2020-03-02
Un «bravo ragazzo» non va a fare rapine. Io sto col carabiniere che difende gli onesti
Ugo Russo, a 15 anni, sapeva che vuol dire puntare una pistola. E un buono non si commemora devastando un pronto soccorso.Io sto con il carabiniere. Non è mai bello quando muore qualcuno, tanto meno è bello se muore un ragazzo di 15 anni. Ma se questo ragazzo non fosse andato in giro di notte a puntare la pistola alla tempia del prossimo sarebbe certamente ancora vivo. Se non avesse pensato di scegliere la strada pericolosa delle rapine, se avesse imparato che la vita si può conquistare attraverso lo studio, l'impegno e la fatica (anche a Napoli? Sì, anche a Napoli), se qualcuno gli avesse insegnato che vale la pena sacrificarsi per ottenere ciò che si desidera senza cercare la scorciatoia della delinquenza, ebbene: oggi sarebbe qui. Magari al bar a commentare con gli amici la vittoria del Napoli dell'altra sera. O a casa, a studiare per una interrogazione o un compito in classe, che oggi le scuole in Campania riaprono. Invece è morto. E i suoi parenti, i suoi famigliari e i suoi amici, hanno subito detto come si usa in questi casi: «È un bravo ragazzo». E per dimostrare che davvero lo pensano, che ne sono convinti, per onorare come si conviene la memoria di un «bravo ragazzo» hanno sfasciato il pronto soccorso dell'ospedale Pellegrini di Napoli dove medici e infermieri avevano fatto di tutto, come sempre, per salvargli la vita, senza riuscirci. Medici e infermieri sono stati insultati, aggrediti, minacciati. Il pronto soccorso è stato devastato: macchinari, barelle, mezzi di soccorso, tutto distrutto. Tanto da costringere l'Asl a chiudere il servizio. Un ragazzo di 15 anni che muore mentre tenta una rapina non è una bella cosa. Ma se per ricordarlo si sfascia il pronto soccorso, si spiegano tante cose. Perciò io sto con il carabiniere che ha sparato. E sto con quei medici e quegli infermieri, con tutti i medici e gli infermieri, ogni notte in prima linea dentro le trincee della paura. E sto anche con gli otto pazienti che erano in quel pronto soccorso e sono stati trasferiti, probabilmente mettendo a rischio la loro salute e la loro vita. Tutto ciò perché i familiari del quindicenne dovevano difendere un «bravo ragazzo» sfasciando tutto quello che avevano a portata di mano. Poi, per completare l'opera, e sempre per onorare al meglio la memoria di un «bravo ragazzo», è stata organizzata una «stesa» davanti alla caserma Pastrengo, sede del comando provinciale dei carabinieri di Napoli. Lo sapete come funziona no? Gomorra insegna, a proposito di «bravi ragazzi». Sono arrivati con gli scooter, i caschi (che i «bravi ragazzi» di Napoli portano soltanto in questi casi), i volti coperti, le pistole in pugno. E via con i colpi di arma da fuoco in aria. A mo' di sfida. Sfida ai carabinieri. Sfida allo Stato. Così, da queste parti, si onora un «bravo ragazzo». E ci credo davvero che Ugo Russo a 15 anni avrebbe potuto essere un «bravo ragazzo». Però purtroppo non lo era. Se lo fosse stato non sarebbe andato in giro a rapinare le persone. E se quelli sono i suoi parenti, se quella è la sua famiglia, se quelli sono i suoi amici, capisco anche che sia stato difficile diventarlo, un «bravo ragazzo». Nessuna scusa sociologica, nessuno sconto al supermercato del perdonismo: a 15 anni si è già abbastanza grandi per capire da soli che cosa è il bene e cosa è il male, si è in grado di scegliere da soli se fare o no un'azione da criminali, e si è in grado di capire che se si va in giro di notte a puntare le pistole (vere o simil vere, fa poca differenza) alla testa delle persone, c'è il rischio di finire male. Le responsabilità sono sempre individuali. Le attenuanti ambientali e sociali per chi commette un crimine valgono fino a un certo punto. Per quanto mi riguarda, poco. Però, ecco, oggi quel quindicenne è morto. E se c'è da dispiacersi per la sua morte, bisogna prendersela con quelli che hanno sfasciato l'ospedale e con quelli che hanno fatto la stesa. Non con il carabiniere. Il carabiniere ha 23 anni, è di servizio nella zona di Bologna. L'altra sera era a Napoli con la sua fidanzata. È stato avvicinato aggredito e minacciato con una pistola alla tempia. Si è qualificato. Ha cercato di fermare il rapinatore. Ma il rapinatore non si è fermato. Allora il carabiniere ha sparato. E l'ha ucciso. Quando muore un quindicenne non è mai bello, nessuno può essere contento. Ma se doveva morire qualcuno, tra un quindicenne che va in giro ad aggredire il prossimo e un ventitreenne che il prossimo lo difende rischiando la vita ogni giorno, come fanno i carabinieri, bene, è meglio che sia andata così. Di eroi morti con la divisa da onorare ne abbiamo già troppi. E i servitori dello Stato ci servono vivi, ora più che mai. Di gente che sfascia tutto, invece, ne abbiamo fin troppa.
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