2024-11-18
Tunisia e Arabia Saudita si avvicinano
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A sinistra il ministro degli investimenti saudita Khalid Al-Falih. A destra il presidente tunisino Kais Saied (Ansa)
Riad e Tunisi stanno rafforzando i loro legami. Alla luce del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, ciò potrebbe rivelarsi una buona notizia per il Piano Mattei. A preoccuparsi dovrà semmai essere la Fratellanza musulmana. Pochi giorni fa, il presidente tunisino, Kais Saied, ha ricevuto il ministro degli Investimenti saudita, Khalid Al-Falih. Nell’occasione, secondo quanto riferito dalla Saudi Press Agency, “Saied ha ringraziato l'Arabia Saudita per la sua leadership nel mondo arabo e islamico, sottolineando il ruolo fondamentale del Regno nel promuovere l'unità e lo sviluppo regionale”. I due hanno inoltre auspicato un rafforzamento della cooperazione economica tra Tunisi e Riad: in particolare, hanno discusso di un possibile memorandum d’intesa dedicato al settore degli investimenti. Insomma, Tunisia e Arabia Saudita stanno consolidando ulteriormente i loro rapporti. Si tratta di una dinamica interessante, soprattutto alla luce del ritorno di Trump alla Casa Bianca. Durante il primo mandato, l’attuale presidente americano in pectore ruppe con la politica dei dem tendenzialmente favorevole alla Fratellanza musulmana (ricordiamo che l’amministrazione Obama aveva de facto dato la propria benedizione alle cosiddette “primavere arabe” del 2011). Trump aveva infatti giocato di sponda con Arabia Saudita ed Egitto, facendo leva sulla loro comune ostilità nei confronti dei Fratelli musulmani: una linea che il tycoon ha adesso intenzione di rispolverare. Ecco, questo elemento avrà un notevole impatto sulle relazioni tra Riad e Tunisi. Contrario alla Fratellanza musulmana non è infatti soltanto il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman, ma anche lo stesso Saied: ricordiamo infatti che il principale partito di opposizione in Tunisia, Ennahda, è storicamente legato alla Fratellanza. Non si può quindi affatto escludere che Trump archivierà la freddezza con cui l’amministrazione Biden ha trattato il leader tunisino in questi anni. Il presidente americano in pectore, in altre parole, potrebbe rilanciare i rapporti con Tunisi. E, chissà, potrebbe cercare altresì di estendere gli Accordi di Abramo al Maghreb. D’altronde, l’anno scorso, Saied aveva bloccato un disegno di legge volto a impedire la normalizzazione dei rapporti tra Tunisia e Israele. Alla luce di tutto questo, per il governo di Giorgia Meloni emerge una significativa opportunità. Palazzo Chigi ha notevolmente rafforzato le relazioni con Tunisi e Tripoli. Inoltre, attraverso il Piano Mattei, Roma si sta proponendo sempre più come un ponte tra l’Occidente e il continente africano. Un fattore, questo, a cui Trump potrebbe guardare con interesse, visto che - negli anni di Joe Biden - gli Stati Uniti hanno perso sensibilmente terreno in Africa (si pensi soltanto al Niger). Non solo. La Meloni potrebbe giocare un ruolo centrale soprattutto in caso Tunisi e Tripoli volessero entrare negli Accordi di Abramo. Uno scenario, questo, che Trump potrebbe considerare positivamente e che Palazzo Chigi, dal canto suo, potrebbe usare come leva per convincere il prossimo presidente americano a un rilancio del fianco meridionale della Nato a guida italiana.