2022-11-16
Ufficiale: il vaccino è la nuova religione
Marcello Gemmato (Imagoeconomica)
Il sottosegretario Marcello Gemmato osa contestare la sacralità del vaccino con i dati (pessimi) su mortalità e letalità del virus in Italia. La sinistra insorge, «Repubblica» evoca il fascismo. Come se il farmaco fosse una religione.È cambiato il governo, è cambiato il ministro della Salute ed è cambiata persino la situazione epidemiologica, però la Cattedrale sanitaria è ancora in piedi, e l’inquisizione al suo servizio lavora a pieno ritmo. Qualora qualcuno nutrisse ancora dei dubbi sul fatto che siamo in presenza di un fenomeno religioso e non di un dibattito scientifico, a vicenda che ha coinvolto il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, non può che fugarli.Questi i fatti. Gemmato, esponente di Fratelli d’Italia, ha partecipato alla trasmissione Restart di Rai 2. Davanti alle telecamere ha rivendicato una battaglia che lo ha visto parecchio impegnato negli ultimi due anni: quella a favore della chiarezza e della trasparenza in merito alla gestione del covid. Assieme a Galeazzo Bignami, infatti, Gemmato è stato uno dei pochissimi a darsi da fare in tempi non sospetti per ottenere risposte e informazioni su questioni che il ministero della Salute a guida Speranza faceva di tutto per occultare. A Restart il sottosegretario ha semplicemente ribadito ciò che aveva sempre detto, e cioè che «per larga parte della pandemia l’Italia è stata prima per mortalità e terza per letalità». Dati che difficilmente possono essere considerati positivi.Non appena Gemmato ha pronunciato la blanda critica, Aldo Cazzullo - vicedirettore del Corriere della Sera - si è precipitato a ribadire uno degli slogan preferiti dalla Cattedrale sanitaria: «Senza vaccini sarebbe stato magari peggio». A quel punto, Gemmato ha commesso peccato mortale. Il copione del pandemicamente corretto prevedeva infatti che lui pronunciasse qualche frase del tipo «senz’altro è così» oppure «dobbiamo ringraziare il vaccino per averci salvato la vita». Invece il sottosegretario ha guardato Cazzullo e gli ha risposto: «Questo lo dice lei, non abbiamo l’onere della prova inversa. Ma io non cado nella trappola di schierarmi a favore o contro i vaccini». E qui è iniziato il delirio.A ben vedere, la dichiarazione di Gemmato è ineccepibile. Poiché si sta discutendo di un farmaco e la discussione ha pretesa di scientificità, allora è necessario che ogni affermazione si basi su precisi studi e dati certi, non su generiche deduzioni. Affermare che «senza il vaccino sarebbe andata peggio» è, di per sé, una frase senza senso. Se non avessimo avuto il vaccino ma avessimo dato ai pazienti gli antinfiammatori, come sarebbe andata? E se i medici di base fossero usciti a visitare i malati, avremmo ottenuto risultati differenti? E se invece avessimo somministrato il vaccino soltanto a fragili e anziani l’andamento della pandemia sarebbe stato differente? Capite che le variabili di cui tenere conto sono parecchie.Dichiarare che «senza vaccino sarebbe andata peggio» significa limitarsi a ripetere un dogma di fede, ignorando ogni altra riflessione possibile. Purtroppo, a politici, giornalisti e commentatori viene richiesto esattamente questo: una professione di fede vaccinale, un atto di sottomissione alla Cattedrale sanitaria. Gemmato non ha pronunciato frasi eretiche, ma per un secondo ha messo un piedino fuori dalla gabbietta mentale in cui tutti siamo stati reclusi. Egli ha osato dire che non vuole «schierarsi a favore o contro i vaccini», e ha fatto benissimo. Perché non ci si può schierare contro o a favore di un farmaco. Semmai, di questo farmaco bisogna valutare pregi e difetti, costi e benefici, e mettere ciascuno in condizione di stabilire se gli convenga assumerlo o meno. Invece si continua ad applicare la logica del «con noi o contro di noi» tipica dei movimenti millenaristici che propongono il raggiungimento del paradiso in Terra. Parafrasando il sociologo Robert Nisbet potremmo dire che la bontà del vaccino è divenuta una sorta di «idea vivente, quasi un articolo di fede dogmatica». Non nominare il vaccino invano.Non a caso, immediatamente si sono scatenati i cani da guardia della setta sanitaria. Enrico Letta ha indossato i panni di Bernardo Gui (di cui già esibiva il taglio di capelli): «Un sottosegretario alla Salute che nega i vaccini non può rimanere in carica», ha tuonato. Ed è francamente spaventoso che nessuno noti quanto sia spaventosa l’idiozia proferita dal segretario del Pd. Che diamine vuol dire «negare i vaccini»? Non si tratta di negare l’Olocausto, o di negare la divinità di Cristo. O, forse, il punto è esattamente questo: negare il vaccino ti rende un Anticristo, una manifestazione del Male assoluto.«Gemmato si deve dimettere. Un sottosegretario alla Salute che non prende le distanze dai no vax è decisamente nel posto sbagliato», ha berciato Carlo Calenda, passato dal terzo polo al terzo comandamento: ricordati di santificare il vaccino. Persino Nicola Fratoianni ha preteso che il ministro Schillaci prendesse «le distanze dal suo sottosegretario per le sciocchezze che va dicendo in tv». Come vedete, il culto immunologico è così pervasivo da avere modificato anche il linguaggio: dai critici, dai dissenzienti bisogna proteggersi, prendere le distanze, in modo da non farsi contagiare o corrompere. Per la Cattedrale sanitaria l’utilizzo della ragione è una malattia. Purtroppo - anche grazie ad anni di propaganda serrata - la retorica sierologica è riuscita a imporsi oltre e ha fatto presa sulla popolazione tanto che a distaccarsene si diviene impresentabili e - manco a dirlo - fascisti (a tal proposito, Repubblica ha prontamente ripubblicato un post sui social in cui Gemmato citava Julius Evola). Alla fine, il sottosegretario ha dovuto correggere il tiro: «I vaccini sono armi preziose contro il Covid, le mie parole sono state decontestualizzate», ha detto. «L’attività parlamentare di questi anni testimonia la posizione mia e di Fdi. Siamo passati dall’emergenza alla convivenza con il virus anche grazie ai vaccini, adesso è tempo di guardare avanti». Insomma, di fronte al linciaggio è stato costretto a puntualizzare, spiegare, chiarire. Alla professione di fede non si può sfuggire, altrimenti si finisce sul rogo. E il problema non è tanto che questo o quel politico venga preso a male parole. No, qui il punto è che se non si elimina l’approccio fideistico non ci si potrà mai concedere di esaminare a mente lucida i dati, non si potrà mai arrivare a una seria valutazione dell’efficacia del vaccino, non si potrà mai tracciare un bilancio verosimile della gestione pandemica. Il ricatto morale costante e la minaccia di scomunica rallentano persino le decisioni più semplici, come dimostra l’operato di Schillaci. E la situazione non migliorerà fino a quando non ci libereremo della cappa ideologica.Non dobbiamo credere o non credere al vaccino, ma scegliere se vogliamo fidarci dei dati o se vogliamo ancora farci comandare dai fanatici avventisti della settima dose.
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L’AIE cambia idea, niente picco di domanda. Tassonomia Ue, gas e nucleare restano. Stagione atlantica avara di uragani. La Germania chiede più quote di emissione. Cina in ritardo sul Net Zero. Maxi-diga in Etiopia.