
Il testo, portato in Senato, chiarisce che dopo cinque anni ogni vincolo viene rimosso. Una speranza per i proprietari di 1 milione di immobili che, come denunciato dalla «Verità», rischiano di dover dare rimborsi per oltre 20 miliardi alle amministrazioni locali.Potrebbe esserci una speranza per tutte le famiglie italiane interessate dalla sentenza della Cassazione 18.135 del 2015, quella che ha deciso che le case acquistate in regime di edilizia agevolata non potevano essere rivendute a prezzi di libero mercato. Nella tarda serata del 26 novembre la commissione Bilancio e finanze ha deciso di portare in Senato il testo 25.0.200, più comunemente noto come salva famiglie, all'interno del decreto fiscale. Così il testo, giunto ieri a Palazzo Madama, ha iniziato il suo percorso che promette di far dormire sonni tranquilli a molti italiani. La soluzione, in pratica, permetterebbe ai venditori che anni fa hanno ceduto un immobile, tramite il pagamento dell'affrancazione, di restituire ai proprietari attuali l'immobile libero da ogni vincolo, sia di prezzo sia di natura soggettiva, così come le parti pensavano di averlo compravenduto. In questi casi, però, vale la pena fare un passo indietro. I problemi sono iniziati tre anni fa con una sentenza della Cassazione che interessava i piani di edilizia economica e popolare - i cosiddetti Peep - istituiti con la legge 167/1962 e modificati con la legge 865/1971.La legge, almeno in teoria, sembrava parlare chiaramente (anche se ogni Peep poteva avere vincoli specifici decisi dalle amministrazioni comunali): chi comprava un immobile in edilizia agevolata aveva il divieto di rivendita prima dei cinque anni dall'acquisto. Visto che allo scadere dei cinque anni (o del tempo deciso dal singolo piano di edilizia, al massimo dieci di solito) dall'acquisto era possibile rivendere la casa a prezzi di mercato, non sono mancati i cittadini che - supportati da un notaio e credendo di rispettare la legge - lo hanno fatto. Persone che hanno comprato una casa, ad esempio, a 100.000 euro e che l'hanno rivenduta a 300.000, complice anche il boom che dal 1971 si è verificato sul mercato del mattone. Poi, a settembre 2015, è arrivata la sentenza 18.135: le sezioni unite della Cassazione hanno stabilito al contrario che i vincoli ci sono, perché discendono direttamente dalla legge (la 865 del 1971 appunto) e non importa se le convenzioni non ne parlano. I limiti di vendita seguono l'immobile senza scadenze. Ciò significa che la stessa casa comprata a 300.000 euro ora è di colpo tornata a valere 100.000 euro. Così sono iniziate a fioccare le richieste di risarcimento. La stima del Comitato venditori 18.135, che riunisce i molti italiani colpiti dal problema, è che gli immobili in questione potrebbero essere oltre 1 milione (200.000 solo a Roma, dove i piani di edilizia agevolata sono stati molto utilizzati) e il totale dei rimborsi che i compratori possono richiedere potrebbe superare i 20 miliardi di euro.Ora però potrebbe essere arrivata una soluzione attraverso il decreto fiscale. Proprio ieri, su Facebook, il senatore Ugo Grassi del Movimento 5 stelle ha deciso di rendere pubblico il testo dell'emendamento. «Con emozione», ha scritto, «posso rendere pubblico il testo dell'emendamento con cui il M5s è intervenuto per risolvere una vicenda tragica innescata da un caos legislativo e giudiziario». Dal testo del provvedimento si spiega chiaramente che «i vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze, nonché del canone massimo di locazione delle stesse, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con atto pubblico o scrittura privata autenticata stipulati a richiesta delle persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile, e soggetti a trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale». Non solo: «Il decreto individua altresì i criteri e le modalità per la concessione da parte dei Comuni di dilazioni di pagamento del corrispettivo di affrancazione dal vincolo». Se dunque l'emendamento passasse in questa forma (ieri era in aula al Senato e l'iter è ancora lungo) sarebbe quindi una vittoria su tutta la linea per le tante famiglie che con i soldi della vendita hanno comprato un altro immobile e che fino ad ora potevano essere oggetto di richiesta di rimborso. Il testo, infatti, avrebbe quindi valore retroattivo e andrebbe a sanare anche i contenziosi in corso. «Accogliamo con profonda soddisfazione», si legge sulla pagina Facebook del Comitato venditori 18.135, «questo nuovo testo dell'emendamento, che rappresenta il miglior modo per risolvere i contenziosi, sollevando i venditori, tramite il pagamento dell'affrancazione, da assurde pretese economiche e consegnando ai proprietari attuali, siano essi acquirenti o primi assegnatari, un immobile libero da ogni vincolo». C'è però ancora poco da festeggiare. È vero che un primo passo è stato fatto e che le istituzioni si stanno muovendo ma, una volta discusso in Senato il provvedimento, c'è poi il turno della Camera. Ad ogni modo non ci sarà molto da attendere. Il decreto andrà approvato entro il 23 dicembre e, al massimo entro quella data, tutti gli italiani affetti da questo problema potranno avere una risposta.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.