2023-09-15
Tutti alzano muri anti migranti ma picconano il nostro
Spagna, Ungheria e Grecia hanno eretto barriere contro i clandestini. La Danimarca affitta celle in Kosovo, la Francia li ributta qui, l’Inghilterra vuole la deportazione in Ruanda. L’Italia aveva costruito un accordo con la Tunisia, boicottato dai partner europei.Lampedusa, invasa da migliaia di immigrati clandestini, ha dovuto dichiarare lo stato di emergenza. L’isola siciliana, infatti, non riesce più a far fronte all’afflusso massiccio di extracomunitari in cerca di fortuna. Lo ha constatato persino Antonio Guterres, il segretario generale dell’Onu, che ha esortato l’Unione europea ad aiutare l’Italia. Guterres, peraltro, ha candidamente ammesso che i migranti della rotta mediterranea «si muovono per ragioni economiche». In pratica, anche il segretario delle Nazioni Unite ha confermato che qui non si tratta di profughi o rifugiati, come recita il catechismo savianesco, ma di «migranti economici». Che nessuno in Europa, né tantomeno in Italia, può più permettersi di accogliere. Non è un caso che l’Europa intera non stia affatto costruendo ponti. Al contrario, sta elevando muri. Basti pensare alle barriere di Ceuta e Melilla, le due città autonome spagnole in territorio marocchino (barriere lunghe rispettivamente 8 e 12 chilometri). Per respingere gli assalti degli immigrati subsahariani, che spesso tentano di scavalcare le recinzioni, in alcuni frangenti la polizia iberica non ha esitato a sparare proiettili di gomma contro i clandestini più intraprendenti. Sorte ben più fortunata rispetto a quella che toccò ad altri malcapitati nel lontano 2005, quando le forze dell’ordine marocchine aprirono addirittura il fuoco.Ma se i muri di Ceuta e Melilla sono stati costruiti negli anni Novanta, ce ne sono anche di nuovi. Come ad esempio il muro che la Grecia ha ultimato un paio di anni fa. Lunga all’incirca 40 chilometri, questa barriera è stata edificata al confine con la Turchia per bloccare la rotta balcanica. Problema condiviso dall’Ungheria di Viktor Orbán, che ha pure fatto meglio: dopo la grande migrazione del 2015, il premier magiaro ha fatto erigere un muro lungo più di 500 chilometri al confine con la Serbia. Senza contare altri provvedimenti, tra cui le espulsioni e i rimpatri, che hanno avuto un notevole successo: le richieste di asilo sono state quasi azzerate, mentre i respingimenti sono stati più di 100.000 nel solo 2021.Se qui, però, stiamo ancora parlando di Orbán, cioè uno spauracchio per i «più buoni» di gaberiana memoria, in questa Europa dei muri non mancano certo le sorprese. Come, ad esempio, la Danimarca di Mette Frederiksen. La leader dei socialdemocratici danesi, infatti, ha vinto le ultime elezioni con un programma tipicamente di destra: «Zero immigrati in Danimarca», era il suo slogan elettorale. A cui, poi, sono seguiti i fatti: per risolvere la saturazione delle carceri (piene di clandestini), la Frederiksen ha stipulato un accordo con il Kosovo che prevede l’affitto di numerose celle nella prigione di Gjilan. Senza dimenticare, ovviamente, i discorsi avviati con il Ruanda per un piano molto simile a quello escogitato da Boris Johnson e perseguito ora da Rishi Sunak.Lo scorso luglio, in effetti, il Parlamento britannico ha approvato l’Illegal immigration act, una riforma durissima per combattere seriamente l’immigrazione clandestina. La Corte d’appello inglese ha momentaneamente bloccato tutto, ma il premier, accusato di «deportare» i richiedenti asilo, ha già deciso di rivolgersi alla Corte suprema, che si esprimerà il prossimo dicembre.Nel peggiore dei casi, comunque, le alternative non mancano: qualora tramontasse il «piano Ruanda», il governo di Londra sta vagliando l’ipotesi di spedire i clandestini sull’Isola dell’Ascensione, territorio d’oltremare nel bel mezzo dell’oceano Atlantico. Altro che muri… Ma anche la Francia macroniana, che predica bene e razzola malissimo, sta studiando la sua nuova legge sull’immigrazione. Che sarà parecchio severa. Anche perché, non potendo contare su una maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, a Macron servono disperatamente i voti dei repubblicani, che stanno spingendo per un giro di vite coi fiocchi. Insomma, in questa speciale classifica, l’Italia del fantomatico «governo neofascista» rimane fanalino di coda.