
Il presidente americano: «Stiamo pensando di mettere fine alla cittadinanza come diritto di nascita». Poi disdice il viaggio ufficiale in Danimarca dopo il no per la Groenlandia. Vuole sganciare Vladimir Putin dall'orbita cinese. E riminaccia sovrattasse sulle auto tedesche.Non solo strategia economica. Donald Trump si gioca la rielezione portando avanti un indirizzo abbastanza preciso. Improntato da un lato alla difesa della sovranità nazionale, elemento che lo ha portato ieri a dichiararsi nuovamente propenso all'abolizione dello ius soli: «Stiamo valutando molto seriamente la possibilità di mettere fine alla cittadinanza come diritto di nascita», ha detto parlando alla Casa Bianca. E dall'altro ispirato ai princìpi del realismo politico in politica estera. E questo, nonostante una certa vulgata non faccia che dipingerlo come un pagliaccio, dedito all'improvvisazione umorale.In primo luogo, troviamo la questione della Groenlandia. Ieri, Trump ha disdetto il viaggio ufficiale che avrebbe dovuto compiere in Danimarca all'inizio di settembre. Una decisione, assunta dopo che Copenaghen aveva espresso un secco rifiuto sull'eventualità che gli Stati Uniti potessero acquistare l'isola. Quando la settimana scorsa il Wall Street Journal aveva per primo riportato l'indiscrezione, i commenti sarcastici di politici e giornalisti si erano sprecati. Tutto è stato infatti semplicisticamente derubricato alle idee megalomani di uno scriteriato. Peccato che la situazione risultasse vagamente più complessa. Non soltanto la Groenlandia già ospita la base aerea statunitense Thule ma, più in generale, si tratta di un territorio fondamentale nell'ambito di quella «corsa all'Artico» che sempre più centrale sta diventando nelle strategie geopolitiche di Russia e Cina. Per le grandi potenze, controllare ampi settori della regione artica significa oggi disporre di gas e petrolio, oltre che di preziose rotte navali per il trasporto delle merci. In questo senso, il Cremlino sta attualmente rafforzando la propria flotta di navi rompighiaccio. Senza dimenticare poi il fattore militare. Basti pensare che, secondo l'esercito russo, Mosca ha realizzato dal 2012 oltre 400 siti militari nell'area. Insomma, anziché la boutade di uno svitato, la volontà di acquistare la Groenlandia mostra, da parte di Trump, un obiettivo strategico ben definito. Ma il realismo politico dell'inquilino della Casa Bianca non si ferma qui. Sempre ieri, il presidente americano ha infatti affermato che, a suo parere, la Russia dovrebbe rientrare a far parte del G7 (che rironerebbe a essere G8). Non dimentichiamo che Mosca sia stata sospesa dal consesso nel 2014, in conseguenza della crisi ucraina. Non è del resto la prima volta che l'attuale presidente americano si esprime in tal senso: già l'anno scorso, in occasione del G7 in Canada, aveva infatti auspicato una riammissione della Russia. Da tutto questo è chiaro come, al di là di alcuni dossier divisivi sul tavolo, Trump nutra tutta l'intenzione di proseguire nel processo di distensione con il Cremlino. Il presidente americano mira infatti a sganciare il più possibile Mosca dall'orbita cinese: un'orbita cui Putin si è progressivamente avvicinato, proprio a partire dal 2014. In quest'ottica, tendere la mano al Cremlino significa, agli occhi di Trump, cercare di rendere più isolata Pechino e avere un alleato che contribuisca magari a un processo di stabilizzazione in alcune aree calde (soprattutto in Medio Oriente). Insomma, una sorta di riedizione della diplomazia triangolare di kissingeriana memoria. Una via, che potrebbe essere facilitata dal neopresidente ucraino, Volodymyr Zelensky.In tutto questo, l'inquilino della Casa Bianca ha ben chiaro chi siano i suoi avversari. A partire dalla Germania. Non è del resto un mistero che Trump accusi da sempre Berlino di concorrenza sleale ai danni degli Stati Uniti. Non a caso, nelle scorse ore, è tornato di fatto a minacciare dazi sulle automobili di importazione europea: una misura che avrebbe come principale bersaglio proprio la Germania. «Avere a che fare con l'Unione europea è difficile», ha detto, «Ma noi abbiamo tutte le carte e loro mi daranno tutto quello che voglio. Basta tassare le loro automobili». Già all'inizio di quest'anno Trump si era espresso in questi termini. Lo scorso maggio, poi, si era preso un periodo di sei mesi per decidere se agire o meno in questa direzione. Per ora la tensione resta alta. E il presidente non ha affatto intenzione di abbassare la guardia con Berlino, soprattutto in vista delle elezioni del 2020. Tanto più che ieri ha twittato: «La Germania sta pagando zero interessi e in realtà viene pagata per prendere in prestito denaro, mentre gli Stati Uniti […] stanno pagando gli interessi e hanno appena fermato (spero!) il quantitative tightening. Il dollaro più forte della storia, molto duro sulle esportazioni. Nessuna inflazione! Dov'è la Fed?».Si tratta di dinamiche che producono risvolti anche nella politica nostrana. Soprattutto nella crisi di governo in corso. Il partito italiano oggi maggiormente vicino alla Casa Bianca è la Lega (si pensi a questioni come il fisco e lo stesso ius soli), laddove Pd e Movimento 5 stelle appaiono come forze più gradite alla Cina e - soprattutto - alla Germania: si veda il comune sostegno a Ursula von der Leyen alla Commissione europea. Un sostegno che Trump non deve aver digerito più di tanto. Per tale ragione, lo sbocco di questa crisi avrà delle pesanti ripercussioni sulle alleanze geopolitiche italiane. E l'eventualità di una soluzione che non passi dalle urne potrebbe allentare non poco i legami tra Roma e Washington. Il Quirinale ne terrà conto?
Ansa
Centinaia di tank israeliani pronti a invadere la Striscia. Paesi islamici coesi contro il raid ebraico in Qatar. Oggi Marco Rubio a Doha.
iStock
Considerato un superfood, questo seme (e l’olio che se ne ricava) combatte trigliceridi, colesterolo e ipertensione. E in menopausa aiuta a contrastare l’osteoporosi. Accertatevi però di non essere allergici.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.