In Africa iniziano a chiudere le scuole. E il Kenya si informa sul farmaco anti artrite
A Nairobi Il virus è stato confermato su una studentessa che è entrata dagli Stati Uniti, dopo essere passata da Londra. La Libia ha disposto ieri la chiusura delle scuole nella zona governata dall'esecutivo di Tripoli. Il primo caso in Sudafrica è stato annunciato il 5 marzo. Nel paese ci sono circa 7 milioni di persone positive all'Hiv, circostanza che rende particolarmente delicato il contagio.
Il primo caso di una donna affetta da Coronavirus in Kenya ha alzato il livello di preoccupazione in tutto il continente africano. Del resto il Kenya è uno degli stati più ricchi della zona sub sahariana, nonché uno snodo cruciale per molte aziende occidentali. In totale sono già 12 gli stati che hanno confermato casi di Covid 19. Il virus sembra avanzare lentamente, ma spaventano le condizioni dei singoli paesi, del tutto impreparati dal punto di vista sanitario ad affrontare un'emergenza di questo tipo. La alte temperature, forse, potrebbero aiutare. Ma il Kenya ha voluto prendere subito sul serio la situazione. Sembra essere già in prima linea contro l'emergenza.
Per questo le autorità kenyote hanno già imposto limitazioni ai cittadini e, a quanto risulta alla Verità, imporranno la chiusura delle scuole già da lunedì prossimo. Lo stesso sta facendo la Libia che proprio ieri ha disposto la chiusura delle scuole nella zona governata dall'esecutivo di Tripoli, di Al Serraj. In Kenya Il virus è stato confermato su una studentessa che è entrata in Kenya dagli Stati Uniti, dopo essere passata da Londra. Ora è in quarantena. Ma c'è di più. A Nairobi già si lavora già per ottenere dall'Italia il farmaco anti artrite che ha iniziato a funzionare contro il Covid 19. Tre pazienti ricoverati a Napoli hanno avuto un «miglioramento importante» con l'utilizzo del farmaco Tocilzumab il medicinale contro l'artrite che ha mostrato caratteristiche di efficacia nell'impedire la progressione della malattia verso le forme più gravi. Si tratta di un farmaco creato dall'azienda farmaceutica Roche che ha già dato disponibilità all'Italia di fornirlo gratuitamente in cambio di un assistenza sui pazienti, in modo da implementare le ricerche. Costa 1450 euro in ospedale. Sono 6 fiale, di cui sembra che 1 somministrata alla settimana possa permettere di sfiammare i polmoni.
Del resto l'Italia Il nostro paese è in prima linea nella battaglia contro il Covid-19. Non solo: la speranza è che sia stato identificato, grazie all'intuizione di alcuni medici napoletani, un farmaco che può arginare gli effetti della pandemia. Questi risultati potrebbero essere condivisi con altre parti del mondo e con l'Africa in particolare. È vitale che questo paese, così come gli altri africani, possa limitare al massimo il numero di pazienti positivi, altrimenti ci troveremmo di fronte a una tragedia di dimensioni bibliche, che comprometterebbe il futuro non solo del continente africano ma di tutto il pianeta. Nel frattempo ieri l'Algeria ha registrato il primo decesso per coronavirus, confermando altri nuovi cinque casi che portano il totale dei confermati a 24. Il 6 marzo in Egitto le autorità egiziane hanno annunciato di aver individuato 12 casi di coronavirus tra le persone a bordo di una delle navi che effettuano crociere sul Nilo. Sono tutti impiegati egiziani che lavorano sulla stessa nave allertati dopo che un turista thailandese, che aveva viaggiato sull'imbarcazione era risultato positivo al Covid-19.
La Tunisia ha chiuso i suoi confini marittimi e ha fortemente limitato i servizi aerei con l'Europa e l'Egitto, costringendo tutti i viaggiatori dall'estero a isolarsi per 14 giorni all'arrivo per rallentare la diffusione del nuovo coronavirus. Queste misure drastiche sono state annunciate venerdì sera dal primo ministro Elyes Fakhfakh. Il primo caso di Covid 19 nell'Africa subsahariana risale al 27 febbraio, in Nigeria: un lavoratore italiano, rientrato ad Abuja il 25 febbraio, con un aereo partito da Milano. Il secondo caso, annunciato in un primo momento il 9 marzo, è poi rientrato perché gli ultimi tamponi hanno avuto esito negativo, secondo il ministero della Salute del paese africano. Scuole e uffici restano al momento aperti e le persone in quarantena dopo un contatto con il paziente zero il 13 marzo sono state dichiarate negative al virus. Il contraccolpo economico per il più popoloso paese africano arriverà dal calo vertiginoso del prezzo del petrolio, che il 9 marzo ha toccato i 33 dollari a barile, cifra che non si vedeva dalla crisi del 1991. Il greggio pesa per il 90% dei prodotti da esportazione del Paese africano. L'ultima crisi economica del 2014-2015 non è ancora del tutto rientrata e la prossima si annuncia anche peggiore.
Il primo caso di Coronavirus in Sudafrica è stato annunciato il 5 marzo. Il paziente zero è un uomo di 38 anni che recentemente è stato in Italia. Il 13 marzo ministero della Salute ha ritoccato al rialzo il numero dei contagiati: 24 in tutto. Gli ultimi otto casi sono tutte persone che hanno da poco viaggiato in Europa tra Italia, Svizzera, Austria e Grecia. Nessun caso al momento risulta critico. Nel paese ci sono circa 7 milioni di persone positive all'Hiv, circostanza che rende particolarmente delicato il contagio. In Senegal sono dieci i casi confermati positivi al coronavirus, tutti membri della famiglia di un senegalese residente in Italia e rientrato a inizio marzo. Nella capitale senegalese Dakar la società inglese Mologic Ltd sta lavorando allo sviluppo di un test insieme all'Institute Pasteur, a seguito di una collaborazione cominciata ai tempi della lotta contro ebola. Obiettivo comune è ottenere risultati più precisi del tampone faringeo in 10 minuti di tempo, attraverso questa nuova strumentazione che verrà distribuita dalla società senegalese DiaTropix. L'azienda inglese dal 2016 ha ricevuto dalla Bill & Melinda Gates Foundation 9,7 milioni di dollari e un milione di sterline sui 46 messi a disposizione da Boris Johnson A inizio marzo per la ricerca di un vaccino e lo sviluppo di questo test ultra-rapido. Mologic aveva ricevuto oltre 550mila sterline già nel 2016, per una ricerca sul virus Zika. Gli altri casi nell'Africa subsahariana riguardano Costa d'Avorio, Burkina Faso, Gabon, Togo e Ghana, tutti Paesi dove si è registrato il primo caso infetto. In Repubblica democratica del Congo i casi registrati sono due.
Con la scusa di provare a recuperare parte del denaro perduto sugli appalti di Cmc, su cui si indaga anche in Italia, Nairobi vorrebbe rientrare di almeno 50 milioni di euro a suon di nuove imposte.Nel frattempo continua la collaborazione con la procura di Roma sui casi di Silvia Romano e Giulio Regeni. La storica società di Ravenna, in concordato preventivo, è difesa da Robert Amsterdam, già legale di Kim Dotcom e del governo turco di Recep Tayyip Erdogan contro Fetullah Gulen.
Lo scandalo che ha coinvolto la Cmc di Ravenna in Kenya continua a tenere banco in Africa. Con le indagini sugli appalti per tre dighe fantasma commissionate a Cmc dall'autorità fluviale della Rift Valley (una delle regioni del Kenya), il direttorato per le indagini criminali (Dci) sta chiamando a testimoniare pezzi grossi della politica nazionale. L'ultima lista degli invitati a comparire è stata resa pubblica il 16 dicembre: tra le 11 persone compare anche la figlia di uno degli storici alleati del presidente in carica, Uhuru Kenyatta, tra le dirigenti della Rift Valley Water Works development agency, l'ente che ha appaltato le dighe alla cooperativa di cementisti di Ravenna, da un anno in concordato preventivo. Tra i prossimi politici che verranno interrogati, il più atteso è Henry Rotich, ex ministro delle finanze arrestato in luglio. L'accusa è di corruzione.
Oltre alle ripercussioni giudiziarie, ci sono quelle economiche: secondo il quotidiano di Nairobi Daily Nation, per il solo lavoro incompiuto a Itare, lo Stato africano ha perso 4.3 miliardi di scellini (quasi 39 milioni di euro) che saranno recuperati dal governo con tasse extra, con un conto finale stimato a 19 miliardi di scellini (più di 168 milioni di euro) sempre per una sola delle dighe, quella di Itare.
Così, per provare a recuperare parte del denaro perduto, su cui si indaga anche altrove, dall'Italia al Sud Africa, Nairobi vorrebbe rientrare nel breve periodo di almeno 50 milioni di euro a suon di nuove imposte. La questione è delicata. E sta già creando polemiche tra i cittadini kenyoti e la comunità italiana, accusata di aver fatto aumentare la tassazione. I rapporti tra Nairobi e Roma sono stretti - la collaborazione va avanti da almeno 6 mesi - ma anche difficili, non solo per la vicenda della storica coop rossa ma anche per il sequestro di Silvia Romano, la nostra cooperante scomparsa ormai da più di un anno. In queste settimane Cmc ha continuato a difendersi, soprattutto sui giornali kenyoti, tramite l'avvocato Robert Amsterdam, legale canadese con un portafoglio di clienti che include l'imprenditore-hacker Kim Dotcom, che ha difeso nel processo per la mega frode del sito di contenuti pirata Megaupload, e il governo turco di Recep Tayyip Erdogan, aiutato dall'avvocato nella sua guerra a Feto, l'organizzazione del predicatore-oppositore politico Fetullah Gulen.
«Le operazioni della società sono gestite nel pieno rispetto delle regole per il progetto della diga di Itare fino a settembre 2018, quando il datore di lavoro non è riuscito a soddisfare una richiesta di pagamento, lasciando così alla società la scelta di sospendere le operazioni sul sito», ha dichiarato Amsterdam. All'accusa di non aver svolto i lavori pattuiti, Cmc replica inoltre sostenendo che i ritardi accumulati finora sono stati provocati dalla stessa autorità della Rift Valley ora sotto inchiesta per corruzione, che non è stata in grado di fornire tutti i permessi ambientali richiesti per legge.
Su questa vicenda dai contorni ancora poco chiari vorrebbe fare luce Noordin Haji, procuratore capo del Kenya e massima autorità investigativa del Paese. Il capo dei magistrati kenyoti ha fatto sapere tramite Repubblica che la collaborazione con la magistratura italiana è a tutto campo: non solo su Silvia Romano e Giulio Regeni, il ricercatore universitario ucciso in Egitto citato da un agente dei servizi egiziani a Nairobi come anticipato dalla Verità a luglio, ma anche su Cmc. «Che ci aiuti a ricostruire i flussi finanziari dei conti dei sei manager della Cmc su cui riteniamo siano state fatte transitare tangenti a funzionari pubblici e politici kenyoti. Anche perché questa indagine è tutt'altro che chiusa», ha detto Haji rivolgendosi ai pm romani, tra cui Sergio Colaiocco. Haji vorrebbe capire anche se nella vicenda abbia avuto un ruolo Sace, l'azienda partecipata di Cdp che assicura le commesse italiana all'estero. «Sulla scorte delle prove che abbiamo raccolto» ha detto l'investigatore kenyota. «Siamo convinti che Sace sia stata complice nella frode ai danni del governo del Kenya. Inoltre, i termini del prestito sono stati sbilanciati a favore degli investitori italiani. Dunque, ci aspettiamo da Sace la massima collaborazione»
- Il Dpp (Director of public prosecutions) di Nordin Haji ha in mano 500.000 pagine di documenti sui presunti casi di corruzione che coinvolgono la cooperativa di Ravenna da sempre vicina al centrosinistra. I contratti per le dighe sono stati stipulati ai tempi del governo di Matteo Renzi. Nuovi incroci con le indagini sulla cooperante Silvia Romano.
- Se lo scandalo di Nairobi è ormai internazionale, quello in Nepal è deflagrato pubblicamente solo in parte, ma all'interno dell'azienda ha provocato enormi frizioni.
Lo speciale contiene due articoli
C'è particolare apprensione in Kenya per la nascita del nuovo governo giallorosso. Da mesi le autorità kenyote indagano sulla Cmc di Ravenna, cooperativa di costruzioni da sempre vicina al centrosinistra, vincitrice tra il 2014 e il 2015 (governo Renzi) di tre appalti per la costruzione di tre dighe in Kenya, del valore di 800 milioni di euro, dove sarebbero transitate tangenti. Da mesi il Dpp (Director of public prosecutions) di Nordin Haji, che coordina le indagini insieme con il Dci (Director of criminal investigations) di George Kinoti, hanno impostato un dialogo con la procura di Roma per verificare se ci siano stati casi di corruzione. Il problema, si interrogano ora gli investigatori di Nairobi, è cosa potrebbe succedere adesso, dal momento che i contratti per le tre dighe furono stipulati proprio ai tempi del governo Renzi nel 2015.
Ci sarà un rallentamento delle indagini che già appaiono più che mai rallentate? Non solo. Tra Kenya e Italia si lavora anche per trovare la cooperante Silvia Romano, che operava per la onlus fanese Africa Milele. Scomparsa il 20 novembre dello scorso anno, secondo le ultime indagini della procura di Roma (il fascicolo è in mano a Sergio Colaiocco) sarebbe stata portata in Somalia. I Ros sono stati in Kenya a fine agosto. A questo punto va capito come mai il gruppo terroristico somalo All Shabbab abbia voluto proprio rapire una cooperante italiana. Perché? Va approfondito anche il comportamento della Farnesina che in questi mesi ha preferito il silenzio, come riportato in un articolo del Corriere della Sera di gennaio, dove c'era un esplicito invito a «stare zitti». Ci sono nodi tra i rapporti diplomatici di Italia e Somalia che non sono ancora venuti a galla? A questa domande stanno lavorando gli investigatori kenyoti che però si aspettano anche una mano sul fronte Cmc.
Al centro delle accuse contro la cooperativa, come rivelato dalla Verità in questi mesi, c'è anche il contratto di consulenza «al 3%» con l'azienda Stansha Limited che l'attuale direttore generale Paolo Porcelli firmò nel 2013 quando era responsabile Cmc per l'Africa subsahariana. Il suo contatto era Stanley Muhatma, parlamentare kenyota, proprietario di Stansha, arrestato nelle scorse settimane per evasione fiscale. A indagare a Roma è il pm Lucia Lotti. Altro punto che deve essere chiarito è il ruolo che Rita Ricciardi, presidente dell'Associazione per il Commercio tra Italia e Kenya, sarebbe in società con il ministro del Tesoro Henry Rotich, già fermato il mese scorso perché ritenuto punto di riferimento dell'inchiesta. Proprio alla fine di agosto gli investigatori kenyoti hanno scoperto che Rotich e il suo ex segretario principale Kamau Thugge avrebbero violato la legge sulle assicurazioni per garantire la costruzione delle dighe di Kimwarer e Arror. I conti di Rotich e Thugge sono stati congelati a inizio agosto. L'ordine di congelamento delle banche è stato emesso dal giudice Caroline Nzibe Muthoni. Il tribunale ha stabilito che i conti bancari rimarranno congelati per un periodo di 180 giorni. Il Dpp di Haji è già pronto a utilizzare oltre mezzo milione di pagine di documenti e a portare in aula 142 testimoni. Del resto che i governi di centrosinistra sappiano qualcosa di più su quei contratti è un dato assodato. Dal momento che i contratti per le tre dighe furono firmati tra il 2014 e il 2015: c'è una foto dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi con un giubbotto antiproiettili insieme al presidente Uhuru Kenyatta a testimoniarlo.
E in Nepal c'è l'altra inchiesta sugli appalti della cooperativa
Assegni scoperti, spese fuori controllo, consistenti ammanchi in banca (si parla di una cifra superiore al milione di dollari misteriosamente scomparsa) familiari del management di area collocati nelle posizioni di vertice senza averne le qualifiche e parenti assunti localmente all'insaputa della sede, nessuna copertura finanziaria in cassa. I vertici della Cooperativa cementisti e muratori di Ravenna erano stati avvisati che in Nepal qualcosa non stava andando per il verso giusto eppure i vertici di allora (molti dei quali confermati con la riorganizzazione) decisero stranamente di non intervenire. Lo stesso Paolo Porcelli, dopo aver sostituito Roberto Macri' come direttore generale, era andato a Kathmandu in visita ufficiale con tanto di ambasciatore a gennaio 2019 per cercare di salvare il progetto. Invece tra gennaio e febbraio 2019 la cooperativa è costretta a uscire dal progetto di Melamchi (premiato tre anni prima come miglior investimento straniero dall'Asian Development Bank dal Ministero delle Finanze Nepalese) e Tanhau. Languono ancora i tre impianti idroelettrici di Solu Kola, Likhu e Trishuli (valore complessivo 287 milioni di euro). Se lo scandalo in Kenya inizia a svilupparsi, quello in Nepal è deflagrato pubblicamente solo in parte, ma all'interno dell'azienda ha provocato enormi frizioni. Nepal e Kenya nel 2017 erano definiti nel Bilancio d'esercizio Paesi che davano «un considerevole contributo alla produzione». Sono diventate le micce che hanno innescato una delle peggiori crisi nella storia centenaria della cooperativa.
La situazione in Nepal è degenerata nel marzo del 2018, quando come direttore generale c'era ancora Roberto Macrì, poi costretto alle dimissioni a luglio probabilmente a causa delle problematiche sorte in Nepal e della totale mancanza di trasparenza, Giuseppe di Giorgio (Pm a Melamchi) e Salvatore Casciaro (Area Manager) erano infatti persone di fiducia di Roberto Macri'. Comunicazioni interne dell'azienda di cui La Verità è venuta a conoscenza dimostrano che il 25 marzo gli operai sono stati invitati a non andare sul cantiere per il rischio di ritorsioni e proteste nei loro confronti. Erano giorni delicati, in cui Di Giorgio e Casciaro stavano discutendo con delle banche locali l'accesso al credito per la cooperativa. I conti erano infatti ormai vuoti, nonostante l'azienda fosse già molto esposta, con tassi di interesse che arrivavano al 14%. Non solo: l'azienda aveva anche degli assegni post-datati, in bianco, depositati in banca, già firmati, pronti per essere distribuiti.
A dicembre 2017 lo stesso Casciaro aveva firmato per Cmc una lettera in cui ringraziava Rajesh Shrestha per le due subappaltatrici di Cmc Bira Motors e Bira Forniture per «la vostra cooperazione nell'ottenere un advance mobilization guarantee (una garanzia per la mobilitazione dei lavori) dal valore di 816 Npr (circa sei milioni di euro) attraverso la Nepal Investment Bank». La banca di investimento nepalese copriva l'investimento per l'ultimo progetto ottenuto all'epoca, il Solu Khola Dudhkoshi Hydroelectric Project. Secondo quanto riporta il Kathmandu Post, Sharesta era un vero e proprio intermediario: avrebbe pagato stecche al gdirettore esecutivo del progetto, Surya Raj Kadel e all'ex sottosegretario al ministero dell'Energia e dell'Acqua Gajendra Kumar Thakur, allo scopo di sbloccare le provvigioni per l'azienda oltre ad aver finanziato lui stesso la coop per circa 10 milioni di dollari tra garanzie emesse e finanziamenti erogati. Appare del tutto anomalo che un'azienda di queste dimensioni, utilizzi questi canali alternativi per finanziarsi. Le altre aziende in subappalto in Nepal, al contrario, vantano ancora crediti con l'azienda italiana.
Ma in tutto questo non bisogna dimenticare che sempre in quei giorni mentre i dipendenti all'estero non avevano accesso all'assistenza sanitaria e al vitto previsti da contratto, Porcelli andava in missione di lavoro all'estero in business class, pernottando in hotel a 5 stelle. Sono dettagli che i lavoratori di Cmc non hanno ancora dimenticato.



