Scenari, grandi manovre sul fronte delle fiere. E a Verona ribaltone in vista dello shopping
2022-05-14
Verità e Affari
Che poi non serve speculare chissà quanto: il futuro di Twitter, Elon Musk l’ha stretto dentro un cinguettio, tra emoji di razzi, stelle e altri policromi slanci adolescenziali.
Sotto un sonoro esultante «Yesss!!!» (sic!) per celebrare l’acquisizione da 44 miliardi di dollari della piattaforma, l’uomo più ricco del mondo ha elencato cosa intende fare del suo salatissimo shopping, oltre a delistarlo e renderlo privato: «Una piazza digitale dove i temi vitali del futuro dell’umanità vengono dibattuti». E ancora, scendendo nella pratica, fuori dalle vaghe prospettive siderali: «Migliorare il prodotto con nuove caratteristiche, rendere l’algoritmo open source per incrementare il senso di fiducia, sconfiggere gli spam bot». Insomma, trasformarlo in un luogo in cui esprimersi con pienezza, senza censure o disturbi artificiali.
Tra il twittare e il fare, però, ci sono di mezzo molti ostacoli: «Musk sembra un politico che lancia slogan, ma non sa come mettere concretamente mano ai problemi. Dice cose fumose», è critico Vincenzo Cosenza, tra i principali esperti di social media in Italia. Nel dettaglio, «aprire l’algoritmo, significa mostrare a tutti come funziona al suo interno, incluso a quanti fanno spam. È una mossa che potrebbe avvantaggiarli».
Al momento gli utenti sono molestati da finti iscritti e sistemi automatici che li martellano propagandano un po’ di tutto (in particolare investimenti in criptovalute, guarda caso una delizia del patron di Tesla), domani tale incisività anziché indietreggiare potrebbe prosperare. Mentre eliminare ogni moderazione, togliere ai contenuti qualsiasi filtro un po’ come succede su Telegram, presuppone una deriva. «L’insulto diretto e continuo alle persone, una tendenza totale alla radicalizzazione. La libertà sfrenata di parola è un concetto affascinante, dai nessi problematici», commenta Cosenza.
Di sicuro, la manovra non piacerà agli investitori pubblicitari, che secondo la società di ricerche eMarketer hanno pesato per l’89% sulle entrate di Twitter nel 2021. Nemmeno il più temerario stratega delle pr vorrebbe vedere il suo brand comparire dentro un feed di epiteti razzisti, fake news, immagini pornografiche ed estremismi assortiti. Non che ora l’uccellino blu scoppi di salute: nell’ultimo quarto del 2021 ha totalizzato 1,57 miliardi di fatturato contro gli 1,58 miliardi attesi proprio per un rallentamento del flusso di inserzioni. E alcuni analisti preconizzano un peggioramento ulteriore riferito ai primi tre mesi del 2022, i cui risultati sono attesi per domani. Al punto che il board, dopo le iniziali resistenze alle pressioni di Musk, si sarebbe deciso a cedere alle sue lusinghe perché «i guadagni probabilmente non saranno arcobaleni e sorrisi», per citare le parole di Dan Ives della Wedbush Securities raccolte dalla Cnbc.
Comunque vada, poco importerebbe all’opulento imprenditore, che secondo il quotidiano britannico The Guardian starebbe costruendo, attraverso l’acquisizione, «il suo ultimo disperato tentativo di celebrità». O l’ennesimo. Al punto di sganciarsi dalle logiche pubblicitarie, puntando su un modello a sottoscrizione: «Ma per funzionare, per essere sostenibile, richiede una massa enorme di persone disposte a pagare per scrivere e leggere i contenuti. Non la vedo una strada sana dal punto di vista economico», osserva Cosenza. D’altronde, Twitter Blue, l’abbonamento con funzioni premium già disponibile, non è decollato, né ridurne il costo (oggi fissato a 3 dollari) pare poi questo incentivo strabiliante.
Per quanto sia il suo giocattolo preferito, la valvola di sfogo, un confessionale ecumenico, Musk non può permettersi una piattaforma che si traduca in un’emorragia di soldi. Deve rendere conto alle banche, che per finalizzare l’offerta gli hanno concesso 25 miliardi di dollari. Per metà sono prestiti in cambio di azioni di Tesla, il cui valore, alla lunga, potrebbe uscire danneggiato da decisioni in grado di minare la profittabilità del social network. I primi segnali sono stati scoraggianti: ieri, a due ore dalla chiusura, il titolo di Tesla cedeva circa l’11%. Un crollo frutto del nervosismo degli investitori consapevoli che, lo ricorda il Financial Times, Musk potrebbe essere costretto a vendere altre azioni per pagare il resto dell’acquisizione. Circa Twitter, anch’esso in calo a Wall Street, «l’operazione verrà finanziata con una combinazione di debito e capitale e ci aspettiamo che la leva finanziaria di Twitter aumenti in modo sostanziale al di sopra del limite di 1,5 volte, livello per un downgrade del rating BB+», scrive in una nota S&P, che ha messo l’acquisizione sotto la sua lente. Prima di decidere se procedere al taglio del rating, aspetterà che l’operazione si concluda, ma i suoi rilievi non suonano come una benedizione. Anzi.
Tanto scetticismo, forse, potrebbe risultare ingeneroso: a Musk, il colonizzatore di Marte, occorrerebbe lasciare il beneficio del dubbio. «Magari ha in mente soluzioni futuristiche», ipotizza Cosenza, «come la decentralizzazione dei server, l’applicazione di meccanismi tipici della blockchain, lasciando la totale responsabilità dei tweet a chi li scrive. Ma in tal caso, sarebbe parecchio difficile intercettare chi pubblica i contenuti più estremi. Twitter diventerebbe una terra di nessuno».
Già in rete lo chiamano «hell site», il sito infernale. Questa non sembra la strada per elevarlo nemmeno a un purgatorio. «Di certo», conclude Cosenza, «quando sarà un’azienda privata non avrà gli obblighi di pubblicità della Borsa. Per gli iscritti, anziché maggiore, la trasparenza sarà minore». Non è di quest’idea Jack Dorsey, il fondatore della piattaforma, che giudica l’operazione con favore, in particolare il delisting: «Toglierla da Wall Street è la prima mossa giusta da fare», ha scritto in un cinguettio. E in un altro: «Elon è la soluzione di cui mi fido». Bisognerà capire se la penseranno allo stesso modo gli inserzionisti, gli utenti, o qualunque altra fonte o strategia di guadagno Musk deciderà di coinvolgere per evitare che l’uccellino finisca spennato dai debiti.
Grandi manovre nel sistema fieristico italiano che è ripartito dopo il periodo il forzato stop per il Covid (con cali di giro d’affari superiori all’80%).
Ma il boom di presenze registrato tra i padiglioni da gennaio ad oggi non cancella i problemi di un rilancio che passa anche attraverso il rinnovamento delle strutture ed un salto tecnologico-digitale che si è fatto pressante alla luce delle problematiche legate alla pandemia.
Tra l’altro, mentre nel resto d’Europa (specie in Germania) i governi sono intervenuti da subito con cospicui finanziamenti a sostegno delle Fiere, nel nostro Paese i soldi sono arrivati in ritardo e col contagocce. Dunque il gap si è fatto più netto. A nostro favore gioca però la forza del prodotto-Italia ed il contesto attorno alle manifestazioni. Ma non basta.
Da qui il percorso, quasi obbligatorio, delle partnership che sembra trovare nuovo slancio con, ad esempio, Milano che punta ad una fusione con Parma e Vicenza-Rimini che continua a guardare a Bologna.
LA PERLA DEL NORDEST
Ma poi c’è la “perla” del Nord est ovvero la Fiera di Verona, dove passano manifestazioni di caratura internazionale come Vinitaly ma non solo. Verona da tempo si sta guardando attorno. Bloccato un discutibile accordo con Milano su una costola del Vinitaly, e sfumata l’intesa con Vicenza ha anche percorso la strada di una forte partnership con Parigi.
Tutte strade che non hanno sortito, al momento, risultati concreti e che mettono Verona nella situazione di dover pensare allo shopping ma anche di essere preda. Da qui un ribaltone che ha però all’origine un diverso equilibrio tra le forze propulsive della città ed il recentissimo nodo- alleanze in vista delle lezioni comunali. Il risultato è il cambio alla presidenza, alla direzione generale (con lo “storico” Giovanni Mantovani in uscita) e la creazione di un amministratore delegato.
Il cambio alla direzione generale è comunque il perno di una intesa portata avanti dal Comune di Verona principale azionista della Fiera con quasi il 40% e la Fondazione Cariverona con il suo 24%, ma anche da altri soci forti come Camera di Commercio, Banco BPM e Cattolica Assicurazioni.
NUOVO VERTICE
A VeronaFiere si va dunque verso un vertice tutto nuovo con Federico Bricolo presidente e Maurizio Danese Amministratore Delegato. Il principale sponsor di Bricolo è l’attuale sindaco Federico Sboarina, che ha dovuto superare le resistenze di coloro che spingevano per andare con la nomina a dopo le elezioni comunali.
D’altra parte Bricolo è un uomo forte della Lega, di cui è anche responsabile elettorale per le prossime amministrative. E con questa nomina il sindaco Sboarina cerca di ricucire lo strappo con Salvini dopo la sua adesione a Fratelli D’Italia. Il leader leghista infatti, durante una visita a Verona, aveva pubblicamente elogiato il sindaco, facendo intendere che fosse molto vicino al Carroccio. Come tutta risposta Sboarina, pochi giorni dopo aveva annunciato la sua adesione a Fratelli d’Italia con tanto di plauso ufficiale dalla leader Meloni.
Da qui il grande gelo Sboarina-Lega con quest’ultima fredda sulla ricandidatura alla poltrona di sindaco. A complicare le cose la decisione di Forza Italia di appoggiare Tosi. Ora, con le amministrative da un passo, la mossa Bricolo potrebbe spianare la strada ad una pace Sboarina-Lega.Ma torniamo alla Fiera: Bricolo come presidente della Fiera prenderà il posto proprio di Maurizio Danese, destinato a diventare amministratore delegato. Danese, imprenditore e presidente di Aefi (l’associazione delle fiere italiane) è ben visto dai soci forti.
Come pure il nuovo dg che dovrebbe essere Flavio Piva, presidente della Bcc di Verona e Vicenza. Le nomine dovrebbero avvenire il 17 maggio, alla prossima assemblea per l’approvazione del bilancio della fiera.
Dopo il rinnovo del contratto per le funzioni centrali dello Stato, in arrivo anche il «contentino» per il personale della scuola. La questione verrà affrontata da Aran e sindacati il prossimo 17 maggio.
Intanto, secondo quanto risulta a Verità&Affari, il governo ha già un progetto ben chiaro per docenti, personale ausiliario, tecnico e amministrativo e dirigenti. Ma sotto forme diverse. Per il rinnovo del contratto di professori e ausiliari l’esecutivo ha previsto lo stanziamento di 2,16 miliardi che corrispondono complessivamente ad un aumento della retribuzione del 3,78 % rispetto al 2018. I dirigenti non saranno della partita. Per loro l’esecutivo ha però previsto la stabilizzazione dei precari.
Inoltre, con i sindacati si discuterà anche di lavoro agile, «complementare e non alternativo al lavoro in presenza» come si legge nell’atto di indirizzo del Ministero per la pubblica amministrazione sul rinnovo contrattuale del triennio 2019-2022 per il personale del comparto dell’istruzione e della ricerca.
E poi ancora sul tavolo della trattativa ci saranno, oltre agli aumenti, anche misure di welfare con «possibili aree di intervento su genitorialità, prestazioni sanitarie, formazione e mobilità sostenibile». Interpellato sulla questione il ministero non commenta. Intanto scattano le contestazioni.
STABILIZZAZIONE
La soluzione stabilizzazione dei dirigenti precari non convince tutti. L’Associazione Classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni Agdp e l’Associazione ex allievi Sna ha espresso «la propria ferma contrarietà al tentativo di stabilizzare i funzionari che hanno ricevuto incarichi dirigenziali meramente fiduciari, senza aver mai superato il concorso pubblico indetto dalla Scuola nazionale dell'Amministrazione (Sna) o da ciascuna amministrazione e, quindi, senza aver mai superato prove preselettive, scritte ed orali».
Le due associazioni promettono di dare battaglia contro l’emendamento 32.8 all'A.S. 2564 perchè la proposta normativa deroga al principio del concorso pubblico. Se approvata, creerebbe un doppio binario per l'accesso alla qualifica dirigenziale: il concorso pubblico e la stabilizzazione - pur una tantum - degli incarichi dirigenziali conferiti intuitu personae, «sulla base di un rapporto di fiducia di natura personale, politico o altro».
Intanto, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro Patrizio Bianchi, ha sottolineato come il governo abbia «investito e continuerà a farlo. Fino al 2026 l'organico rimarrà inalterato e impiegato anche per ridurre la numerosità delle classi - prosegue - Le risorse che si libereranno dopo, a causa del drammatico tasso di denatalità, saranno reinvestite». Inoltre «a settembre abbiamo assunto quasi 60 mila insegnanti. Ne assumeremo altri 60 mila a settembre 2022 e 70 mila entro il 2024». In arrivo infine risorse per nidi e materne «Oltre 300 milioni per potenziare il sistema integrato di educazione e istruzione per i bambini da 0 a 6 anni» ha ricordato Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in Commissione Cultura alla Camera.
Mentre va avanti il processo di vendita di Ita, il governo cerca di fare il possibile per dare una mano al turismo. E lo fa anche attraverso la società guidata da Fabio Lazzerini che ieri ha comunicato di essere main partner di True Italian experience, un hub digitale per il rilancio del turismo in Italia di proprietà della società di comunicazione Assist group.
«Un progetto accolto con entusiasmo e interesse dalle istituzioni» come spiega una nota stampa di Ita. Incluso il ministero del Turismo. «L’iniziativa di Ita Airways con True Italian Experience è una sfida vincente che va nella direzione di un maggior coinvolgimento di tutti gli operatori per una migliore offerta turistica nazionale – ha dichiarato il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, nel corso della presentazione dell’iniziativa ieri a Roma al Chiostro del Bramante -. Quest’anno ci aspettiamo una ripartenza del turismo. Ci siamo dati come obiettivo della stagione turistica il raggiungimento dei dati del 2019, anno record per le presenze straniere in Italia. É ambizioso, ma è un dovere che abbiamo nei confronti di tutti gli operatori dopo due anni di blocco dato dalla pandemia».
C’è decisamente molto da fare se si pensa che a gennaio l’Italia è il Paese numero uno in termini di click, ma poi a consuntivo rappresenta la quinta meta turistica, nonostante l’ingente patrimonio culturale e le bellezze paesaggistiche. Per questo secondo Lazzerini, True Italian Experience può essere uno strumento adeguato al rilancio dal momento che mette assieme tutti i soggetti della filiera turistica.
«Stiamo lavorando a questo progetto da tre anni - ha spiegato Maurizio Rota, amministratore delegato di True Italian Experience, - Abbiamo un’offerta di 1800 esperienze diverse in Italia sparse su tutto il territorio nazionale. Puntiamo ad arrivare a 4mila entro la fine dell’anno». Il progetto di True Italian Experience dovrebbe quindi rendere più facile al turista straniero l’organizzazione del suo viaggio in Italia. Contando anche su Ita che, come ha spiegato Lazzerini, «è la compagnia di bandiera a servizio del territorio nazionale».
Almeno per il momento visto che il processo di cessione verrà ultimato a giugno e ben presto Ita potrebbe essere controllata dai francesi di AirFrance-Klm, in cordata con il fondo Cerberus e Delta, o dai tedeschi della Lufthansa, in tandem con Msc). O ancora dalla Indigo Partners, il fondo che controlla l’ungherese Wizz Air. Salvo che, last minute, non si manifestino altri potenziali acquirenti. In compenso, come ha spiegato il ministro del Tesoro, Daniele Franco, lo Stato italiano dovrebbe mantenere una partecipazione sul lungo termine a tutela dell’occupazione. E magari anche dei flussi turistici che AirFrance-Klm è interessata a dirottare principalmente sugli aeroporti di Parigi, mentre Lufthansa su quello di Francoforte.
CESSIONE A BREVE
«Siamo tutti estremamente fiduciosi» nel successo del processo di vendita di Ita Airways, ha dichiarato a margine dell’incontro il presidente esecutivo di Ita, Alfredo Altavilla. Sono fiduciosi «il ministro Franco e tutta la struttura del Mef per primi» ha aggiunto, precisando che «non c'è un vincitore scontato, come è giusto che sia in questo momento del processo».
Per Altavilla «tutti i partecipanti alla gara (che si chiuderà il 23 maggio, ndr) stanno giocando le proprie carte e avranno la possibilità di esprimersi con le loro proposte; poi il Tesoro farà le sue valutazioni per scegliere il partner ideale della compagnia. La fiducia nel successo del processo è totale». Il risultato si vedrà a giugno.