2018-10-02
Ultras, CR7 e il sigillo di John Elkann, ecco perché Agnelli fa saltare Marotta
Il numero uno della Juve si è vendicato di un ad che osava contraddirlo. Letali il caso Cristiano Ronaldo e i rapporti con la curva.Mai fidarsi di un Agnelli. Mai credere alle sue promesse. Mai cercare di contraddirlo e men che meno ostacolarlo. Mai insistere, anche se si sa di essere nel giusto. Mai cercare di discutere o pensare di potergli disubbidire, anche se lo fai per il suo bene. E, soprattutto: mai pensare che il proprio talento personale e i grandi risultati raggiunti in otto anni, dentro e fuori dal campo, possano prevalere sul capriccio di chi vuole essere ed è nato «padrone». Beppe Marotta è stato «fatto fuori» per tutte queste ragioni. Anche perché aveva un «peccato d'origine»: era stato scelto da John Elkann, che lo volle amministratore delegato dopo aver provocato immani sciagure sportive con il catastrofico binomio da lui scelto: Blanc-Cobolli Gigli. Quando Andrea Agnelli salì finalmente alla presidenza della Juve si trovò in «eredità» anche Marotta. Il figlio di Umberto, sponsorizzato da Moggi e Giraudo dopo la morte del Dottore (27 maggio 2004), sarebbe dovuto entrare allora nel club, ma venne stoppato proprio da Jacky, spinto da Gianluigi Gabetti e da Franzo Grande Stevens (il presidente con pieni poteri della Juventus ai tempi di Calciopoli). I due Richelieu temevano che Andrea, grazie alle vittorie della Juve con Giraudo e Moggi, avrebbe avuto una visibilità eccessiva tale da ostacolare l'ascesa al trono del piccolo John. Marotta ha sempre portato con sé questo «marchio», è sempre stato dalla parte di John, era il suo punto di riferimento dentro il club, si è sempre portato dietro questo marchio. E ora, quando ha informato John della rottura e gli ha chiesto aiuto, è stato liquidato con parole di maniera: «Ho ben altro cui pensare dopo la morte di Marchionne…».Marotta sabato sera ha sbagliato nel voler anticipare tutti con il suo annuncio: «Le nostre strade si separano». Ha scavalcato perfino Claudio Albanese, l'uomo comunicazione di Agnelli, colui che ha creato problemi a Maurizio Pistocchi a Mediaset, ha fatto tramontare Paolo Ziliani, ha chiesto invano la cacciata di Paolo Liguori, ha preteso Giuseppe Cruciani nelle trasmissioni sportive. Marotta voleva giocare d'anticipo. Tutti avrebbero creduto che era stato fatto fuori non appena fossero stati diffusi i nomi proposti da Exor per il nuovo cda della Juve. Vedendo che il suo nome non c'era, avrebbero pensato: «Chissà che cosa ha combinato». I nomi del nuovo cda sono gli stessi di prima, tranne Marotta e Aldo Mazzia, il capo dell'area finanza, che era già sull'orlo della pensione. Tutti confermati, perfino Paolo Garimberti, il giornalista che da vicedirettore di Repubblica si distinse per le battaglie (mai combattute) affinché le cronache su Calciopoli non fossero così spietate contro la Juve. Alla faccia della conclamata - da Andrea Agnelli - gioventù, visto che Garimberti ha 75 anni.Le ragioni del distacco sono molte. A Torino si parla di qualcosa che, a poco a poco, ha incrinato la fiducia di Agnelli verso Marotta. Molti gli episodi. Il fatto che l'ad si fosse lamentato per l'affare Ronaldo, non dal punto di vista tecnico ma per il fatto che, a parte il presidente che si era messo in mostra, Nedved avesse detto che era «merito di Paratici» (che aveva tra le sue «medaglie» proprio l'aver scavalcato il suo ad). E poi le forti discussioni su quegli strani rapporti privilegiati con il Milan (Higuan e Caldara, e il ritorno di Bonucci alla Juve), con Marotta che spiegava che «tenere il centravanti avrebbe creato grossi problemi per l'ammortamento e il bilancio». In un attimo è svanito tutto. Anche il ricordo di quel giorno in cui Antonio Conte venne cacciato poco prima di partire per il ritiro precampionato. Andrea si era schierato dalla parte di Marotta allorché l'allenatore aveva quasi strattonato l'ad accusandolo di non aver nemmeno trattato Cuadrado, Iturbe e Sanchez (che poi andò all'Arsenal), cioè i tre che aveva chiesto a tutti i costi. Poi Cuadrado arrivò con un anno di ritardo, Sanchez partì per Londra, e Iturbe sparì di scena dopo il prezzo spaventoso pagato dalla Roma. Ma quello era un episodio lontano. Nell'estate 2015 ecco il caso Draxler, il forte centrocampista tedesco che Paratici voleva a tutti i costi e Marotta bloccò «perché troppo caro». Poi andò al Wolfsburg e infine al Psg, mentre la Juve ripiegò indegnamente su Hernanes. Su Draxler vinse Marotta, Paratici stava per dare le dimissioni. Il binomio che aveva fatto grande la Samp, Marotta-Paratici (con il secondo che faceva fare sempre bella figura al primo), cominciò a incrinarsi. Un'altra realtà che Marotta ha dimenticato è che nella Juve, bene o male, le decisioni chiave sono sempre legate ai consigli della coppia Giraudo-Moggi. Il primo ha messo da tempo Pavel Nedved come «badante» accanto ad Andrea affinché lo «sorvegli» e non gli faccia commettere errori. Moggi, dal canto suo, vede spesso Andrea (abitano un piano sopra l'altro in via Carlo Alberto 58 a Torino) e la sua parola conta moltissimo. Nedved poi ha un ruolo chiave per la confidenza e la complicità con il presidente, specie il martedì, grazie alla consueta partita di calcetto in cui il ceco fa gli assist e Andrea mette il pallone in porta. Cementati da queste vicende, i due vanno molto d'accordo. Marotta ha fatto, sotto aspetti diversi, la stessa fine di Del Piero, Marchisio e, soprattutto Francesco Calvo (il manager che fece fare alla Juve l'accordo con l'Adidas: 140 milioni in sei anni), l'ex amico cui Andrea ha portato via la moglie turca, Deniz Akalin. Quando gli avvocati di Andrea e di Calvo riuscirono finalmente a farli incontrare per decidere una linea comune di difesa, ai tempi dell'inchiesta sulle presunte infiltrazioni criminali nelle curve, il presidente della Juve aggredì Calvo con queste parole: «Lo vuoi capire che io non ti voglio più vedere. Tu devi scomparire, te lo ripeto: scomparire». Quella vicenda, dal punto di vista della giustizia sportiva, fu un altro degli episodi rivelatori per far capire a Marotta che era entrato nel cono d'ombra. Aveva ancora Jacky che lo proteggeva, ma capì benissimo che Andrea si era messo in testa brutte cose su di lui per colpa di quell'inchiesta. Quando si iniziano le indagini, in genere si parte da chi gestisce quella società. Invece Marotta, protetto da Elkann in persona, non venne neanche chiamato dal giudice Pecoraro, non venne sfiorato da quello scandalo, non fu deferito né processato.Durante la propria deposizione Agnelli, rispondendo indignato a una domanda del procuratore federale, disse: «Chiedete a Marotta». Le belle parole che in queste ore parlano di «rinnovamento» nascondono qualcosa di più simile a un regolamento interno di conti. E gli scheletri stanno uscendo dagli armadi: la prossima puntata di Report, ad esempio, dovrebbe svelare come i biglietti di Juventus-Real Madrid dell'ottobre 2013 siano arrivati al figlio di un boss proprio grazie all'ormai ex ad. I modi e i tempi del caso Marotta lo confermano, come il fatto di comunicargli solo a settembre la revoca dell'incarico di ad, impedendogli di trovare un altro club per un anno, senza pensare alle clausole di riservatezza… I metodi di Andrea Agnelli sono anche questi. Ora probabilmente attribuirà a sé stesso la carica di amministratore delegato, o forse farà una sorta di cambio merce con Maurizio Arrivabene e coronerà il proprio sogno di contare finalmente qualcosa anche nella Ferrari. Intanto in rampa di lancio ci sono due giovani manager: Marco Re, un mago della finanza, e Giorgio Ricci, che prenderà il posto di Marotta. La Juve nel frattempo è passata da 150 a 500 dipendenti, ha mire importantissime. E ormai Marotta appartiene al passato: c'è solo da sistemare il quantum della liquidazione e della risoluzione anticipata del contratto da dirigente a tempo indeterminato. Ma in fondo è stato lui a sbagliare: non ha tenuto conto dell'ipocrisia di casa Juve: ha annunciato in tivù che se ne va, e quindi, formalmente, non è stata la società a licenziarlo...
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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