- La sinistra italiana celebra l'ex premier ellenico come colui che ha impedito il tracollo economico del Paese, il quale oggi però si trova in una situazione terrificante. E infatti il suo avversario ha vinto promettendo un taglio di tasse: il contrario dell'austerità.
- I presunti salvataggi le hanno legato le mani: perciò Atene non divorzia da Bruxelles.
La sinistra italiana celebra l'ex premier ellenico come colui che ha impedito il tracollo economico del Paese, il quale oggi però si trova in una situazione terrificante. E infatti il suo avversario ha vinto promettendo un taglio di tasse: il contrario dell'austerità.I presunti salvataggi le hanno legato le mani: perciò Atene non divorzia da Bruxelles.Lo speciale contiene due articoli.Pur divisa e litigiosa su tutto, la sinistra italiana (specialista nel ramo: sconfitte elettorali e funerali politici) ritrova una granitica compattezza nel celebrare la disfatta di uno dei suoi recenti eroi e modelli stranieri, Alexis Tsipras. In un doppio tweet (uno in italiano e un altro - sfidando la sorte - in inglese), Matteo Renzi ha sentenziato: «A Tsipras vorrei venisse riconosciuto l'onore delle armi. Resto convinto che tenendo con forza Atene dentro la famiglia europea, non abbiamo salvato l'onore della Grecia ma quello dell'Europa». Stessa musica da parte di Paolo Gentiloni («Onore a Tsipras che ha perso le elezioni, ma in questi anni ha salvato il suo Paese»). E anche Enrico Letta non ha voluto essere da meno: «Credo che ogni europeo debba essere grato a Tsipras per la dignità e l'intelligenza con cui ha gestito la più terribile fase della Grecia».Ma è proprio vero che Tsipras abbia salvato il suo Paese? Dev'essere un ben strano concetto di salvezza e di salvataggio quello che ha in mente il Pd, visto che dopo la «cura Tsipras» la Grecia si ritrova con dati economici terrificanti. Il Pil greco è circa il 24% al di sotto del livello pre crisi (una voragine); se le cose andassero avanti così, per tornare al Prodotto interno lordo di un tempo, occorrerebbe attendere il 2033 (con, nel frattempo, una generazione nel pozzo). La disoccupazione complessiva è al 18,1%, mentre tra i più giovani riguarda più di un ragazzo su tre. E tutto questo per obbedire agli spaventosi standard (un budget surplus del 3/3,5%) imposti da Ue, Fmi e Bce, ai cui diktat Tsipras si è totalmente piegato nella seconda e decisiva parte della sua traiettoria politica, accettando un livello di tassazione insostenibile, e in ultima analisi un'austerity che ha impedito all'economia greca di rifiorire. Quanto al comportamento dell'Ue e degli altri presunti «salvatori», bastano poche cifre per illustrarlo: su 100 euro teoricamente destinati alla Grecia, 95 sono andati alle banche creditrici (francesi e tedesche), e solo 5 ad Atene.A ben vedere, è contro tutto questo che gli elettori greci hanno votato. Contro l'austerità in sé, e a maggior ragione contro chi (Tsipras) aveva promesso di combatterla e invece ne è divenuto negli anni il fedele esecutore, disattendendo l'esito del referendum che lui stesso aveva convocato, e in cui la maggioranza dei greci aveva detto no alle condizioni poste dell'Ue. Morale: dopo la sconfitta già subita alle europee del 26 maggio, Tsipras alle politiche dell'altro giorno ha raccolto il 31,6% (8 punti in meno rispetto alle ultime elezioni), mentre il suo avversario, Kyriakos Mitsotakis, che ieri ha giurato come primo ministro, ha ottenuto il 39,8%, con 158 seggi. Il nuovo vincitore è figlio del primo ministro che governò tra il 1990 e il 1993; è stato un banchiere; ha studiato negli Usa; e ha vinto le elezioni con un programma economico di ribaltamento della linea di Tsipras: Mitsotakis ha fatto campagna per meno tasse (su persone, imprese, proprietà), meno burocrazia, più investimenti, con la promessa di creare nel corso del suo mandato 750.000 nuovi posti di lavoro.Naturalmente, la vera partita - come sempre - sarà nel rapporto con Bruxelles: si tratta di capire se Mitsotakis avrà la forza (e la convinzione politica e personale) per imporre all'Ue una rinegoziazione, per sottrarsi al cappio dell'austerity, e in ultima analisi per far accettare alla nuova Commissione Ue un robusto taglio di tasse e una manovra di segno espansivo. O se invece anche lui, piano piano, si lascerà risucchiare dalle sabbie mobili di Bruxelles. Resta - ed è il cuore dell'analisi politica da svolgere - il giudizio su Tsipras. Troppo comodo, come sembrano inclini a fare alcuni commentatori mainstream, descriverlo come un populista che poi si è fatto pragmatico per necessità («per salvare il Paese», come abbiamo letto). Il ragionamento - semmai - va rovesciato: è impensabile raccogliere il consenso su una linea anti austerity, e pretendere di utilizzarlo all'inverso, per imporre l'odiata austerity. Gli elettori vedono, e giustamente puniscono con durezza, appena ne hanno l'occasione. In questo senso, è difficile dar torto a una firma di punta di Bloomberg, Nikos Chrysoloras, che impietosamente (ma lucidamente) ha descritto Tsipras come l'uomo del «vuoto ideale»: sostiene il dittatore venezuelano Nicolás Maduro ma supporta le dichiarazioni occidentali anti Maduro; strizza l'occhio alla Russia, ma poi ne espelle i diplomatici; dà il benvenuto ai migranti e poi organizza campi terribili; e soprattutto, come ricordato, convoca un referendum e poi ne vanifica l'esito. Unico obiettivo: restare al potere. È questo - annota ferocemente Chrysoloras - che lo ha reso così «gradito all'Ue: poteva essere convinto a sostenere qualunque cosa e il suo esatto opposto». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tsipras-ha-perso-perche-se-inchinato-allue-2639129743.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-troika-non-ha-soccorso-la-grecia-lha-stretta-in-un-abbraccio-mortale" data-post-id="2639129743" data-published-at="1757898081" data-use-pagination="False"> La Troika non ha soccorso la Grecia. L’ha stretta in un abbraccio mortale Nelle elezioni di domenica 7 luglio Nea demokratia - iscritta al Partito popolare europeo - ha raggiunto la maggioranza assoluta nel parlamento greco. Una forza europeista di centrodestra che succede all'altrettanto europeista sinistra di Alexis Tsipras. La propaganda mainstream intona la solita litania. Il progetto europeo vive e lotta insieme a noi (anzi insieme a loro) come prima e più di prima con buona pace dei sovranisti di casa nostra. È certamente incontestabile che gli euroscettici abbiano un peso limitato alla decina di deputati conservatori di Soluzione greca; decisamente poco per un Paese fiaccato e distrutto prima dalla crisi e poi dalle torture inflitte da Commissione Ue, Bce e Fmi (la cosiddetta Troika) a suon di austerità. Ma un'analisi dei numeri meno superficiale cosa realmente dice in proposto? Prima di tutto che la Grecia è sussidiata dall'Unione europea, al contrario dell'Italia che invece è un contributore netto. Nel 2017 Atene ha ricevuto quasi quattro miliardi di euro in più rispetto a quanto versato a Bruxelles. Sono il 2% del loro Pil. Che è un po' come se l'Italia ricevesse ogni anno quasi 36 miliardi in più di quanto versato all'Ue. Una cifra enorme che unita ai soldi invece sborsati farebbe lievitare l'incasso a quasi 40 miliardi. L'importo della manovra correttiva stupidamente messo sul tavolo a ogni piè sospinto da qualche presunto espertone. Esistono quindi alcuni motivi - comprensibili ancorché non validi - tali da spingere Atene a non separarsi dagli aguzzini di Bruxelles che hanno in contropartita imposto manovre lacrime e sangue al popolo greco. Se nel 2009 Atene aveva un disavanzo primario di quasi il 10% del Pil, oggi ha un surplus di oltre il 4%. Una mostruosa correzione del 14% in termini di maggiori imposte e/o minore spesa pubblica. Come se l'Italia avesse ridotto - ad esempio - la spesa pubblica di 230-250 miliardi. In pratica oltre il doppio del fondo sanitario nazionale. Oppure come se avesse raddoppiato tutte le aliquote Iva. Quanto basta per distruggere l'economia di un Paese, cosa che effettivamente è avvenuta in Grecia. A questi numeri si aggiunga che per la Grecia gli incentivi dall'uscita dall'euro sono veramente limitati. Le operazioni di presunto salvataggio succedutesi dal 2011 al 2015 hanno infatti stretto il cappio intorno al collo del popolo greco. Premettiamo che le istituzioni internazionali corse in soccorso di Atene hanno prestato soldi perché quest'ultima potesse rimborsare in anticipo i titoli di Stato che impiombavano i portafogli delle banche francesi e tedesche. Il tutto mediante l'istituzione fra tanti organismi anche del Mes. Fondi salva Stati europei cui l'Italia ha complessivamente conferito 60 miliardi. E già dovremmo chiamare questi fondi con il meno professionale «Fondi salva loro» (sottinteso banche francesi e tedesche). Con in più un non secondario effetto tossico. Mentre i titoli di Stato estinti anticipatamente erano disciplinati dalla legge ellenica (e quindi in caso di uscita dall'euro sarebbero stati ridenominati in dracme che Atene avrebbe potuto emettere ad libitum, addebitando la svalutazione sul conto dei creditori), i nuovi debiti accesi dalla Grecia in queste operazioni di salvataggio - come documentato in uno studio dell'economista Marcello Minenna - sono invece disciplinati in legge estera. Quindi in caso di Grexit, Atene dovrà comunque rimborsare euro che non potrà ovviamente stampare come del resto già accade oggi. Proprio un bel salvataggio, non c'è che dire. E comunque rimane un fatto ineludibile e incontestabile. Solo una volta il popolo greco è stato chiamato a esprimersi sull'Europa mentre le banche erano chiuse e i bancomat a secco, essendosi la Bce rifiutata di estendere le linee di credito di emergenza alle banche elleniche, scatenando il panico fra i risparmiatori. Era il referendum del 2015 e, nonostante tutto, la risposta fu un sonoro e rotondo no all'Europa. Tsipras decise bellamente di infischiarsene. Cosa che ora il popolo greco ha invece fatto nei suoi confronti.
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.