- In due anni e mezzo alle vittime dei crac bancari versato l'8% del fondo indennizzi: 100.000 gli investitori in attesa
- Il legale di Federconsumatori Matteo Ferrari Zanolini: «Non è fissata una scadenza entro la quale vanno completate le pratiche per i rimborsi»
In due anni e mezzo alle vittime dei crac bancari versato l'8% del fondo indennizzi: 100.000 gli investitori in attesaIl legale di Federconsumatori Matteo Ferrari Zanolini: «Non è fissata una scadenza entro la quale vanno completate le pratiche per i rimborsi»Lo speciale contiene due articoliIl Fir, il fondo per l'indennizzo dei risparmiatori, ammonta a 1,575 miliardi di euro. A fine aprile erano stati disposti pagamenti per 137 milioni (l'8,7%) ed esaminate 46.878 domande. Il totale indennizzabile attraverso le domande esaminate è di 225 milioni. A snocciolare questi numeri è stata la sottosegretaria all'Economia Alessandra Sartore in un'audizione alla commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario. Pallottoliere alla mano, ciò significa che, anche considerando i fondi indennizzabili e non solo i pagamenti già predisposti, il fondo disporrebbe 1,35 miliardi da spendere per risarcire i risparmiatori gabbati. In realtà in totale le domande presentate sono circa 144.000 e, se l'esito delle richieste fosse positivo per tutti, al fondo rimarrebbero circa 887 milioni, spiega la sottosegretaria all'Economia. Il rimborso dei titoli, va ricordato, è pari al 30% per il costo di acquisto dei titoli azionari, compresi i costi fiscali, e al 95% per il costo di acquisto dei titoli obbligazionari subordinati, oneri fiscali inclusi. L'indennizzo ha un limite massimo di 100.000 euro a cui vengono detratti gli importi che sono già stati ricevuti.«Volevo dare una notizia positiva per i risparmiatori. Se continueremo a procedere a questo ritmo, entro ottobre saranno liquidate tutte le istanze di indennizzo», ha specificato Sartore. «A questo punto faremo una verifica di quanto del fondo è rimasto e si procederà con l'integrazione di altre situazioni o un aumento della percentuale dell'indennizzo, o entrambe le cose», ha aggiunto. Sul tema del Fir in molti avevano avanzato la necessità di istituire nuove sottocommissioni o di aumentare il numero di esperti della commissione tecnica per velocizzare l'approvazione dei rimborsi. Durante l'audizione il sottosegretario ha cercato di fugare i dubbi. «Allo stato attuale, non appare necessario un intervento normativo volto a rivedere i meccanismi di operatività della commissione tecnica o a nominare eventuali altre sottocommissioni, in particolare per l'esame del regime non forfettario», ha ribadito Sartore. «Al di là dei tempi necessari per la nomina di nuove sottocommissioni», ha detto, «gli attuali membri della commissione, con l'ausilio della segreteria tecnica, sarebbero gravati, in caso di modifiche normative, come quelle prospettate, da oneri di riorganizzazione del proprio operato. Sicché, tali modifiche rischierebbero di essere controproducenti, finendo per rallentare l'azione della commissione tecnica, la quale sta ora operando a pieno regime».Resta dunque da capire che cosa succederà alle risorse del Fir non ancora indirizzate, di gran lunga la maggior parte. Per «le risorse che probabilmente rimarranno sul totale di 1,575 miliardi, se il Parlamento riterrà di individuare ulteriori situazioni o altre situazioni di emergenza, o di aumentare la percentuale» dei rimborsi «è nella sovranità del Parlamento e potrà essere fatto in dialogo con il governo», ha detto Alessandra Sartore. A ottobre, quindi, sapremo se i risparmiatori avranno diritto a una maggiore fetta di indennizzi o se investitori di altre banche verranno coinvolti. Il deputato di Forza Italia e componente della commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, Pierantonio Zanettin, si sta già muovendo in questo senso: «Ho proposto al rappresentante del governo che si inizi a ipotizzare un aumento della percentuale dell'indennizzo riconosciuta ai risparmiatori truffati dalle banche, come peraltro già previsto dalla legge 145/2018 istitutiva del Fir», ha fatto sapere attraverso una nota. L'idea è persino quella di non coprire solo parte delle perdite dei risparmiatori che hanno investito in istituti bancari, ma anche quanti hanno puntato su società non finanziarie come ad esempio la Deiulemar, compagnia di navigazione fallita, con creditori ammessi allo stato passivo e somme sequestrate in Svizzera. Molti deputati e diverse associazioni di consumatori si stanno anche battendo per includere nel fondo anche i ristori per i risparmiatori della Popolare di Bari, ultima banca colpita da una crisi. Ma, anche su questo, il dibattito non manca. Il motivo alla base delle perplessità è, che nel caso delle banche venete, il valore delle azioni in mano ai risparmiatori è stato azzerato, mentre nel caso dell'istituto barese i titoli hanno subito una graduale diminuzione di valore, non la cancellazione. Senza considerare che gli obbligazionisti della Popolare di Bari hanno già ricevuto rimborsi. Sul Fir, insomma, la politica ha avuto un impatto del tutto negativo rallentandone le tempistiche. L'unica certezza è che il fondo dispone di molta più liquidità rispetto alle richieste che sono state avanzate. Potrebbe quindi forse essere il caso di aumentare ben oltre il 30% il livello degli indennizzi, soprattutto dopo una pandemia che ha distrutto i redditi di molte famiglie italiane che in questo modo potrebbero tornare ad avere un po' di ossigeno.
L'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
L’ammiraglio Cavo Dragone, capo militare: «Dovremmo essere più aggressivi con Mosca, cyberattacchi per scongiurare imboscate». Ma l’Organizzazione ha scopi difensivi: questa sarebbe una forzatura. Con il rischio che dal conflitto ibrido si passi a quello coi missili.
«Attacco preventivo». L’avevamo già sentito ai tempi dell’Iraq e non andò benissimo. Eppure, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare Nato, ha riproposto uno dei capisaldi della dottrina Bush in un’intervista al Financial Times. Si riferiva alla possibilità di adottare una strategia «più aggressiva» con la Russia. Beninteso, l’ipotesi verteva su un’offensiva cyber: «Stiamo studiando tutto sul fronte informatico», ha spiegato il militare.
Rocca Salimbeni, sede del Monte dei Paschi di Siena (Ansa)
I magistrati sostengono che chi ha conquistato l’istituto si è messo d’accordo su cosa fare. Ma questo era sotto gli occhi di tutti, senza bisogno di intercettazioni. E se anche il governo avesse fatto il tifo, nulla cambierebbe: neanche un euro pubblico è stato speso.
Ma davvero qualcuno immaginava che il gruppo Caltagirone, quello fondato da Leonardo Del Vecchio e alla cui guida oggi c’è Francesco Milleri, uniti al Monte dei Paschi di Siena di cui è amministratore Luigi Lovaglio, non si fossero mossi di concerto per conquistare Mediobanca? Sì, certo, spiare dal buco della serratura, ovvero leggere i messaggi che i vertici di società quotate si sono scambiati nei mesi scorsi, è molto divertente. Anche perché come in qualsiasi conversazione privata ci sono giudizi tranchant, alcuni dei quali sono molto gustosi.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.






