2025-05-06
Trump sente Erdogan: «Kiev guerra ridicola, collaboriamo per mettervi fine»
Recep Tayyip Erdogan e Donald Trump (Ansa)
Dopo le frasi di Donald sulla pace «impossibile», il Cremlino si mostra dialogante: «Un incontro con Putin è necessario».La situazione diplomatica relativa alla crisi ucraina resta considerevolmente ingarbugliata. Si registra tuttavia qualche segnale interessante. Ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è tornato ad aprire a un incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin. «Riteniamo che per molti versi sia ovviamente necessario un incontro», ha dichiarato, per poi aggiungere: «Deve essere preparato e ciò richiede sforzi a diversi livelli di competenza. Ciò richiede contatti continui tra Mosca e Washington che sono stati avviati e sono attualmente in corso». Curiosamente, le parole di Peskov sono arrivate dopo che, domenica, Trump, nel corso di un’intervista a Nbc News, aveva definito come «forse impossibile» un accordo di pace tra Kiev e Mosca. Nella medesima occasione, il presidente americano non aveva inoltre escluso ulteriori sanzioni alla Russia, in caso di una mancata intesa tra i belligeranti. Tutto questo, senza trascurare che, mercoledì, la Casa Bianca aveva firmato l’agognato accordo sui minerali strategici con Kiev.Certo, il Cremlino, negli ultimi giorni, ha fatto la voce grossa. «Abbiamo abbastanza forza e mezzi per portare a una conclusione logica quanto iniziato nel 2022, con l’esito che la Russia richiede», ha dichiarato Putin, che ha fatto anche un riferimento agli armamenti nucleari. «Non c’è stata alcuna necessità di usare quelle armi. E spero che non ce ne sarà bisogno», ha affermato. Non solo. Lo zar è anche pronto a ricevere a Mosca Xi Jinping, che venerdì parteciperà alla parata per il Giorno della vittoria. «Nel corso dei colloqui saranno discusse le principali questioni dell’ulteriore sviluppo delle relazioni di partenariato globale e di interazione strategica, nonché le questioni di attualità dell’agenda internazionale e regionale», ha reso noto il Cremlino, riferendosi al prossimo incontro tra Putin e Xi, nel cui quadro è prevista anche la firma di alcuni accordi. Si tratta di una doccia fredda per Trump, soprattutto alla luce del fatto che uno dei suoi principali obiettivi geopolitici è notoriamente quello di sganciare il più possibile la Russia dalla Cina.Tuttavia, attenzione: Mosca farà anche la voce grossa, ma questo non significa che stia dormendo dei sonni troppo tranquilli. A riprova di ciò, stanno del resto le parole pronunciate ieri da Peskov sulla possibilità di un incontro tra Trump e Putin. E allora quali sono le preoccupazioni che attanagliano lo zar? Innanzitutto, il presidente russo continua a temere l’abbraccio soffocante con Xi. Putin, in altre parole, ha bisogno della sponda americana per evitare che Mosca veda accentuata la propria subordinazione nei confronti di Pechino. In secondo luogo, emerge il nodo della guerra tariffaria tra Stati Uniti e Cina: guerra tariffaria che, secondo l’Ufficio di statistica del governo di Pechino, ha contribuito a provocare, in aprile, una decisa riduzione dell’attività manifatturiera cinese, che è scesa al minimo nell’arco degli ultimi 16 mesi. A questo si aggiunga che, giovedì, Trump ha dichiarato che «qualsiasi Paese o persona che acquisti qualsiasi quantità di petrolio o di prodotti petrolchimici dall’Iran sarà soggetto immediatamente a sanzioni secondarie». Una minaccia, questa, che riguarda principalmente Pechino. La strategia è dunque chiara: colpendo economicamente la Cina, il presidente americano punta indirettamente a indebolire la sponda tra la Repubblica popolare e la Federazione russa.È evidente che l’obiettivo di Trump non è semplice né, nel caso venisse effettivamente portato avanti, celere da conseguire. Ricordiamo sempre che la linea politica dell’amministrazione Biden, per anni, non ha fatto altro che favorire una progressiva saldatura tra Mosca e Pechino. Tuttavia, al netto delle oggettive difficoltà che l’attuale presidente americano sta incontrando in queste settimane, la fiducia ostentata da Putin e Xi è meno solida di quello che appare. È inoltre interessante notare che il premier indiano, Narendra Modi, ha declinato l’invito del Cremlino a partecipare alle celebrazioni moscovite del Giorno della vittoria. Sarà un caso, ma Trump sta giocando nettamente di sponda con Nuova Delhi: l’India risulta, tra l’altro, uno dei Paesi con cui Washington è in fase avanzata di trattative commerciali. Il che è tanto più significativo alla luce del fatto Nuova Delhi intrattiene storici legami con Mosca soprattutto nel settore della difesa.Inoltre, proprio ieri, Trump ha reso noto di aver avuto una telefonata «molto buona e produttiva» con Recep Tayyip Erdogan, parlando di Ucraina, Siria e Gaza. «Non vedo l’ora di collaborare con il presidente Erdogan per porre fine alla ridicola, ma mortale, guerra tra Russia e Ucraina, ora!», ha scritto Trump sui social. Un fattore, questo, che va letto (anche) come un avvertimento a Putin. Ricordiamo che il presidente turco è il principale responsabile dell’ascesa di Mohammed Al Jolani a Damasco: ascesa che ha inferto un duro colpo all’influenza russa in Siria. L’avvicinamento a Erdogan è un modo con cui Trump punta quindi a impensierire un Putin che ha urgente bisogno di recuperare terreno nello scacchiere mediorientale. Insomma, la situazione complessiva resta ingarbugliata. Ma il presidente americano, al netto delle indubbie difficoltà e delle battute d’arresto diplomatiche, potrebbe avere in mano più carte di quanto sembra.
Giorgia Meloni (Ansa)
Alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles, Giorgia Meloni ha riferito alle Camere tracciando le priorità del governo italiano su difesa, Medio Oriente, clima ed economia. Un intervento che ha confermato la linea di continuità dell’esecutivo e la volontà di mantenere un ruolo attivo nei principali dossier internazionali.
Sull’Ucraina, la presidente del Consiglio ha ribadito che «la nostra posizione non cambia e non può cambiare davanti alle vittime civili e ai bombardamenti russi». L’Italia, ha spiegato, «rimane determinata nel sostenere il popolo ucraino nell’unico intento di arrivare alla pace», ma «non prevede l’invio di soldati nel territorio ucraino». Un chiarimento che giunge a pochi giorni dal vertice dei «volenterosi», mentre Meloni accusa Mosca di «porre condizioni impossibili per una seria iniziativa di pace».
Ampio spazio è stato dedicato alla crisi in Medio Oriente. La premier ha definito «un successo» il piano in venti punti promosso dal presidente americano Donald Trump, ringraziando Egitto, Qatar e Turchia per l’impegno diplomatico. «La violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas dimostra chi sia il vero nemico dei palestinesi, ma non condividiamo la rappresaglia israeliana», ha affermato. L’Italia, ha proseguito, «è pronta a partecipare a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione e a sostenere l’Autorità nazionale palestinese nell’addestramento delle forze di polizia». Quanto al riconoscimento dello Stato di Palestina, Meloni ha chiarito che «Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e deve essere disarmato. Il governo è pronto ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate». In quest’ottica, ha aggiunto, sarà «opportuno un passaggio parlamentare» per definire i dettagli del contributo italiano alla pace.
Sul piano economico e della difesa, la premier ha ribadito la richiesta di «rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità e crescita» per gli investimenti militari, sottolineando che «il rafforzamento della difesa europea richiede soluzioni finanziarie più ambiziose». Ha poi rivendicato i recenti riconoscimenti del Fondo monetario internazionale e delle agenzie di rating, affermando che «l’Italia torna in Serie A» e «si presenta in Europa forte di una stabilità politica rara nella storia repubblicana».
Nel passaggio ambientale, Meloni ha annunciato che l’Italia «non potrà sostenere la proposta di revisione della legge sul clima europeo» se non accompagnata da «un vero cambio di approccio». Ha definito «ideologico e irragionevole» un metodo che «pone obiettivi insostenibili e rischia di compromettere la credibilità dell’Unione».
Fra i temi che l’Italia porterà in Consiglio, la premier ha citato anche la semplificazione normativa - al centro di una lettera firmata con altri 15 leader europei e indirizzata a Ursula von der Leyen - e le politiche abitative, «a fronte del problema crescente dei costi immobiliari, soprattutto per i giovani». In questo ambito, ha ricordato, «il governo sta lavorando con il vicepresidente Salvini a un piano casa a prezzi calmierati per le giovani coppie».
Nel giorno del terzo anniversario del suo insediamento, Meloni ha infine rivendicato sui social i risultati del governo e ha concluso in Aula con un messaggio politico: «Finché la maggioranza degli italiani sarà dalla nostra parte, andremo avanti con la testa alta e lo sguardo fiero».
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