2024-03-14
Trump e Biden alla prova dei numeri due
Vinte le primarie, ora i rivali devono scegliere con cura i loro vice. Per il tycoon stanno salendo le quotazioni di Tim Scott per strizzare l’occhio alle minoranze. Il presidente ha la grana Kamala Harris: non piace all’elettorato, ma silurarla è rischioso.Joe Biden e Donald Trump hanno blindato matematicamente la nomination presidenziale dei loro rispettivi partiti. A decretarlo è stata la nuova tornata di primarie che, tenutasi l’altro ieri, ha permesso a entrambi di raggiungere il quorum di delegati necessario. I due sono quindi diventati a tutti gli effetti dei candidati in pectore in attesa dell’investitura ufficiale che avverrà nel corso delle convention nazionali estive (a luglio quella repubblicana e ad agosto quella dem). D’altronde, c’erano ormai ben pochi dubbi sul fatto che Biden e Trump avrebbero conquistato la nomination. L’attuale presidente non ha mai dovuto affrontare contendenti seri, mentre - nel campo repubblicano - Nikki Haley si era ritirata dopo il Super Tuesday della settimana scorsa. Sembra, insomma, di essere tornati alle elezioni del 1892, quando il dem Grover Cleveland si ripresentò contro il repubblicano Benjamin Harrison, da cui era stato battuto nel 1888 dopo un solo mandato presidenziale. Un precedente, questo, che arride a Trump, visto che Cleveland riuscì a defenestrare il rivale e a tornare alla Casa Bianca (è finora stato l’unico presidente della storia americana a effettuare due mandati non consecutivi). Si apre quindi adesso una nuova fase della campagna elettorale: sia Trump sia Biden dovranno infatti concentrarsi sulla «general election» di novembre, guardando al di là dello zoccolo duro dei rispettivi elettorati e cercando di attrarre voti trasversali.Sotto questo aspetto, sarà interessante vedere chi saranno i candidati vice che verranno selezionati. Non è d’altronde un mistero che la composizione del cosiddetto «ticket» (il tandem, cioè, costituito dal candidato presidente e dal candidato vice) sia spesso di assoluta importanza per riuscire a vincere le presidenziali. Generalmente, a rivelarsi più efficaci sono i ticket maggiormente eterogenei, perché riescono ad allargare le basi elettorali. Nel 2008, Barack Obama, all’epoca percepito come significativamente spostato a sinistra, scelse il centrista Biden per strizzare l’occhio agli elettori moderati. Nel 2016, Trump puntò su un conservatore tradizionale come Mike Pence, per accattivarsi le simpatie di quella destra religiosa che ancora non si fidava pienamente di lui. Quello stesso anno, Hillary Clinton, nel campo dem, commise il fatale errore di scegliere come running mate una copia politica di sé stessa, quale era il senatore Tim Kaine: con quella mossa, l’ex first lady irritò gli elettori di sinistra, che finirono col boicottare la sua candidatura.E quindi? Che cosa dobbiamo aspettarci quest’anno? Trump è a un bivio. Nel primo scenario, potrebbe scegliere un profilo fortemente trumpista: circolano, per esempio, i nomi della governatrice del South Dakota, Kristi Noem, e del businessman Vivek Ramaswamy. Tra l’altro, in passato Trump non ha escluso l’ipotesi di selezionare il giornalista Tucker Carlson. È chiaro che, se imboccasse questa strada, l’ex presidente galvanizzerebbe la sua base storica, ma avrebbe difficoltà ad attrarre voti trasversali. Il secondo scenario è quindi che Trump punti su una figura più gradita ai centristi. Da questo punto di vista, un nome molto quotato è quello del senatore Tim Scott che, in quanto afroamericano, potrebbe aiutarlo anche con il voto delle minoranze. Minoranze che Trump potrebbe cercare di corteggiare anche col senatore Marco Rubio. Di area trumpista ma meno «ortodossi» e potenzialmente capaci di catalizzare elettori trasversali sono invece la deputata Elise Stefanik e il senatore J. D. Vance (un nome, quest’ultimo, che potrebbe aiutare Trump con i colletti blu della Rust Belt).Non si può poi escludere del tutto un ticket con la Haley. È vero: tra i due al momento i rapporti sono pessimi. Tuttavia va ricordato che, nel 1980, Ronald Reagan scelse come vice George H. W. Bush, con cui si era scontrato alle primarie, per federare le varie anime del partito. È chiaro che, selezionando una figura tendente al centro, Trump rischierebbe di scontentare l’ala più dura della sua base. Tuttavia ciò gli consentirebbe anche di compattare l’intero elettorato del Gop, attrarre gli indipendenti e i democratici delusi, senza trascurare una mano tesa a quegli apparati governativi che, più di una volta, gli misero i bastoni tra le ruote mentre era presidente. Infine, secondo Nbc News, l’ex inquilino della Casa Bianca starebbe cercando di orientarsi su nomi percepiti come non eccessivamente rigidi in materia di contrasto all’aborto. Trump si è infatti convinto che una linea troppo dura sul tema potrebbe alienare al Gop voti preziosi, come accaduto alle ultime elezioni di metà mandato. E Biden? A prima vista, sembrerebbe non avere il problema della scelta del vice, visto che c’è già Kamala Harris. Peccato però per lui che l’attuale numero due della Casa Bianca sia assai impopolare e che potrebbe zavorrare il ticket dem. A settembre, l’editorialista del Washington Post, David Ignatius, aveva consigliato a Biden di sostituire la Harris col segretario al Commercio, Gina Raimondo, o col sindaco di Los Angeles, Karen Bass: un’ipotesi, quella della sostituzione, che fu presa in considerazione anche dal New York Magazine. D’altronde è chiaro che, vista l’età avanzata e l’impopolarità del presidente, un altro running mate potrebbe aumentare le chance di vittoria del ticket dem: soprattutto se a scendere in campo fosse il governatore della California, Gavin Newsom (una figura non certo sgradita al network di Obama). Il problema è che la Harris non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro e che, qualora Biden dovesse ipoteticamente silurarla, sarebbe come ammettere un fallimento clamoroso davanti agli elettori americani. Inoltre, l’ultima volta che un presidente in carica cambiò ticket fu alle elezioni del 1976, quando Gerald Ford sostituì Nelson Rockefeller con Bob Dole. Si tratta di un precedente non proprio rassicurante, visto che quell’anno alla fine Ford perse contro Jimmy Carter.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.