2019-08-28
Trump «benedice» Conte e imbarazza il Pd
Il presidente Usa prodigo di elogi a favore di «Giuseppi», «uomo di grande talento che speriamo rimanga primo ministro». E i dem rischiano di trovarsi alleati con chi è appoggiato dall'arcinemico alla Casa Bianca. E anche da Bill Gates sui vaccini.Giuseppi, my friend. Anzi, no Giuseppe. «Si sta mettendo bene» per te. Ieri il presidente statunitense Donald Trump è intervenuto sulla crisi politica italiana dedicando un tweet al presidente del Consiglio dimissionario che spera nel bis. Anzi, due tweet, visto che nel primo, poi cancellato, l'aveva chiamato «Giuseppi Conte». Un premier che «ha rappresentato con forza il suo Paese al G7», che «ama il suo Paese» e che «lavora bene con gli Stati Uniti»: per Trump, Giuseppe Conte è un «uomo di grande talento che speriamo rimanga primo ministro».Più volte i commentatori statunitensi si sono soffermati sui tweet di Trump, che ieri ha appoggiato anche il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, al centro del dibattito mondiale dopo aver rifiutato gli aiuti del G7 per l'Amazzonia. Ma quell'errore, quel «Giuseppi», lascia pensare che il cinguettio sia stato uno dei tanti che Trump fa d'impulso, per attaccare qualcuno, per difendere una sua proposta o i suoi alleati. Fonti diplomatiche statunitensi, infatti, spiegano alla Verità che i due tweet del presidente sono da leggere assieme: «Trump ha voluto ribadire la vicinanza degli Stati Uniti a due Paesi che sfidano l'asse Francia-Germania, cioè Italia e Brasile, dimenticando però che i sistemi politici italiano e statunitense sono diversi. Avrà pensato che il presidente del Consiglio italiano abbia la stessa indipendenza del presidente degli Stati Uniti», aggiungono quasi evidenziando come il capo della Casa Bianca non abbia colto, nella fretta, il possibile cambio di maggioranza dietro Conte. Un tale endorsement di Trump, che si somma a quello sui vaccini arrivato sempre ieri e sempre via Twitter da parte di Bill Gates, non passa certo inosservato. Non passa inosservato alla Lega, che da mesi attraverso Giancarlo Giorgetti sta cercando di recuperare la fiducia di Washington dopo le difficoltà su dossier come Iran, Venezuela, Cina e Russia. E non passa inosservato al Partito democratico, che rischia di trovarsi al governo con un premier appoggiato dall'arcinemico alla Casa Bianca, dall'uomo che per mesi ha attaccato per poi sconfiggere la diva della sinistra mondiale, Hillary Clinton. Nelle stesse condizioni dei dem, ma anche di Liberi e uguali, si troverà sicuramente la Chiesa di papa Francesco. In particolare, il direttore di Civiltà Cattolica, il padre gesuita Antonio Spadaro, diventato ormai il paladino degli anti Trump e anti Matteo Salvini.Ma l'appoggio di Trump non è passato inosservato neppure a Giuseppe Conte, che sa benissimo che la sponda di Trump ha dei costi. Uno dei quali potrebbe essere il 5G. Basti pensare che a fine luglio il sottosegretario pentastellato alla presidenza del Consiglio Vincenzo Santangelo aveva detto che «il governo non intende insistere per la conversione in legge» del decreto legge per la sicurezza del 5G, aprendo così alla decadenza del provvedimento dopo i 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero nella prima decade di settembre. In attesa di vedere che cosa farà un eventuale governo giallorosso, c'è un altro possibile costo per Conte: l'ordine dei lotti 15, 16 e 17 dei caccia F35, una commessa su cui l'Italia deve decidere entro fine settembre e che se saltasse metterebbe a rischio non soltanto i rapporti con Washington ma anche le attività produttive dello stabilimento Leonardo di Cameri (Novara).Il tweet di Trump ha comunque spiazzato tutti dopo il G7 di Biarritz. Un pranzo a sorpresa con il padrone di casa, il presidente francese Emmanuel Macron, un bilaterale con la cancelliera tedesca Angela Merkel, un altro con il primo ministro giapponese Shinzō Abe, un altro con il primo ministro canadese Justin Trudeau e un altro il premier britannico Boris Johnson: fuori dall'agenda di Trump era rimasto un solo leader dei Sette, il presidente del Consiglio dimissionario Giuseppe Conte. Questo nonostante Palazzo Chigi abbia provato fino all'ultimo a organizzare un colloquio tra Trump e Conte. Ufficiale o anche informale come avvenuto l'anno scorso in Canada, l'importante era farli incontrare. Risultato, nessun bilaterale tra Trump e Conte, che al G7 dell'anno scorso erano sembrati molto in sintonia così come durante l'incontro alla Casa Bianca: solo una decina di minuti di dialogo a margine della cena nella giornata di apertura. A dimostrazione di come l'Italia al G7 sia rimasta nell'angolo. Così come è stata tenuta fuori da certi tavoli (quello sul Sahel, per esempio) in cui c'erano al centro temi di interesse nazionale.Oltre agli Stati Uniti ci sono altri attori internazionali che osservano con interesse la crisi politica italiana. C'è l'Unione europea, che appoggia Conte, «uno dei migliori esempi di lealtà in Europa», come ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Al fianco dell'«avvocato del popolo» in chiave anti Salvini anche l'asse Macron-Merkel e il Vaticano. E c'è la Cina, che vede in un eventuale governo giallorosso l'occasione per rafforzare l'asse con l'Italia in chiave Nuova via della seta. Infatti, l'avvicinamento di Roma a Pechino è iniziato nel 2011-2012, quando a Palazzo Chigi c'era Mario Monti. È proseguito con i tre premier democratici, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. E ha fatto registrare l'apice con la firma di Giuseppe Conte e del suo vicepremier Luigi Di Maio, leader politico del Movimento 5 stelle, sul memorandum con la Cina.
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