Twitter, Musk dovrà rendere il social profittevole o l’uccellino finirà spennato dai debiti
Le direzioni in cui Elon Musk può sviluppare Twitter per non finire intrappolato tra i debiti
Che poi non serve speculare chissà quanto: il futuro di Twitter, Elon Musk l’ha stretto dentro un cinguettio, tra emoji di razzi, stelle e altri policromi slanci adolescenziali.
Sotto un sonoro esultante «Yesss!!!» (sic!) per celebrare l’acquisizione da 44 miliardi di dollari della piattaforma, l’uomo più ricco del mondo ha elencato cosa intende fare del suo salatissimo shopping, oltre a delistarlo e renderlo privato: «Una piazza digitale dove i temi vitali del futuro dell’umanità vengono dibattuti». E ancora, scendendo nella pratica, fuori dalle vaghe prospettive siderali: «Migliorare il prodotto con nuove caratteristiche, rendere l’algoritmo open source per incrementare il senso di fiducia, sconfiggere gli spam bot». Insomma, trasformarlo in un luogo in cui esprimersi con pienezza, senza censure o disturbi artificiali.
Tra il twittare e il fare, però, ci sono di mezzo molti ostacoli: «Musk sembra un politico che lancia slogan, ma non sa come mettere concretamente mano ai problemi. Dice cose fumose», è critico Vincenzo Cosenza, tra i principali esperti di social media in Italia. Nel dettaglio, «aprire l’algoritmo, significa mostrare a tutti come funziona al suo interno, incluso a quanti fanno spam. È una mossa che potrebbe avvantaggiarli».
Al momento gli utenti sono molestati da finti iscritti e sistemi automatici che li martellano propagandano un po’ di tutto (in particolare investimenti in criptovalute, guarda caso una delizia del patron di Tesla), domani tale incisività anziché indietreggiare potrebbe prosperare. Mentre eliminare ogni moderazione, togliere ai contenuti qualsiasi filtro un po’ come succede su Telegram, presuppone una deriva. «L’insulto diretto e continuo alle persone, una tendenza totale alla radicalizzazione. La libertà sfrenata di parola è un concetto affascinante, dai nessi problematici», commenta Cosenza.
Di sicuro, la manovra non piacerà agli investitori pubblicitari, che secondo la società di ricerche eMarketer hanno pesato per l’89% sulle entrate di Twitter nel 2021. Nemmeno il più temerario stratega delle pr vorrebbe vedere il suo brand comparire dentro un feed di epiteti razzisti, fake news, immagini pornografiche ed estremismi assortiti. Non che ora l’uccellino blu scoppi di salute: nell’ultimo quarto del 2021 ha totalizzato 1,57 miliardi di fatturato contro gli 1,58 miliardi attesi proprio per un rallentamento del flusso di inserzioni. E alcuni analisti preconizzano un peggioramento ulteriore riferito ai primi tre mesi del 2022, i cui risultati sono attesi per domani. Al punto che il board, dopo le iniziali resistenze alle pressioni di Musk, si sarebbe deciso a cedere alle sue lusinghe perché «i guadagni probabilmente non saranno arcobaleni e sorrisi», per citare le parole di Dan Ives della Wedbush Securities raccolte dalla Cnbc.
Comunque vada, poco importerebbe all’opulento imprenditore, che secondo il quotidiano britannico The Guardian starebbe costruendo, attraverso l’acquisizione, «il suo ultimo disperato tentativo di celebrità». O l’ennesimo. Al punto di sganciarsi dalle logiche pubblicitarie, puntando su un modello a sottoscrizione: «Ma per funzionare, per essere sostenibile, richiede una massa enorme di persone disposte a pagare per scrivere e leggere i contenuti. Non la vedo una strada sana dal punto di vista economico», osserva Cosenza. D’altronde, Twitter Blue, l’abbonamento con funzioni premium già disponibile, non è decollato, né ridurne il costo (oggi fissato a 3 dollari) pare poi questo incentivo strabiliante.
Per quanto sia il suo giocattolo preferito, la valvola di sfogo, un confessionale ecumenico, Musk non può permettersi una piattaforma che si traduca in un’emorragia di soldi. Deve rendere conto alle banche, che per finalizzare l’offerta gli hanno concesso 25 miliardi di dollari. Per metà sono prestiti in cambio di azioni di Tesla, il cui valore, alla lunga, potrebbe uscire danneggiato da decisioni in grado di minare la profittabilità del social network. I primi segnali sono stati scoraggianti: ieri, a due ore dalla chiusura, il titolo di Tesla cedeva circa l’11%. Un crollo frutto del nervosismo degli investitori consapevoli che, lo ricorda il Financial Times, Musk potrebbe essere costretto a vendere altre azioni per pagare il resto dell’acquisizione. Circa Twitter, anch’esso in calo a Wall Street, «l’operazione verrà finanziata con una combinazione di debito e capitale e ci aspettiamo che la leva finanziaria di Twitter aumenti in modo sostanziale al di sopra del limite di 1,5 volte, livello per un downgrade del rating BB+», scrive in una nota S&P, che ha messo l’acquisizione sotto la sua lente. Prima di decidere se procedere al taglio del rating, aspetterà che l’operazione si concluda, ma i suoi rilievi non suonano come una benedizione. Anzi.
Tanto scetticismo, forse, potrebbe risultare ingeneroso: a Musk, il colonizzatore di Marte, occorrerebbe lasciare il beneficio del dubbio. «Magari ha in mente soluzioni futuristiche», ipotizza Cosenza, «come la decentralizzazione dei server, l’applicazione di meccanismi tipici della blockchain, lasciando la totale responsabilità dei tweet a chi li scrive. Ma in tal caso, sarebbe parecchio difficile intercettare chi pubblica i contenuti più estremi. Twitter diventerebbe una terra di nessuno».
Già in rete lo chiamano «hell site», il sito infernale. Questa non sembra la strada per elevarlo nemmeno a un purgatorio. «Di certo», conclude Cosenza, «quando sarà un’azienda privata non avrà gli obblighi di pubblicità della Borsa. Per gli iscritti, anziché maggiore, la trasparenza sarà minore». Non è di quest’idea Jack Dorsey, il fondatore della piattaforma, che giudica l’operazione con favore, in particolare il delisting: «Toglierla da Wall Street è la prima mossa giusta da fare», ha scritto in un cinguettio. E in un altro: «Elon è la soluzione di cui mi fido». Bisognerà capire se la penseranno allo stesso modo gli inserzionisti, gli utenti, o qualunque altra fonte o strategia di guadagno Musk deciderà di coinvolgere per evitare che l’uccellino finisca spennato dai debiti.
Il protocollo d'intesa tra la Dnaa e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli punta a migliorare l'efficienza dei rispettivi strumenti di contrasto ai fenomeni criminali. «I nostri sistemi di intelligence devono adattarsi a un mondo che cambia velocemente, per cogliere le opportunità offerte dal progresso tecnologico e dall'evoluzione dell'ordinamento giuridico» ha detto il direttore di Adm Roberto Alesse.
Il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Roberto Alesse, ha incontrato nella sede di Piazza Mastai dell'Agenzia, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, e firmato un Protocollo d'intesa con la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Il Protocollo rinnova le modalità che disciplinano i rapporti tra la Dnaa e il personale di polizia giudiziaria dell'Adm, coordinato dalla Direzione antifrode, diretta dal magistrato ordinario, Sergio Gallo, migliorando l'efficienza dei rispettivi strumenti di contrasto ai fenomeni criminali. «Con il sostegno della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, siamo sicuri che riusciremo ad avere un ruolo sempre più incisivo nella lotta all'illegalità. Siamo consapevoli delle importanti sfide che ci attendono», ha detto Alesse durante l'incontro. «I nostri sistemi di intelligence devono adattarsi a un mondo che cambia velocemente, per cogliere le opportunità offerte dal progresso tecnologico e dall'evoluzione dell'ordinamento giuridico. Le novità che arrivano dall'intelligenza artificiale ma anche da una crescente globalizzazione suggeriscono, ad esempio, di dotarsi di un'unica autorità doganale sovranazionale», ha aggiunto. «La cooperazione istituzionale con l'Adm è un impegno antico che va rinnovato e sviluppato proiettando lo sguardo verso sfide comuni, come quella dell'innovazione tecnologica. I flussi di informazioni prodotti dall'Agenzia sono per noi di fondamentale importanza. Mi auguro che ci siano occasioni di confronto e mutuo monitoraggio frequenti, perché i protocolli devono evolversi nella loro applicazione pratica», ha sottolineato il procuratore Melillo.