
La Commissione Ue: «L'Italia non rispetta la parola data. Sbagliato il paragone con la Francia». Ma il Mef incassa il credito americano. Altre tensioni interne: il Tesoro contro Luigi Di Maio, Alitalia non riguarda il Mise. Al di là della confusione che caratterizza i messaggi economici italiani (tra un'opposizione al governo un po' approssimativa e molto livorosa, e una scarsa predisposizione dei due vicepremier ai numeri), qualcosa si sta muovendo tra gli equilibri geopolitici che sorreggono le fila degli Stati. Ne sono esempi l'apertura di Jp Morgan al nostro debito, che non sembra venire meno nonostante l'allarme di recessione mondiale del capo della banca, Jamie Dimon, le nuove alleanze in Libia e il messaggio distensivo dell'Esm sulla stabilità del debito tricolore. Lo dimostra anche l'incontro bilaterale avvenuto tra il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e il segretario al tesoro Usa, Steven Mnuchin. Il capo del Mef ha tenuto a spiegare che l'incontro ha puntellato un concetto: far scendere il rapporto tra debito e Pil facendo salire il secondo fattore. L'esatto opposto di quanto sostengono il Fondo monetario e l'Europa. Con quel «abbiamo parlato di tutto», Tria ha voluto spiegare come gli Usa possano vedere nell'Italia il partner Ue più affine alle politiche trumpiane. Non sappiamo che cosa si siano detti i due ministri, certo gli Usa stanno aprendo linee di credito a favore dei gialloblù. In pratica, il messaggio subliminale serve al governo per rispondere alle consuete esternazioni del numero uno della Commissione, Jean Claude Juncker.«L'Italia ha goduto di un ampio margine di flessibilità promettendo di ridurre il suo deficit, ma non ha rispettato la parola data», ha esternato Juncker in una intervista al quotidiano francese Le Monde, bacchettando di nuovo il nostro Paese per non aver rispettate le regole concordate. «I deficit di Francia e Italia non sono paragonabili», ha detto ripetendo il copione, «c'è più di qualche leggera sfumatura tra il caso italiano e quello che viene chiamato il precedente francese», ovvero il deficit di Parigi che è stato superiore al 3% per nove anni. «Il livello di indebitamento dell'Italia è molto più elevato di quello della Francia», ha aggiunto il presidente della Commissione, «la Francia non ha fatto nulla che avrebbe accresciuto il suo deficit. Ha sempre rispettato la sua parola, anche se non è stato semplice. L'Italia, invece non la rispetta», ha ribadito lasciando capire che non c'è alcuna intenzione di valutare la manovra nei contenuti ma solo in base al perimetro esterno. La Commissione esaminerà il progetto italiano per il 2019 tra il 15 ottobre e la fine di novembre, prosegue Juncker. «Il nostro mandato non è di rovesciare un governo o di creare problemi con comportamenti inappropriati o delle dichiarazioni eccessive», mette le mani avanti. Sebbene in realtà prenda per buoni solo gli impegni del precedente governo, quello di Paolo Gentiloni , cioè un deficit dello 0,8% del Pil nel 2019.Una sorta di disco rotto a cui rispondono i politici italiani. Anche se vale la pena far notare che la posizione di Tria ieri è sembrata la più efficace. Un punto fermo. Anche se da qui alla definizione del decreto fiscale in vista del cdm di lunedì ce ne vuole ancora parecchio. A due giorni dal Consiglio dei ministri che deve approvare il testo, le bozze in circolazione mostrano come per fare cassa e finanziare le misure della prossima legge di bilancio non si possa fare affidamento sulla nuova rottamazione delle cartelle: non resta dunque che puntare sulla cosiddetta pace fiscale che però è ancora da mettere nero su bianco. Si tratta di uno di quei capitoli che vede 5 stelle e Lega distanti e su cui è tuttora in corso una trattativa. Altro capitolo delicato, quello delle banche: secondo alcune fonti di governo si starebbe lavorando sull'ampliamento del Fondo centrale di garanzia delle banche che avrebbero difficoltà a reggere l'urto dei mercati, e che però ufficialmente viene smentito. Se il dl fiscale sarà sul tavolo dei ministri lunedì, per la manovra occorrerà - ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti - attendere qualche giorno ancora. Intanto, però, si sommano gli annunci delle misure che dovrebbero essere messe in campo: il vicepremier Luigi Di Maio assicura infatti di voler «abbassare le tariffe Rc auto» ma anche di voler dare fiato ai Comuni in rosso scorporando i debiti dai loro bilanci. Troppa carne al fuoco, tanto più che incombe sull'esecutivo il grande tema di Alitalia. In un'intervista in apertura di prima pagina al Sole 24 Ore, il vicepremier e ministro dello Sviluppo, in merito al rilancio di Alitalia, ha parlato di una «newco dalla dotazione iniziale tra 1,5 e 2 miliardi, partecipata intorno al 15% dal ministero dell'Economia, grazie alla conversione in equity di parte del prestito-ponte da 900 milioni concesso dal precedente governo» e per il resto «da Ferrovie e da un importante partner tecnico internazionale». Da Bali Tria ha risposto secco: «Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell'Economia. Io non ne ho parlato». In effetti non si può non notare che l'azionista è il Tesoro e non il capo del Mise. E non è solo una questione di dettagli. L'altro giorno Giuseppe Guzzetti, numero uno dell'Acri e azionista di minoranza di Cdp, ha ribadito il proprio no ad Alitalia. Il Mef è più vicino a Guzzetti che a Di Maio, vedremo dove cadrà il punto di equilibrio.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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