
Il confine tra una puntuale informazione e la mistificazione sui danni provocati dal coronavirus è ormai sempre più sottile. Sospendiamo i bollettini quotidiani che rischiano di moltiplicare la confusione (e la paura).Ore 15.59 di ieri, agenzia Ansa: «Focolaio club Porto Cervo e Poltu Quatu, 20enne romana ricoverata con polmonite in terapia intensiva allo Spallanzani. In isolamento anche tre ragazzi che erano al Circeo». Ore 17.24, AdnKronos: «Non c'è nessuna ventenne romana in terapia intensiva. Ci sono tre pazienti provenienti dal cluster di contagi di Porto Rotondo in Sardegna, ma sono in condizioni cliniche buone e non necessitano di alcun tipo di supporto respiratorio».1980. Le Brigate Rosse sequestrano il magistrato Giovanni D'Urso. La carta stampata si spacca: pubblicare o meno i loro vaneggianti «proclami»? La più parte optò per il no, per non generare ulteriore apprensione e disorientamento nell'opinione pubblica.2020. Quarant'anni dopo, c'è da chiedersi se non sarebbe il caso - davanti a un terrorista bastardo e subdolo, che ha portato lutti e dolore (nonché la distruzione di migliaia di posti di lavoro), quale il Covid 19 si è rivelato - di chiedere allo Stato di smetterla con i bollettini day by day, e ai media tutti di non amplificare, ben al di là del dovere di cronaca, gli aggiornamenti sul fronte della guerra al virus.Non si tratta banalmente di scegliere tra «negazionismo» (irresponsabile) e «catastrofismo» (apocalittico). Si tratta semmai di interrogarsi sul confine sempre più labile tra il diritto-dovere di essere informati e di informare e la mistificazione, o la semplice confusione (non per questo meno grave) che passa anche attraverso una overdose di dati, statistiche, percentuali, tesi, antitesi e sintesi tutt'altro che definitive.Perché qui si rischia che a essere pandemico sia solo il livello di amplificazione delle notizie, un'infodemia «virale», anche quando esse riguardano casi (al momento pressoché unici e specifici), che però assurgono al ruolo di modelli generali. Il caso singolo come prova inoppugnabile di una tendenza irreversibile.Prendiamo il caso di quella povera bambina di 5 anni, ricoverata intubata in terapia intensiva a Padova. Non c'è non dico un genitore, quale io sono, ma un qualunque essere umano che non abbia avvertito una stretta al cuore. Perché se c'è stata una certezza, o presunta tale, fino a ora, era quella che riguardava l'infanzia, fortunatamente esente dal contagio (ma - non dimentichiamocelo, perché così ci è stato ripetuto - possibile veicolo di contagio soprattutto nei confronti degli anziani). Invece, pam!, ecco la fucilata che non t'aspetti: anche i bambini possono ammalarsi di Covid. Poi uno va alla ricerca di una fonte primaria, e trova la dichiarazione del direttore generale dell'azienda ospedaliera Luciano Flor: «Abbiamo una bambina ricoverata in rianimazione positiva al Covid. Il resto è da accertare». Cioè? «Non aveva patologie pregresse. È arrivata al pronto soccorso pediatrico, stava male e le abbiamo fatto il tampone, che viene fatto a tutti, ed è risultata positiva». E quindi? «Il problema è capire se il virus è la causa della grave sindrome emolitico-uremica che l'ha colpita, oppure se la bambina ha questa grave sindrome e il coronavirus» (il corsivo è mio, ma lo sottolineo proprio perché è la congiunzione «e» a fare la differenza). E difatti Flor aggiunge: «Se fosse accertato che è il coronavirus, sarebbe la prima volta. Siamo cauti, perché un nesso non è ancora stato stabilito». Appunto.Intendiamoci bene: Flor non è un negazionista, sarebbe paradossale il contrario. Ma esprime una posizione di corretto equilibrio, attraverso un mantra di sano buon senso: «Dobbiamo rispettare tutti e pretendere rispetto e un comportamento corretto da parte di chicchessia. Certo, in questo momento non dobbiamo urlare “pericolo". Qui in ospedale non ho neanche il 5% dei malati che avevo in fase acuta».Guardate cosa è successo in Calabria, ben prima delle ordinanze di chiusura delle discoteche da parte del governo nazionale. Il 12 agosto il presidente della Regione Jole Santelli ha emanato un provvedimento restrittivo, «anche in considerazione dei focolai e dei casi attivi registrati nell'ultimo periodo in Spagna, Grecia, Croazia e Malta» (?).L'accelerazione è stata impressa dall'autodenuncia (su Instagram) di un trentunenne positivo che ha dichiarato di essere stato in due discoteche in zona Soverato sullo Jonio, immediatamente sigillate. Ma il bello è che i 140 tamponi fatti ai suoi contatti - ovviamente andati in allarme - sono risultati negativi, mentre, scrive il sito catanzaroinforma.it, a risultare positivo è risultato un solo suo contatto che, paradossalmente, in discoteca non è andato! Dato che sono ipocondriaco (condizione aggravata dall'anagrafe: 60 anni, piena «categoria a rischio»), appreso del dramma di Padova mi sono messo su Whatsapp e ho scritto a conoscenti sparsi per la Penisola per sapere come si stessero regolando, insieme ai loro vicini d'ombrellone, nella gestione dei propri figli. Avevano messo loro le mascherine? Li tenevano separati dagli altri bambini? O dai nonni, se c'erano, o da altri anziani? Veniva osservato in generale il distanziamento? Ve la faccio breve, sulle risposte: se i catastrofisti hanno ragione, facendo i debiti scongiuri, nel medio periodo saremo tutti morti.Perché pur rispettando le prescrizioni, un margine di responsabile elasticità se la sono (ce la siamo) riservata tutti. In spiaggia di giorno, come nel centro delle località turistiche di notte.Prevenire è meglio che curare, sia chiaro. Quindi ben vengano tutte le doverose precauzioni. Ma attenzione al contempo a non far insorgere la sindrome dell'«attenti al lupo!», perché altrimenti al primo manifestarsi delle classiche malattie stagionali, tra un paio di mesi, gli ospedali saranno presi d'assalto da chi sospetterà di essere finito risucchiato nella stra-annunciata «seconda ondata».Dipende dai nostri comportamenti, certo, ma anche dall'uso propagandistico -in un senso o in un altro- che viene fatto di «notizie» che tali non sono. Anche perché, se il Covid sparirà o verrà debellato da un vaccino, cosa faremo del resto delle patologie? Non dimentichiamocelo: negli ultimi sei mesi in Italia si è morti con, per, di Covid, e si è certificata la sua assenza come sintomo di salute, con 400.000 interventi chirurgici (già programmati) rinviati.Smetteremo quindi di fare bollettini quotidiani, oppure passeremo a dare - coerentemente, tutti i giorni - i numeri anche sulle morti non da Coronavirus, oltre 1.700 al dì secondo la rilevazione 2019 dell'Istat? «Buonasera, oggi sono decedute 500 persone per infarto, 400 per ictus, 300 per tumori...».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.