2021-01-06
Patuelli: «La norma Ue sullo scoperto di conto è una conseguenza del Recovery»
Il presidente dell'Abi: «Da 5 anni diamo parere negativo alla stretta segnalandone l'incongruenza rispetto al nostro mercato. L'Italia è vista come beneficiaria di grandi partite e Bruxelles non ammette altre deroghe».Il primo gennaio sono entrate in vigore le nuove norme Eba, l'authority bancaria dell'Europa a 28, che mirano ad azzerare la flessibilità nella gestione degli scoperti dei conti correnti bancari. Se per 90 giorni il conto resta in rosso per un importo superiore all'uno per cento dell'intera esposizione scatta il bollino del default e la dicitura di cattivo pagatore. Una novità stringente di cui si discute dal 2015 ha visto l'alzata di scudi da parte dell'Abi, l'associazione bancaria italiana, guidata da Antonio Patuelli.Presidente, non è un po' tardi per intervenire adesso?«Se dice e pensa che non abbiamo fatto battaglie su questo tema sbaglia e non fa un corretto servizio alla comunità. Ben 5 anni fa abbiamo dato un parere negativo alla stretta segnalando l'incongruenza delle norme rispetto al mercato tricolore. Inoltre, abbiamo spiegato ai parlamentari italiani ed europei le problematiche a cui si sarebbe andati incontro. A febbraio scorso, con l'avvio della pandemia, abbiamo intensificato le richieste di stop o deroga. Il consenso dei rappresentanti della Repubblica è stato ampio su tutto l'arco parlamentare».E il governo?«Abbiamo incontrato il ministro Gualtieri, che ha colto a pieno il tema del default».Perché gli organismi europei hanno deciso di non sentire ragioni e imposto a tutti i Paesi vigilati le nuove norme?«La risposta sta nella differenza tra Eba e Bce. La banca centrale si occupa dei Paesi euro e sa gestire le partite a 360 gradi. Al contrario l'Eba deve mettere d'accordo Paesi molto diversi e incrocia le istanze con quelle di altri organismi. Creando spesso nodi gordiani».Questa è la premessa che spiega la rigidità. E il motivo?«Mi lasci fare un'altra premessa. In Italia si fa storicamente differenza tra termini ordinatori e perentori. I primi mantengono una certa flessibilità. I secondi sono invece inflessibili. Nei Paesi del Nord Europa non esiste alcuna aggettivazione della parola termine. E ciò confligge con la nostra cultura. Aggiungiamo il fatto che l'Italia è praticamente l'unica nazione che fa un uso ricorrente dello sconfinamento di conto come prassi di gestione del portafogli. Vale sia per le aziende che per le persone fisiche».Se come ha spiegato in altre interviste non è una questione di governo, ma di posizione della Repubblica italiana, nei suoi rappresentanti a Roma e Bruxelles, i quali tra l'altro si sono dimostrati compatti nel comprendere il rischio a cui le banche sarebbero andate incontro con un aumento potenziale degli insoluti e quindi dei non performing loans, perché l'Eba non ha sentito ragioni?«Il nostro Paese è visto come primo beneficiario di grandi partite come il Recovery fund e il Next generation Ue e quindi Bruxelles non immagina che possa portare a casa deroghe su altri settori come quello bancario. Credo sia questo il motivo, almeno lo percepisco confrontandomi con gli interlocutori eletti».E quindi adesso che succede per banche e clienti?«La soglia percentuale per far scattare il default prima era del 5. Adesso la percentuale è scesa all'uno. Mentre è rimasta invariata la scadenza dei 90 giorni. Però adesso non è possibile compensare con altri conti correnti. La banca poteva prima fare una media dei saldi. Adesso è inibita. Non solo, l'istituto è costretto a riclassificare le posizioni quando prima poteva utilizzare una serie di automatismi. Immaginate il lavoro in più. Non solo».Sui conti cointestati il rischio si spalmerà...«No, il default si estende e quindi aumentano le probabilità di vedere salire il numero di Npl. Esattamente ciò che non serve in un momento di pandemia. Senza contare che una volta che il cliente è tornato in bonis, bisogna aspettare 90 giorni per riclassificare la posizione. Per questo motivo c'è stata ampia convergenza di tutte le associazioni nel definire le nuove norme incongruenti con il momento storico».In pratica che fare?«Innanzitutto, spetta anche a noi insistere per correggere la norma e chiedere almeno deroghe. Sbagliato pensare che quanto deciso dall'Eba sia un verbo definitivo».Quali sono i Paesi che potrebbero essere nostri alleati?«Non spetta a me fare strategie politiche. Certo, sono convinto che con l'applicazione concreta delle nuove norme molti Paesi potranno ricalibrare la loro posizione».Ma se si è un'azienda o un correntista?«Il mio invito è prevenire, mappare, leggere spesso gli estratti conti. Se fino ad oggi molti italiani hanno considerato lo scoperto di conto come un campanello a cui non prestare particolarmente ascolto. Adesso invece bisognerà, grazie all'uso dell'homebanking, monitorare i flussi. Luigi Einaudi e Giovanni Giolitti scrivevano tutti i giorni il libro dei conti, la lista delle uscite della famiglia. Restano un buon esempio da seguire. Mettere in campo la stessa attenzione permetterà di interloquire con la banca per anticipare i problemi».E dove non è possibile, perché mancano i fondi?«Ricordo che nessuna banca ha interesse a far lievitare il numero degli Npl. L'attenzione e la cura alla prevenzione spetterà anche agli istituti che dovranno avere lo stesso approccio diligente della propria clientela. Anticipando e consigliando».
Jose Mourinho (Getty Images)