2023-05-25
Con la morsa Von der Leyen-Lagarde Bce senza autonomia e cittadini poveri
Christine Lagarde (Getty Images)
Francoforte appoggia le politiche green e di salari bassi che acuiscono la crisi sociale.Nel 2020 la Commissione Ue sotto il controllo della presidente Ursula von der Leyen lancia la transizione ecologica. Il nome altisonante di Green new deal nasconde il chiaro tentativo di modificare drasticamente la struttura produttiva e sociale del Vecchio continente. Dietro il paravento della tutela della natura Bruxelles ha avviato un cambio di passo. Alcune aziende soccomberanno e altre ne trarranno enormi benefici. Il drastico choc energetico, imposto con veemenza nel 2022 dalla guerra in Ucraina ha, a sua volta, fatto impennare l’inflazione che colpisce le classi più povere e le famiglie a reddito fisso. Una ovvietà tecnica che però vale la pena denunciare continuamente, visto che chi guida l’Ue si ostina ad andare in questa direzione. La cosa buffa, se non fosse drammatica sta nelle contraddizioni formali. All’inizio del 2021 la Bce, già governata da Christine Lagarde, premiava come miglior giovane economista Diego Känzig della London business school. L’autore del paper spiegava quali sarebbero state le conseguenze economiche delle politiche green. Prevedendo esattamente la tempesta energetica, sociale e finanziaria in cui ci troviamo adesso. Inflazione più alta, salari più bassi e più povertà. Premiare l’economista avrebbe dovuto significare qualcosa, invece da quel momento la posizione della Bce è drasticamente cambiata fino allo scorso inverno quando ha apertamente confessato che nel proprio mandato rientra pure la transizione ecologica, esattamente ciò che chiedevano da tempo i vertici di una Bruxelles a impronta socialista. Alla faccia dell’indipendenza della Banca centrale. Il problema è che il gioco di sponda non finisce qui. Da almeno due mesi Francoforte chiede ai governi dei Paesi membri di stoppare ogni politica di sostegno contro il caro vita. Lo chiede perché vuole tenere sotto controllo i debiti. Solo che, in parallelo, i governatori delle singole banche e numerose autorità finanziarie chiedono di non alzare i salari. Qui la motivazione sta nel non ampliare la spirale inflattiva. Il discorso però non sta in piedi, perché la spirale inflattiva è alimentata dalla stessa transizione e dagli errori della Lagarde che non tiene conto dell’origine esogena del caro prezzi: dalle materie prime alle guerre economiche che spezzano il globo. Di fronte a ciò la risposta della Commissione contenuta ieri nelle raccomandazioni destinate al governo italiano non è minimamente di tutela dei cittadini, ma è al contrario l’allineamento alle richieste della Bce. Si crea così una morsa che rende Francoforte un attore politico e la Commissione un elemento destabilizzante dell’Ue. La Von der Leyen chiama e la Lagarde risponde o viceversa. Nel frattempo, Francoforte si dimostra incapace di garantire il primo mandato: quello di riportare l’inflazione al 2% e, nel silenzio totale dei media, di garantire all’euro un peso nel paniere globale delle transazioni. La moneta unica non è mai stata così debole. Ha perso terreno con tutte le valute, persino il Birr etiope. Il che aumenta gli effetti dell’inflazione importata (acquistiamo materie prime da fuori) e non garantisce migliore export per via della carenza di approvvigionamenti. Peggio di così non potrebbe andare e la cosa che preoccupa è che quando il prossimo anno arriverà il nuovo Patto di stabilità, per il nostro Paese ci saranno maglie temporali più ampie per ridurre il debito, ma nel contempo una maggiore discrezionalità. Tutta però nelle mani della Commissione. Il piano di tagli durerà magari sette e non quattro anni, ma gli interventi saranno valutati dagli euroburocrati. Così se ieri la Commissione ci ha ricordato che dovremmo fare la riforma del Catasto per alzare le tasse sugli immobili è molto probabile che nei prossimi anni ci troveremo costretti a metterla a terra. Non solo. Stesso discorso per le norme sulle case green. In mezzo, ci stanno i cittadini e il rischio di progressiva perdita della libertà. Guarda caso, l’Ue non ha mai obiettato contro il reddito di cittadinanza, nemmeno quando Mario Draghi ha portato il costo oltre i dieci miliardi l’anno. Ora scopriamo che non si possono aiutare le famiglie, né garantire loro di non scivolare nella povertà. Evidentemente il governo socialista dell’Ue preferisce sudditi sussidiati a liberi cittadini che guadagnano, spendono e votano come gli pare.
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