa Bianca. Le vittime - Sarah Beckstrom di 20 anni e Andrew Wolfe di 24 anni - hanno subito dei colpi d’arma da fuoco e, nel momento in cui La Verità andava in stampa ieri sera, versavano in condizioni critiche. Ferito, sebbene non in pericolo di vita, è rimasto anche l’attentatore, che è al momento ricoverato in custodia cautelare. Si tratta Rahmanaullah Lakanwal: un ventinovenne afghano, che, secondo il Dipartimento per la sicurezza interna, è entrato negli Stati Uniti a settembre 2021 attraverso «Allies Welcome», un’operazione di accoglienza per i rifugiati afgani avviata dall’amministrazione Biden a seguito della caduta di Kabul, avvenuta ad agosto di quello stesso anno. Secondo Reuters, Lakanwal avrebbe successivamente presentato domanda di asilo a dicembre 2024: asilo che gli sarebbe stato alla fine concesso lo scorso aprile.Non solo. È anche rapidamente emerso che, in passato, l’attentatore aveva avuto legami con la Cia. «In seguito al disastroso ritiro di Biden dall’Afghanistan, l’amministrazione Biden ha giustificato l’arrivo del presunto tiratore negli Stati Uniti nel settembre 2021, basandosi sul suo precedente lavoro con il governo statunitense, inclusa la Cia, come membro di una forza partner a Kandahar, terminato poco dopo la caotica evacuazione», ha dichiarato l’attuale direttore della Cia, John Ratcliffe. «A quell’individuo - e a tanti altri - non avrebbe mai dovuto essere permesso di venire qui», ha proseguito, per poi concludere: «I nostri cittadini e i nostri militari meritano molto di meglio che sopportare le continue conseguenze dei catastrofici fallimenti dell’amministrazione Biden». Non sarebbe del resto la prima volta che un afgano collegato alla Cia si macchia di condotte terroristiche. Come ricordato ieri da Nbc News, l’anno scorso l’Fbi aveva arrestato Nasir Ahmad Tawhedi: un soggetto che era stato incaricato dall’Isis-k di effettuare un attacco il giorno delle elezioni presidenziali americane del 2024. Ebbene, Tawhedi aveva lavorato per la Cia come guardia di sicurezza. E anche lui, come Lakanwal, era entrato negli Stati Uniti nel settembre 2021 con un «visto speciale».«Dobbiamo ora riesaminare ogni singolo straniero entrato nel nostro Paese dall’Afghanistan sotto la presidenza di Biden», ha dichiarato, dal canto suo, Donald Trump, definendo la sparatoria di mercoledì un «atto di terrore» e chiedendo che vengano presto schierati a Washington Dc 500 soldati aggiuntivi della Guardia nazionale. Poco dopo il discorso del presidente americano, lo United States Citizenship and Immigration Services ha reso noto che «con effetto immediato, l’elaborazione di tutte le richieste di immigrazione relative a cittadini afgani è sospesa a tempo indeterminato, in attesa di un’ulteriore revisione dei protocolli di sicurezza e di controllo». Secondo Nbc News, «il Dipartimento per la Sicurezza interna ha reinsediato più di 80.000 rifugiati afgani negli Stati Uniti prima o subito dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan e la successiva presa del potere da parte dei talebani». Tuttavia, stando alla stessa testata, da quando Trump è tornato al potere, è stato «praticamente impedito» agli afgani di «entrare negli Stati Uniti». Non dimentichiamo che, a maggio 2024, un rapporto dell’ispettore generale del Dipartimento per la sicurezza interna ravvisò delle problematiche nel programma governativo per i rifugiati afgani. «Abbiamo scoperto che il Dipartimento per la sicurezza interna non aveva un procedimento per monitorare la scadenza della libertà condizionale per i soggetti che ne godono in virtù dell’operazione Welcome Allies», recitava il documento, sottolineando anche un’assenza di coordinamento adeguato tra le varie agenzie federali preposte a sovrintendere al programma. Al momento, secondo Fox News e Abc News, le indagini sulla sparatoria sono state affidate all’Fbi e l’ipotesi investigativa è che, nonostante il movente non sia ancora stato chiarito, l’aggressione sia da considerarsi un atto di «terrorismo internazionale». In particolare, il direttore del Bureau, Kash Patel, ha reso noto che sono stati eseguiti «numerosi mandati di perquisizione in tutto il Paese». Sembra infatti che Lakanwal si sia recato appositamente a Washington Dc, partendo dalla sua casa di Bellingham, situata nello Stato di Washington, nei pressi del confine canadese. «Faremo tutto il possibile per ottenere la pena di morte per quel mostro che non avrebbe dovuto essere nel nostro Paese», ha frattanto affermato la procuratrice generale degli Stati Uniti, Pam Bondi. «Dipenderà da che cosa accadrà alle vittime. Preghiamo ancora una volta per la loro guarigione, ma nel peggiore dei casi, come minimo, chiederemmo l’ergastolo con accuse di terrorismo», ha aggiunto.È evidente come la sparatoria di mercoledì riaprirà il dibattito, del resto mai chiuso, su immigrazione, rifugiati e sicurezza nazionale. È quindi abbastanza probabile che Trump promuoverà un’ulteriore stretta su questo fronte. Non solo. È anche possibile che, visti i trascorsi legami dell’attentatore con la Cia, si intensifichi la riforma che la Casa Bianca sta da mesi cercando di portare avanti all’interno degli apparati governativi. Insomma, le implicazioni politiche della sparatoria di mercoledì potrebbero rivelarsi numerose e significative.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lattentatore-afgano-collaboro-con-la-cia-2674352080.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quella-lunga-scia-di-sangue-e-morte-da-kabul-fino-al-cuore-delloccidente" data-post-id="2674352080" data-published-at="1764278197" data-use-pagination="False"> Quella lunga scia di sangue e morte da Kabul fino al cuore dell’Occidente Il ritiro occidentale dall’Afghanistan nell’agosto 2021, disposto in modalità caotiche e prive di qualunque pianificazione strategica, non ha soltanto consegnato il Paese ai Talebani, ma ha inaugurato una fase di instabilità che sta mostrando i suoi effetti ben oltre i confini di Kabul. Negli ultimi tre anni Europa e Stati Uniti hanno registrato un numero crescente di episodi violenti commessi da cittadini afghani arrivati proprio nell’immediato dopoguerra talebano. Non un’ondata coordinata né una campagna terroristica organizzata, ma un susseguirsi di gesti individuali che compongono un mosaico inquietante, accomunato da un elemento ricorrente: l’arrivo dell’autore in Occidente tra il 2021 e il 2023. L’attacco di mercoledì, certamente il più simbolico, è avvenuto nel cuore di Washington. Rahmanullah Lakanwal ventinovenne afghano che ha sparato contro due membri della Guardia Nazionale, aveva lavorato con unità militari sostenute dalla Cia durante la guerra degli Stati Uniti in Afghanistan. Donald Trump ha definito la sparatoria «un atto terroristico», ordinando una revisione completa di tutti gli ingressi afghani avvenuti sotto l’amministrazione Biden. L’accaduto, per la sua portata mediatica e per il luogo scelto dal killer, ha reso evidente ciò che gli analisti osservavano da tempo: la radicalizzazione di alcuni giovani afghani, seppur limitata a una minoranza minuscola, non è più un fenomeno confinato al continente europeo. I numerosi casi registrati negli ultimi anni in diverse città occidentali presentano tratti comuni. In Spagna, un giovane giunto a Siviglia dopo la caduta di Kabul ha aggredito tre passanti con un coltello mentre urlava slogan religiosi; in Francia, un richiedente asilo arrivato come profugo afghano ha ucciso un turista nei pressi della Torre Eiffel dopo aver giurato fedeltà all’Isis-K; in Germania, a Essen, un ragazzo radicalizzato attraverso canali Telegram clandestini ha tentato di compiere un attentato in una chiesa; in Austria, a Vienna, un afghano con precedenti penali ha ucciso una giovane donna in circostanze che gli investigatori ritengono legate a problemi psichiatrici combinati a un percorso di radicalizzazione; negli Stati Uniti, oltre al caso di Washington, un uomo trasferito nel Wisconsin nel 2021 è stato arrestato per aver progettato un assalto armato a un grande evento pubblico dopo aver dichiarato la sua adesione allo Stato islamico mentre non si contano le indagini in corso che vedono protagonisti cittadini afghani. Ciò che emerge con chiarezza è la presenza di una radicalizzazione frammentata, spesso alimentata online, che prende forma in soggetti vulnerabili esposti a traumi, incertezza e isolamento sociale. Numerose analisi interne, mai pubblicate ufficialmente ma circolate tra i governi europei, indicano che alcuni centri di accoglienza sono diventati negli ultimi anni spazi in cui individui già fragili possono venire in contatto con simpatizzanti dell’Isis-K, la sigla jihadista più aggressiva oggi attiva in territorio afghano e ferocemente opposta ai Talebani. Più di 80.000 afghani sono arrivati negli Stati Uniti tra il 2021 e il 2022 tramite programmi speciali di evacuazione destinati a interpreti e collaboratori considerati a rischio. Nello stesso periodo, secondo l’IRC, altri 41.500 profughi «a rischio» sono stati accolti nei Paesi dell’Unione europea tramite corridoi umanitari. L’attentatore di Washington proveniva da quel flusso, riaccendendo il dibattito sulle falle nei controlli, sulla sicurezza delle procedure di ingresso e sul legame, ancora irrisolto, tra il caos seguito alla presa del potere dei Talebani e la stabilità interna dei Paesi occidentali, tema tornato oggi centrale nelle analisi politiche e investigative.
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