2024-07-17
Coi dazi Usa, alla Bce la grana materie prime
Le politiche protezioniste di The Donald contro Cina e resto del mondo rischiano di affossare Bruxelles. Per l’analista Torlizzi potrebbero però costringere la Banca Centrale a diventare prestatrice di ultima istanza e garantire la liquidità che verrà a mancare.Che l’attentato a Trump abbia cambiato il mondo è sotto gli occhi di tutti. Così come è palese che abbia aumentato a dismisura le possibilità di rivedere The Donald alla Casa Bianca. E se la politica ci mette poco a rifare conti e discorsi, altrettanto veloci sono i ricalcoli dell’economia. Un bis del tycoon vorrebbe dire rafforzare la politica Usa di dazi verso la Cina in primis e verso il resto del mondo poi. Significherebbe avere un’America meno interventista per esempio nella situazione Ucraina e quindi di conseguenza comporterebbe maggiori necessità di riarmo per l’Europa. E ci porterebbe, con ogni probabilità, a una politica dei tassi da parte della Fed meno autonoma e quindi più espansiva. Secondo buona parte degli analisti tutto questo si tradurrà in prospettive nient’affatto rosee per Bruxelles. Circostanza però che non rappresenta per forza di cose un male.«Nel caso di successo di Trump», evidenzia il fondatore di T-Commodity e consigliere del ministro della Difesa Gianclaudio Torlizzi, «avremo uno scenario profondamente rialzista sulle materie prime. Non ci sono infatti motivi per dubitare sulla coerenza dell’ex Presidente rispetto a quanto fin qui prospettato, cioè un inasprimento dei dazi sulle importazioni dalla Cina fino al 60% e al 10% nei confronti del resto del mondo». E qui sorge un primo punto. Come reagirà l’Europa di fronte ai prezzi delle materie priome che schizzano alle stelle? «Sicuramente», continua l’analista, «la nuova amministrazione Trump sarà tentata dalla possibilità di sfruttare questo vantaggio economico per fare pressione su Bruxelles affinché si allinei alle politiche anti-Pechino degli americani». Anche perché, e questo è sempre bene ricordarlo, il Presidente degli Stati Uniti può decidere autonomamente di imporre dazi senza passare per il voto dell’Aula. Ma non solo. Perché la seconda gamba della politica economica di Trump è legata a doppia mandata con i tagli fiscali a favore delle imprese. «E la terza», continua Torlizzi, «riguarderà la minore indipendenza della Fed che di fronte alle pressioni inflazionistiche derivanti da dazi e tagli alle tasse non troverà nella nuova Casa Bianca terreno fertile per aumentare i tassi di interesse».E torniamo all’Europa. Cosa vorrà dire tutto questo per le sorti economiche dell’Unione. «Se le pressioni di Trump riusciranno a mantenere, nonostante le inevitabili ondate inflazionistiche, i tassi bassi, sconteremo un impatto enorme di carenza di dollari e liquidità nel resto del mondo. Saremo costretti a fare i conti con una biforcazione del sistema finanziario: grande circolazione di liquidità negli Usa e scarsa liquidità invece al di fuori degli Stati Uniti. Se questo per Pechino vorrà dire ristrutturare la politica mercantilistica rivolta solo alle esportazioni, per l’Europa sarebbe una novità e un grande problema».E qui sta il vero punto. Di fronte a questa novità negativa i decisori di Bruxelles come reagiranno? I critici la vedono nera e prospettano periodi ancor più complicati per il Vecchio Continente che già non brilla in quanto a performance economiche e governance politica. Torlizzi, invece, ipotizza un’altra prospettiva che potremmo riassumere così: visto che fino a oggi anche le più gradi crisi hanno cambiato poco nell’assetto di governo del’Ue è possibile che questa sia l’unica strada che può portare a una svolta. «Di fronte a una situazione del genere», evidenzia, «la Banca Centrale Europea non avrebbe altra possibilità che quella di trasformarsi in una nuova Fed. Di diventare cioè prestatrice di ultima istanza per colmare il gap di liquidità del Continente e intervenire senza tentennamenti nel caso di necessità». Anche perché oltre alla questione dazi, ai probabili tagli fiscali e alla nuova politica industriale manca un elemento fondamentale del puzzle che dopo l’attentato potrebbe costruirsi: la situazione geopolitica. Anche su questo versante non ci sono motivi per dubitare del fatto che Trump guarderà più alla parte che va verso il Pacifico che a quello che succede in Europa. Detta in soldoni: si fa fatica a ipotizzare che The Donald stanzi miliardi su miliardi degli americani per armare l’Ucraina contro Putin. Quella diventerebbe una questione europea. Vuol dire tanti soldi in più che i Paesi del Vecchio Continente saranno costretti investire nel comparto militare. «Quello della difesa», sottolinea ancora Torlizzi, «è un aspetto centrale soprattutto per quei Paesi come l’Italia che sono ancora lontani dal raggiungimento del target del 2% delle spese della difesa rispetto al Pil. E non ne faccio solo una questione finanziaria ma anche culturale. In un Paese dove le spese militari sono viste in alternativa a quelle per la salute è difficile possa cambiare qualcosa. Dovremmo prendere esempio da chi, Francia e Germania per esempio, su questi temi non si divide perché sa benissimo che investire nella difesa vuol dire rafforzare l’economia e quindi di conseguenza lo stato sociale. Se i cambiamenti in atto portassero a una svolta da questo punto di vista, sarebbe un successo straordinario».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.