2025-08-27
Trump, scacco «narcos» al nemico Maduro
Nicolàs Maduro e Donald Trump (Ansa)
Gli Usa accusano il presidente venezuelano di favorire i traffici di droga: piazzate tre navi lanciamissili nel Mar dei Caraibi. Ma dietro l’escalation ci sarebbe un piano per contrastare l’influenza di Cina e Iran in America Latina. Caracas: «Immorale».Nicolás Maduro inizia ad avere paura. Washington ha inviato alcune navi lanciamissili al largo del Venezuela. Un funzionario del Pentagono ha fatto sapere che il loro dispiegamento è finalizzato a contrastare il narcotraffico. Ha inoltre sottolineato che le navi saranno impegnate «nel corso di diversi mesi». Secondo il Dipartimento di Stato americano, «Maduro ha contribuito a gestire e, in ultima analisi, a guidare il Cartello dei Soli, un’organizzazione venezuelana dedita al narcotraffico composta da alti funzionari venezuelani». Era del resto inizio agosto, quando la Cbs riferì che Donald Trump aveva incaricato l’esercito di colpire i cartelli della droga. Tuttavia, al di là del contrasto al narcotraffico, il sospetto è che la Casa Bianca stia seriamente considerando l’ipotesi di favorire un cambio di regime a Caracas. Tre settimane fa, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha raddoppiato la ricompensa per chi fornisca informazioni utili a far catturare Maduro. Non solo. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha confermato che Washington considera il leader venezuelano come «illegittimo», in quanto responsabile di brogli elettorali. Ha anche aggiunto che Trump «è pronto a usare ogni elemento della potenza americana per impedire che la droga invada il nostro Paese e per assicurare i responsabili alla giustizia». Non a caso, il nervosismo di Maduro sta aumentando. «Ciò che minacciano di fare contro il Venezuela - un cambio di regime, un attacco terroristico militare - è immorale, criminale e illegale», ha tuonato, per poi mobilitare la milizia nazionale in tutto il Paese. Il regime di Caracas ha anche schierato 15.000 soldati alla frontiera con la Colombia, ufficialmente per effettuare delle operazioni di contrasto al traffico di droga. Ma attenzione. La partita in corso è probabilmente molto più complessa rispetto alla sola questione del narcotraffico. Caracas è infatti uno dei principali referenti di Pechino in America Latina. Non a caso, la Repubblica popolare ha criticato il dispiegamento delle navi da guerra statunitensi. «La Cina si oppone a qualsiasi azione che violi gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, nonché la sovranità e la sicurezza di un Paese. Ci opponiamo all’uso o alla minaccia della forza nelle relazioni internazionali e all’interferenza di forze esterne negli affari interni del Venezuela con qualsiasi pretesto», ha dichiarato il ministero degli Esteri cinese. Pochi giorni fa, Reuters ha inoltre riferito che l’azienda China Concord Resources Corp ha iniziato a sviluppare due giacimenti petroliferi venezuelani: l’investimento previsto sarebbe superiore al miliardo di dollari. Vale a tal proposito la pena di ricordare che, membro dell’Opec, il Venezuela dispone delle più grandi riserve petrolifere al mondo. Le tensioni in corso sono quindi correlate anche al dossier energetico. A marzo, Trump aveva d’altronde minacciato di imporre dazi al 25% agli acquirenti di greggio venezuelano: greggio di cui Pechino è il principale importatore. Ora, non è un mistero che l’inquilino della Casa Bianca stia promuovendo una sorta di Dottrina Monroe 2.0: una strategia, cioè, volta a contrastare l’influenza cinese sull’America Latina. Non dimentichiamo che, a febbraio scorso, Panama ha abbandonato la Belt and Road Initiative a seguito di pressioni arrivate da Washington. In tal senso, agli occhi dell’amministrazione Trump, il regime di Caracas rappresenta un attore assai problematico proprio per i suoi stretti legami con Pechino. Ma non è tutto. A criticare il dispiegamento delle navi americane al largo del Venezuela è stato anche l’Iran: Paese con cui Caracas intrattiene legami piuttosto stretti. Non è quindi affatto escludibile che la linea di Trump sia anche finalizzata a isolare ulteriormente Teheran, per metterla sotto pressione sulla spinosa questione del nucleare. Un discorso parzialmente analogo potrebbe valere per Mosca. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha infatti espresso «il pieno sostegno della Russia ai suoi sforzi per salvaguardare la sovranità nazionale e garantire la stabilità istituzionale di fronte alla crescente pressione esterna su Caracas». Ricordiamo del resto che, a maggio, Mosca e Caracas hanno firmato una partnership strategica. Inoltre, nel 2019, la Russia mandò alcuni militari per sostenere Maduro durante la crisi venezuelana di quell’anno. Chissà che quindi, colpendo Caracas, Washington non voglia anche mettere in difficoltà il Cremlino, per spingerlo ad ammorbidire le sue posizioni sulla crisi ucraina. «Maduro farebbe bene a preoccuparsi», ha dichiarato la leader dell’opposizione venezuelana María Corina Machado, commentando l’invio delle navi americane. Del resto, che il presidente venezuelano si senta sotto pressione è probabilmente testimoniato anche dal fatto che il suo regime ha recentemente rilasciato alcuni prigionieri politici, tra cui due italo-venezuelani: Amerigo De Grazia e Margarita Assenza. La tensione rimane comunque alta. E l’America Latina si ritrova al centro di una partita geopolitica particolarmente complicata.
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