2025-02-09
Von der Leyen ha firmato le linee guida Beca che, con la scusa della lotta al cancro, vanno all’attacco di un settore già in crisi.L’Ue ci vuole astemi per decreto ed è pronta a tassare duramente il vino. Viene da chiedersi se invece a Bruxelles non abbiano alzato troppo il gomito: sono lontanissimi dalla realtà e continuano a prendere provvedimenti contraddittori (la parziale retromarcia sui motori endotermici è la più evidente dimostrazione di questo strabismo) che hanno un solo effetto: distruggere valore. In Francia hanno espiantato già 15.000 ettari di vigneto con un esborso del governo di 150 milioni di euro, il 50% delle cantine è insolvente. In Italia i consumi sono precipitati (in dieci anni abbiamo perso 20 litri a testa di consumo), abbiamo stoccati in cantina 45 milioni di ettolitri - un po’ di più di quanto si produce in un’intera vendemmia - e il mercato è alle prese con una frenata del bere fuori casa e un rallentamento dell’export, fattori che gravano su un settore che per noi vale 14 miliardi di fatturato, dà lavoro diretto a 1,2 milioni di persone e ci porta a casa 8 miliardi di fatturato estero. Non è un caso che mentre Coldiretti annuncia manifestazioni di piazza contro Bruxelles, l’Unione italiana vini con il suo direttore generale Paolo Castelletti mette in mora Bruxelles affermando: «Cambia la squadra ma non cambia la musica. Speravamo che la nuova commissione lavorasse per rafforzare le imprese non per inasprire la tassazione e creare nuove distorsioni nel mercato unico. La sensazione è che a Bruxelles la mano destra non sappia cosa fa la sinistra: mentre propongono le etichette allarmistiche il Commissario alla salute Olivér Várhelyi al Parlamento ha detto che non è una priorità. Speriamo che Stati membri ed europarlamentari blocchino questa follia». Però la baronessa Ursula von der Leyen non sembra di questo parere: ha già dato già il via libera l’anno scorso - contraddicendo i trattati di libero scambio - all’Irlanda che scrive sulle bottiglie: fa venire il cancro. Sulle barricate in Italia è anche Confcooperative: da sole le cantine sociali valgono poco meno di un terzo della produzione. La Commissione europea però sta per varare il Beca (Beating cancer): le line guida anti cancro. Lo hanno scritto sotto dettatura dell’Oms - Donald Trump a volerci vedere chiaro non ha tutti i torti - che ha tra i suoi maggiori finanziatori gente come Bill Gates che ha investito nella birra senza alcol e nelle bevande energetiche. In sostanza che cosa prevede questo documento che si preoccupa della nostra salute, ma forse molto di più della prosperità dei bilanci delle multinazionali del bere - dai bibitari austriaci che rimpinzano di energy drink a base di caffeina i nostri adolescenti ai confezionatori di integratori francesi e olandesi -al punto da dire: il vino fa venire il cancro? Il documento Ursula von der Leyen lo ha firmato il 4 febbraio e prevede una lotta senza quartiere all’alcol, vino compreso, con aumento della tassazione attraverso accise e innalzamento dell’Iva, limitazioni al commercio compreso l’export, etichette allarmistiche sul tipo di quelle delle sigarette. Già il cosiddetto «surgeon general» americano - ora liquidato da Trump - Vivek Murthy ha proposto avvisi anti cancro affermando che non esistono né prodotti né dosi sicuri. Ursula von der Leyen si è pedissequamente allineata ignorando centinaia di studi che sostengono che l’alcol è una cosa è il vino un’altra, che il vino - se consumato in modica quantità - associato a una vita attiva e a una dieta equilibrata aumenta l’aspettativa di vita. Oltretutto il vino è uno dei pochi settori di leadership dell’Europa: oltre 100 miliardi di fatturato, 170 milioni di ettolitri (il 65% della produzione mondiale), circa 3,3 milioni di occupati. Le fette più grosse se le spartiscono francesi (40%) italiani (28%) e spagnoli 12 (%). Vedremo se le misure anti alcol saranno applicate anche alla birra. Lì sono in gioco gli affari dei padroni dell’Ue: la Germania con 7,2 miliardi di litri da sola vale quasi un quarto di un mercato complessivo da 480 miliardi. Stavolta però Bruxelles non avrà vita facile: si rischia la rivolta. La Coldiretti e Filiera Italia sono pronte a scendere in piazza. «Non accetteremo mai un’etichettatura che penalizzi il vino», sottolinea il presidente Ettore Prandini, «non è pensabile che l’Ue rimandi da anni un provvedimento fondamentale per la trasparenza e la salute come l’obbligo dell’etichetta d’origine e sposi misure puramente ideologiche». Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti aggiunge: «Non è certamente l’Europa che vogliamo né quella che vogliono le imprese agricole e i consumatori: continuano a essere fatte scelte prive di fondamento scientifico». Quanto a Filiera Italia l’ad Luigi Scordamaglia nota: «Il vino non è solo una bevanda alcolica, è prima di tutto un prodotto agricolo. È cultura, tradizione, identità, parte integrante della nostra storia e del nostro territorio. L’uscita imprevista della Commissione fa pensare che alle parole di discontinuità rispetto al passato e di assicurazione sulla tutela del mondo agricolo non corrispondano i fatti».
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






