2025-07-01
Non solo chef stellati: da Amendola a Bonucci, infuriano i vip-ristoratori
Chiambretti, critico verso i piatti da tv, è nel settore dal 1998. Abatantuono dal 2013 ha una catena che fa polpette. Sor Giulio ha iniziato molto prima dei «Cesaroni», mentre l’ex Juve ha un locale a Torino.Nel film Sono Tornato, un redivivo Benito Mussolini - interpretato da Massimo Popolizio - è ospite di un talent show, dove pronuncia un discorso i cui passaggi clou sono i seguenti: «Eravate un popolo di analfabeti. Dopo 80 anni torno, e vi ritrovo un popolo di analfabeti» (esagerato, ducesco, ma vai a dargli torto...).Ma soprattutto: «Le nascite non sono mai state così basse, però non c’è da stupirsi: chi vorrebbe mettere al mondo dei figli se poi la loro massima aspirazione è diventare dei cuochi?», e qui scatta la ola.Per la battuta impietosamente azzeccata. È vero: tra canali digitali e piattaforme, a qualunque ora del giorno si accenda la tv, si troverà sempre qualcuno impegnato ai fornelli, a impiattare o a illustrare ricette. Compreso il viaggiatore gastronomico in Italia per la Cnn, il pluripremiato attore e regista Stanley Tucci (madre e nonna calabresi, nonno cosentino).Tutti aspiranti chef.Una maionese impazzita di format - tra master, cucine da incubo, quattro ristoranti e altrettanti salti in padella - da farti passare l’appetito.«La tv è ormai un enorme minestrone di programmi sulla cucina, in cui si mischiano sacro e profano, trasformando tutti in cuochi e tutti in obesi. Perché se noi dovessimo mai mangiare quello che ci propinano dal piccolo schermo, peseremmo tutti oltre i cento chili» ha annotato Piero Chiambretti, che pure ha messo da anni solide radici nel mondo della ristorazione (dopo il debutto nel 1998 con i «Fratelli La Cozza», ristorante «con servizio pizza», è socio comproprietario anche di altri quattro locali di Torino). Del resto, come non ricordare che c’è un pubblico che tali appuntamenti se li «beve»? Anche se, continua Chiambretti, «mostrano cibi, ingredienti, componenti, materie prime che non sono reperibili da noi umani. Va bene la cipolla di Tropea che ormai viene venduta anche alla stazione, ma ci sono oli, pomodori, carni, pesci, farine che non si trovano in giro. È ridicolo pensare che la cucina sia quella che vediamo in tv. Ti viene l’acquolina in bocca davanti a quei piatti in 4k, ma non è reale, non è così che si mangia a casa».La passione per il cibo è un tratto tipico del nostro profilo antropologico. L’aveva già capito Catherine Deneuve, che di maschi italici se ne intende, essendo stata a lungo legata al miglior esemplare della categoria, quanto a fascino, il seduttore riluttante Marcello Mastroianni (capace, per dire, di disdegnare le avances di Liza Minnelli, fresca vincitrice di un Oscar con Cabaret, che lo inseguiva nottetempo ubriaca in via Veneto, con lui che accelerava il passo per seminarla, e vai a sapere se era per non approfondire una conoscenza «biblica», o per non continuarla...).La diva francese ha dato una fulminante definizione degli uomini del Belpaese: «La seconda cosa che prediligono è mangiare» (la prima? Be’...). Insomma: in tv la trasmissioni di cucina vanno via come il pane, facendo ad esempio di Alessandro Borghese e Antonino Cannavacciuolo due personaggi riconoscibilissimi, ma trasformandoli anche in vittime di esilaranti parodie di Max Giusti.Che dopo un periodo di «andamento lento» (non certo per demerito suo), si è ritrovato sugli scudi grazie alle sue apparizioni nel Gialappa Show su Tv8.Ma è proprio con lui che il cerchio si chiude.Perché l’intrattenitore è da qualche mese il titolare di un ristorante-pizzeria, «La Pisanella», all’interno del circolo di tennis «Play Pisana», gestito da lui medesimo.«Max Giusti apre il suo primo locale a Roma. Ecco come sarà» ha annunciato il sito specializzato Gambero Rosso il 30 aprile. «Imitare Borghese e Cannavacciuolo mi è sembrato quasi un segnale. Mi sono detto: sai che c’è? In certi momenti non puoi aspettare che ci siano altri che ti tolgono le castagne dal fuoco, devo provvedere io in prima persona».Con un menu in cui compaiono le polpette.«Mi sono ispirato a Diego Abatantuono. A Che Tempo che fa ho assaggiato le sue, e mi sono detto: «Come faccio all’inizio a dare un servizio veloce alla clientela? Le polpette sono una grande alternativa e le proponiamo in varie versioni: vegetali, alla cacciatora, classiche al sugo».Abatantuono, neo settantenne (auguri), è nel settore da più di un decennio.Nel 2013 ha contribuito a far nascere «Meatball Family», catena di ristoranti - tra Roma e Milano - che intende ricreare (si legge sul sito) «il concetto di famiglia che si ritrova a tavola, in un ambiente in stile italo-americano».A mangiare cosa? Ma meatballs, appunto: polpette. Claudio Amendola invece è un veterano. Direte: grazie, ha sfruttato l’ondata di popolarità acquisita con la serie tv de I Cesaroni, in cui interpreta il sor Giulio, un addetto ai lavori.Macché.Il suo debutto nel settore risale, secondo il sito Rerum Romanarum, addirittura al 1990, quando a Trastevere aprì il ristorante «L’ultima follia», poi chiuso nel ’94. Sei anni dopo, ecco l’inaugurazione a Valmontone di «Osteria del parco».Cui fa seguito il suo secondo ristorante vero e proprio nel centro della Capitale, «Frezza-Cucina de coccio». Per arrivare, il 10 aprile scorso, allo sbarco sulla piazza milanese con «Cascina romana».Amendola ci ha scherzato su: «Anni fa ho interpretato un velista e mi sono innamorato della barca a vela. Sul set dei Cesaroni interpreto Giulio, con la sua bottiglieria, e sono diventato oste per davvero. Speriamo che non mi diano mai la parte di un serial killer».Ovviamente «vendere» e «mangiare» non sono due attività affini, presentare un piatto come un prodotto da esposizione in tv non è come convincere il cliente, non già il telespettatore, a entrare nel tuo ristorante e poi, soprattutto, a tornarci. Imperativo categorico che dovrebbero tenere a mente conduttori tv, attori, ma anche sportivi, in testa gli eroi del pallone, decisi a sfruttare la loro immagine come ristor-attori (in senso lato). Come l’ex difensore della Juve Leonardo Bonucci (con il «Lève» di Torino) o l’ex giallorosso Vincent Candela, che a Monte Compatri, zona Castelli Romani, ha il suo «Qui e ora».Ne ha fatto tesoro l’argentino, già capitano dell’Inter e ora vicepresidente della società, Javier Zanetti, che a Milano ha ora tre ristoranti, menù non proprio da vegani: «Oggi si parla molto di alta cucina, creatività e raffinatezza, ma penso non ci sia niente di meglio di una buona grigliata in compagnia». Carne rossa chiama vino «tinto», sicché l’ex calciatore si è messo a produrre anche una propria etichetta di vino, «Javier Zanetti 4», il suo storico numero di maglia.Dalla pedata alle ugole. Con il Quotidiano di Puglia che annuncia Giorgia - la cantante, non la premier - prossima all’apertura di un bistrot nel cuore di Galatina, località del Salento cui è legata da anni. Distante un’ora da Cellino San Marco, luogo natio di Al Bano, che nelle sue tenute ha aperto il ristorante «Don Carmelo», dove si gustano piatti tradizionali, non certo vodka e caviale, nonostante il noto legame dell’artista con la Santa Madre Russia (che gli è costato pure la pubblica rampogna dell’ex moglie Romina Power).Anche Stash, all’anagrafe Antonio Fiordispino, casertano, voce dei The Kolors, ha pensato bene di mettere a frutto la fama ormai consolidata, investendo nella «piazzetta» per eccellenza: quella di Capri. Prima con «Tu con chi Calamore?», poi, negli stessi spazi, così almeno secondo il sito finedininglovers.it, con una nuova insegna: «Focaccia Factory Capri».Forse perché - insinua il pissipissi fatto circolare dai concorrenti presumibilmente invidiosi - l’esperimento di «gastronomia pop» non ha funzionato come da aspettative? In ogni caso, l’esperienza di Calamore continuerà a vivere, sempre con il coinvolgimento imprenditoriale di Stash, «ma si appresta a prendere una nuova direzione, entrando in un gruppo più grande, con una distribuzione più ampia, in altre città». Da ultimo, Andrea Bocelli, fresco di duetto con Jannik Sinner. Com’è noto, ai vertici della classifica - elaborata dal Sole24ore - sui comuni più ricchi d’Italia in base alla somma dei redditi dichiarati, troviamo Lajatico, Pisa, borgo di circa 1.300 anime, paese natio del cantante, che vi ha mantenuto la residenza.Bocelli, meritatamente ricco di suo, nel comune organizza ogni anno un concerto (incentivando il turismo) e vi ha perfino fatto nascere una piccola banca. Nonché le «Officine Bocelli Food Court» che sono ristorante, caffetteria, paninoteca, braceria ed enoteca al tempo stesso.Bocelli ha anche uno stabilimento balneare a Forte dei Marmi, l’«Alpemare», con un altro ristorante di livello.In una struttura che annovera, si legge sul sito, «120 splendide tende, ognuna con la rispettiva cabina dotata di cassaforte, porte usb per la ricarica di ogni device, e kit di cortesia per la spiaggia: ogni mattina gli ospiti troveranno nelle loro cabine morbidi accappatoi, asciugamani e salviette freschi di lavaggio».Non ho avuto animo di informarmi sui prezzi.
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