
Bruxelles stabilisce che i 43,9 milioni stanziati per il sisma del 2016 non sono aiuti di Stato. Con gli abruzzesi, però, fece l'opposto. Cos'è cambiato? Semplice: oggi all'orizzonte c'è un governo antieuropeista, così i burocrati optano per la linea della «simpatia».C'è sicuramente una buona dose di ironia nella sorte, nella tempistica del comunicato diffuso ieri, giorno del nono anniversario del terremoto dell'Aquila, dalla Commissione europea. L'esecutivo Ue, infatti, ha stabilito che i 43,9 milioni di euro destinati dal governo italiano agli investimenti nelle regioni dell'Italia centrale colpite dai terremoti del 2016 e del 2017, non sono aiuti di Stato e quindi non falsano la concorrenza e il mercato unico. Il commissario responsabile per la concorrenza, la danese Margrethe Vestager, ha specificato che la misura è «idonea a sostenere le imprese colpite» dal sisma e «le persone che vivono in queste regioni». Peccato, però, che per una serie di cavilli burocratici (ad esempio un ritardo di un giorno, che ha invalidato l'estensione del regime fiscale de minimis da 200.000 a 500.000 euro), agli aquilani, i quali, il 6 aprile 2009, subirono un terremoto che sconquassò il capoluogo abruzzese e la sua già sofferente economia, la stessa Commissione europea, con una procedura d'infrazione avviata nel 2015, avesse intimato di restituire i tributi sospesi dal governo Berlusconi. Tanto che l'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni ha dovuto nominare un commissario per procedere alla riscossione di circa 75 milioni di euro, reclamati attraverso la notifica di 350 cartelle esattoriali alle aziende del territorio. Cosa è successo nel frattempo? Ci sono forse disastri naturali di serie A e di serie B?Probabilmente, a Bruxelles si sono accorti che a furia di somministrare loro «più Europa», gli italiani, alle elezioni politiche, sono confluiti in massa su partiti, se non apertamente euroscettici, di sicuro critici nei confronti della governance europea. Una svolta antisistema che, se andasse in porto un accordo tra centrodestra e Movimento 5 stelle (sebbene Luigi Di Maio abbia rassicurato l'establishment sulla fedeltà dei pentastellati alla Nato e alla moneta unica), potrebbe condurre alla formazione del primo esecutivo «populista» in uno degli Stati fondatori della Ue. Così, forse per arginare l'emorragia di consensi, la Commissione ha rinunciato al pugno duro. Mentre, nei confronti dell'Aquila, avevano prevalso i tecnicismi.Consultato dalla Verità a proposito dell'interpellanza parlamentare che ha presentato, in difesa dei cittadini aquilani, con i senatori del centrodestra eletti in Abruzzo, Gaetano Quagliariello (Noi con l'Italia) e Nazario Pagano (Forza Italia), il professor Alberto Bagnai, della Lega, ci aveva spiegato che la vicenda delle tasse era stata gestita male dall'esecutivo presieduto da Mario Monti. Il sedicente governo degli esperti, infatti, non avrebbe invocato il comma 3 dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (che già prevede la possibilità di devolvere dei fondi in favore di aree colpite da calamità), in virtù del quale gli Stati possono destinare dei fondi per la crescita delle aree economicamente meno sviluppate, tra cui certamente rientrava l'aquilano, senza che ciò configuri un illegittimo «aiuto di Stato».La speranza, adesso, è che dopo il vertice organizzato dalla Regione Abruzzo mercoledì scorso, in cui tutte le forze politiche si sono dichiarate pronte a lottare insieme e in vista della mobilitazione che dovrebbe portare gli aquilani a manifestare anche a Roma, la Commissione europea corregga le iniquità del proprio metro di giudizio. Se l'Europa non è soltanto un comitato di grigi burocrati, Amatrice, Norcia e L'Aquila meritano la stessa solidarietà.
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